In uno scenario internazionale frenato dalla pandemia, la filiera italiana mostra evidenti segnali di rallentamento che nel 2020 si sono tradotti in un calo del fatturato del -11,9% in Italia e del -13,8% in Piemonte.
Presentata l’edizione 2021 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e dal Center for Automotive and Mobility Innovation (CAMI) del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
“A seguito della crisi pandemica e del generale rallentamento dell’economia, nel 2020 fatturato e addetti della componentistica nazionale sono in calo. Il Piemonte, che vale il 33,5% delle aziende nazionali e produce il 35,8% del fatturato italiano, ha sofferto di più, perdendo posizioni nella scacchiera nazionale, ma continua a dimostrare una maggiore propensione verso l’estero rispetto al resto d’Italia – riassume il Presidente della Camera di commercio di Torino Dario Gallina. – La filiera attende una ripresa nel 2021, ma è fondamentale che la visione di politica industriale nazionale sia messa al centro dell’azione politica; gli imprenditori da soli non ce la possono fare a trasformare la crisi in opportunità, perché dietro l’angolo ci sono sfide ben più radicali e complesse: elettrificazione, automazione, transizione tecnologica richiedono, infatti, investimenti sia privati che pubblici in ricerca e sviluppo e risorse umane con adeguate competenze. Siamo di fronte ad una svolta epocale che coinvolge uno dei settori più importanti della manifattura italiana e che, se non presidiata e governata, porterà, in particolare a Torino e in Piemonte, un difficilissimo problema di contrazione con effetti economici e sociali preoccupanti”.
Per Marco Stella, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica): “Dopo un 2020 segnato dalla crisi Covid – responsabile di un calo dell’export della componentistica italiana del 15,3%, per un valore di 18,7 miliardi di Euro, il 4,3% del totale esportato dall’Italia, in presenza di una bilancia commerciale rimasta positiva per 5,5 miliardi di Euro – il 2021 ha portato con sé i primi graduali segni di ripresa, ma anche ulteriori incertezze, con l’acuirsi della crisi delle materie prime e della logistica, avvertita già a fine 2020, e il rischio di un’ulteriore stretta sugli obiettivi di decarbonizzazione della mobilità ventilato dalla Commissione UE con la proposta del pacchetto normativo ‘Fit for 55’. Lo shortage dei semiconduttori, che ha causato ritardi nella catena di fornitura e nelle consegne delle nuove auto, perdite produttive nonché aggravi dei costi, è destinato a normalizzarsi solo nel 2023, mettendo sotto i riflettori una dipendenza dai Paesi asiatici da cui la filiera europea dovrà cercare di affrancarsi. Di fronte a queste sfide, è indispensabile che le istituzioni europee e italiane studino un percorso di accompagnamento della filiera automotive alla riconversione produttiva – con particolare riguardo verso la componentistica e le sue PMI”.
Secondo Francesco Zirpoli, Direttore scientifico del CAMI del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari: “I processi di aggregazione industriale (Stellantis) e il risveglio della politica industriale in Italia, anche grazie agli strumenti forniti dal PNRR, pongono sfide impegnative per la filiera automotive italiana ma anche opportunità inattese. Il futuro della filiera italiana si giocherà sulla capacità di creare programmi di sviluppo e attrazione di investimenti diretti dall’estero, di favorire la crescita di fornitori che attraverso l’internazionalizzazione possano fungere da national champion capaci di trainare i “pezzi” meno avanzati della filiera verso l’upgrade tecnologico, manageriale e di mercato e infine di costruire reti per l’innovazione che sappiano coniugare ricerca di eccellenza e sviluppo industriale sulle nuove tecnologie”.
Nel 2020 la domanda mondiale di autoveicoli è crollata a 78 milioni di unità, 12,5 milioni in meno rispetto al 2019 (-13,8%). La pandemia, le conseguenti misure di contenimento, l’incertezza dovuta alla crisi economica hanno causato flessioni di mercato significative su tutti i principali mercati: Brasile (-26,2%), India (-23%) e Stati Uniti (-15,2%). Invece in Cina, il paese per primo colpito dal Covid-19, il calo si è fermato al -1,8% nella prima metà del 2020.
