Gestore dei Servizi Energetici, società del Ministero dell'Economia per la promozione dello sviluppo sostenibile, e Intesa Sanpaolo per favorire l’integrazione ESG in ambito finanziario e nel tessuto imprenditoriale.
Il Protocollo sottoscritto prevede l’avvio di attività congiunte tra il GSE e diverse strutture della Banca con l’obiettivo di facilitare la valorizzazione dei fattori ambientali nel settore finanziario e di sostenere iniziative di formazione e supporto alle imprese sui temi della transizione energetica e di modelli innovativi di crescita sostenibili. Tra le varie attività, verranno realizzati nuovi modelli per l’analisi e la valutazione dei rischi climatici e ambientali connessi alla transizione ecologica e le modalità più efficaci di integrazione nel modello di rischio aziendale della Banca.
Andrea Ripa di Meana, Amministratore Unico del GSE, commenta “L’accordo con Intesa Sanpaolo rappresenta una conferma del rilievo che le attività di analisi dei rischi della transizione ecologica rivestono per le imprese finanziarie e industriali nazionali che dovranno affrontare nel modo migliore la sfida della decarbonizzazione posta dai mercati e dalla regolazione comunitaria. Quale società dedicata alla promozione dello sviluppo sostenibile, il GSE è lieto di affiancare la prima banca italiana per consolidarne il percorso verso la transizione ecologica.”
Paolo Bonassi, Responsabile della Direzione Strategic Support Intesa Sanpaolo, commenta: “L’accordo con GSE rientra nel più ampio impegno di Intesa Sanpaolo per sostenere la transizione ESG delle imprese inserito nel Piano d’Impresa 2022-2025 e riconosciuto dal posizionamento del Gruppo ai vertici mondiali per impatto ambientale e sociale. Come grande Banca, Intesa Sanpaolo contribuisce allo sviluppo di un'economia a ridotte emissioni collaborando con partner di alto profilo come GSE per accelerare la crescita sostenibile delle imprese italiane con opportunità e competenze diffuse”.
La collaborazione con GSE è profonda e articolata e si dipana su diversi ambiti della banca sotto il coordinamento della Direzione Strategic Support: lo sviluppo di analisi di scenario per la valutazione del rischio di transizione in base a caratteristiche settoriali, dimensionali e territoriali, evidenziando i fattori di mitigazione, in linea con le indicazioni della BCE con la Direzione Studi e Ricerche e la Direzione Crediti; lo studio dell’integrazione dei rischi climatici e ambientali nel modello di rischio aziendale, in particolare nel processo di erogazione del credito con l’Area Chief Risk Officer; l’avvio di iniziative di formazione alle imprese italiane sui temi della transizione energetica e della riduzione del carbon footprint e per favorire progetti di sviluppo e investimento sostenibile, anche in logica di valorizzazione delle filiere produttive con le divisioni Banca dei Territori e IMI Corporate & Investment Banking.
Intesa Sanpaolo è riconosciuta a livello internazionale come una delle banche più sostenibili al mondo: con il Piano d’Impresa 2022-2025 si è impegnata a destinare 115 miliardi di euro alla comunità e alla transizione verde e circa 500 milioni di euro per supportare le persone in difficoltà, ma anche a raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nette, entro il 2030 per le proprie ed entro il 2050 per i portafogli prestiti e investimenti e per l'asset management e l'attività assicurativa.
La transizione ecologica in Italia Mai come oggi, la crescita è connessa a un impegno verso la sostenibilità in tutte le sue forme. Da un’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo emerge che nel corso dell’ultimo decennio, l’Italia ha compiuto importanti passi in avanti dal punto di vista degli investimenti green. Se si guarda al percorso di abbattimento delle emissioni climalteranti, nel periodo 2008-19 l’intensità di emissione dell’industria italiana si è ridotta del 39%, a fronte di un -32% nell’UE27, collocandosi, a fine periodo, su 0.287 chilogrammi di GHG (Green House Gas) per euro di valore aggiunto pur mantenendo un’intensità emissiva seconda solo a quella della Germania, tra i principali concorrenti UE. A questo percorso sta contribuendo la diffusione delle fonti rinnovabili di energia (FER), che a livello industriale presentano un elevato potenziale. In particolare, le fonti FER offrono buone prospettive di impiego in tutti quei settori più tradizionali del Made in Italy dove i processi produttivi utilizzano calore a temperature medio-basse (andando a sostituire i combustibili fossili con biomasse, solare termico o pompe di calore), mentre dovranno essere abbinate ad altre tecnologie, come i gas rinnovabili (idrogeno) nei settori cosiddetti “hard-to-abate”, altamente energivori e ad alta intensità di emissioni climalteranti (Prodotti e materiali da costruzione, Metallurgia e Intermedi chimici). Le criticità affrontate nell’ultimo anno sul fronte energetico impongono però di accelerare: l’Italia ha raggiunto già nel 2014 il target 2020 sui consumi lordi di energia da fonti rinnovabili (fissato al 17%) ma gli obiettivi fissati per il 2030 sono sfidanti e puntano al raddoppio della capacità attuale (inferiore ai 60 gigawatt). Nei primi 9 mesi del 2022 la potenza dei nuovi impianti installati è aumentata del 150% rispetto alle nuove installazioni dello stesso periodo dell’anno precedente (Nota trimestrale FTV, GSE terzo trimestre 2022) ma la strada è ancora in salita. Inoltre, la siccità che continua a mettere sotto pressione il comparto idroelettrico impone di intensificare l’utilizzo delle altre tecnologie, a partire dal fotovoltaico, dove il settore industriale gioca un ruolo chiave con il 48% della potenza fotovoltaica installata nel nostro paese a fine 2021 (fonte rapporto Statistico Solare Fotovoltaico 2021). La transizione energetica si inserisce in un contesto più ampio di ripensamento dell’intero sistema industriale, agendo su circolarità e scelta di nuovi materiali e prodotti con elevati standard ambientali, sempre più prioritari per consentire alle imprese di essere partner di riferimento sui mercati internazionali. |