La domanda di autoveicoli in UE-EFTA-UK, in crescita dal 2014, chiude il 2020 a 14 milioni di unità (-23,6% sul 2019), mentre in Italia il calo è leggermente più alto (-26,6%). Il recupero atteso per il 2021 non sì è verificato, anzi è stato ulteriormente rallentato da nuove sfide che si sono abbattute sul comparto: dall’aumento dei costi di materie prime, quali acciaio e polipropilene, alla mancanza di semiconduttori. La conferma arriva dai rispondenti all’indagine che, nel 66,4% dei casi si sono dimostrati sensibili o molto sensibili al fenomeno dell’aumento dei prezzi delle materie prime, mentre il 44% ha affermato di essere molto influenzato dalla scarsità di componenti e materie prime. Dall'indagine è anche emerso che già nella scorsa primavera, quasi 7 imprese su 10 evidenziavano problemi di approvvigionamento, anche se allora per circa l'80% di queste, si trattava di problemi solo estemporanei.
Nei primi 9 mesi del 2021 la domanda di autovetture registra crescite insufficienti per tornare ai livelli pre-pandemia: +6,6% in UE, +19,7% in EFTA e +5,9% in UK; negli USA le vendite di autoveicoli leggeri crescono del 13,2%, mentre in Cina e in Giappone rispettivamente dell’11%% e del 2%. Nel 2021 la domanda mondiale potrebbe attestarsi attorno agli 85 milioni di autoveicoli (+8%), ma la ripresa è fortemente ostacolata dal Great Vaccination Divide, che vede troppi paesi in via di sviluppo ancora molto indietro sul piano vaccinale e dallo shortage di microchip che potrebbe protrarsi ancora nel 2022. In Italia le vendite di autovetture sono previste in crescita dell’8,5% a 1,5 milioni di unità.
Con 77,6 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale nel 2020 segna un’ulteriore contrazione (-15,8%), dopo i cali del 2019 e del 2018. La fabbricazione di autoveicoli è diminuita in tutto il mondo, ma ancora una volta la Cina è il paese con il calo più contenuto (-2%). La produzione in UE-UK ha totalizzato 13,8 milioni di autoveicoli (-23,5% e una quota del 18% sul totale mondiale). Rispetto al 2019, nel mondo sono stati prodotti oltre 14,5 milioni di veicoli in meno. Secondo le stime ANFIA, in Italia la produzione di autoveicoli è diminuita del 15,1% nel 2020, mentre nel periodo gennaio-settembre 2021 registra una crescita del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; se paragonata ai primi nove mesi del 2019, è invece in calo del 15%. La produzione industriale del settore automotive italiano nel suo complesso (inclusa la produzione di carrozzerie e componenti), registra un calo tendenziale del 21% nel 2020 rispetto al 2019 e chiude il consuntivo di gennaio-settembre a +43,9% su base annua (-8,6% rispetto allo stesso periodo del 2019). Per il 2021 si stima che i volumi della produzione italiana possano attestarsi intorno ad 845mila unità (+8,8% rispetto al 2020). A livello mondiale si prevede che la produzione di autoveicoli si chiuda a fine 2021 a +1%.
L’edizione 2021 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana descrive un universo composto da 2.203 imprese con sede legale in Italia. Il perimetro di riferimento nel tempo è stato oggetto di un costante perfezionamento, nella consapevolezza che la filiera autoveicolare è per sua natura sempre più dinamica e deve rispondere ai cambiamenti che la mobilità sta vivendo, in primo luogo con i processi di elettrificazione e automazione del veicolo. Non a caso fra i diversi segmenti della filiera le aziende che producono parti e componenti per la fornitura di veicoli elettrici stanno iniziando a delinearsi come categoria separata dagli specialisti, mentre altri segmenti, come gli specialisti dell’infomobilità e del motorsport, hanno già trovato negli anni una loro identità.
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