EY analizza le sfide di cambiamento, i trend sociali demografici ed economici e le competenze che se servono all'Italia per diventare il Paese del futuro nell'Evento EY Digital Summit “Racconti del futuro”.
Quali grandi sfide di cambiamento si trova ad affrontare il nostro Paese? Quali sono i trend sociali, demografici ed economici in atto e quali le competenze necessarie per affrontare la transizione al Paese del futuro? Sono questi gli interrogativi ai quali opinion leader, manager e politici cercheranno di dare una risposta in occasione della seconda giornata dell’EY Digital Summit “Racconti del futuro”, presso La Lanterna a Roma.
In apertura della seconda giornata dell’EY Digital Summit, Massimo Antonelli, CEO di EY in Italia, commenta: “Le aspettative legate al PNRR ci consentono di delineare una previsione positiva della crescita del PIL dell’anno in corso (+5,8%) che alimentano un capitale di fiducia e disegnano all’orizzonte una transizione verso il Paese del futuro. Inoltre, gli impatti derivanti dall’attuazione delle misure contenute nel Piano sono stati valutati in termini di PIL fino al +3,6% nel 2026. Tuttavia, è arrivato il momento di concretizzare questa opportunità a partire, da un lato, dall’attuazione delle riforme e dei processi semplificativi e, dall’altro, dalla creazione di nuove competenze per le generazioni future”.
Paese del futuro: analisi EY sulla congiuntura economica
Si inaugura la seconda giornata del Summit con un focus particolare sul Paese, che attualmente sta vivendo un momento di grande fiducia sul futuro grazie alle risorse del PNRR, ma che innegabilmente dovrà affrontare e superare sfide importanti per cogliere l’opportunità di trasformazione che abbiamo davanti.
Questo ottimismo è confermato dalle stime di crescita del PIL che, secondo un’analisi esclusiva di EY, nell’anno in corso saranno pari al +5,8%, in rialzo rispetto a quelle precedenti. Il traino maggiore di questa crescita è il dinamismo della domanda interna: in primis i consumi delle famiglie, che sono previsti crescere del 4,7% rispetto al 2020 e gli investimenti privati di circa il +16%. Ci si attende inoltre una crescita sostenuta (anche superiore al 20%) delle componenti di consumo relative al vestiario, trasporti, e spese per alberghi e ristoranti, principalmente come rimbalzo a seguito delle restrizioni in vigore lo scorso anno. Una crescita più moderata è attesa nel settore alimentare (sotto il 5%), nelle spese per acquisto di arredamento e nelle spese sanitarie, settori che comunque, nel 2020, avevano risentito in maniera meno dirompente gli impatti della crisi sanitaria.
Per quanto riguarda l’offerta, invece, nonostante la forte crisi causata dalla pandemia, nei mesi estivi l’industria ha iniziato a rimettersi in salute (+0.8% a luglio scorso) e ci si attende una crescita robusta a fine 2021. In particolare, l’industria manifatturiera italiana secondo le stime di EY si posizionerà tra il +10% e il +15%, recuperando i valori precrisi intorno alla metà del 2022, e con performance di crescita che superano anche le rivali industrie tedesche, francesi e spagnole.
Persone del futuro: la formazione chiave per una ripresa duratura
Per capire come mettere le basi perché la ripresa sia duratura nei prossimi anni occorre interrogarsi su alcuni elementi fondamentali: le persone del futuro sono sicuramente uno di questi e, in particolare, le competenze chiave per affrontare i rapidi cambiamenti economici e sociali di oggi e soprattutto di domani. Una necessità resa evidente dall’analisi predittiva realizzata da EY e ManpowerGroup, basata su tecniche di intelligenza artificiale volte a formulare previsioni di lungo termine sull’evoluzione della domanda di lavoro in Italia.
Andrea D’Acunto, People Advisory Services Leader di EY in Italia, commenta: “Le persone e le loro competenze, prima ancora del capitale e della tecnologia, sono la leva che consente alle aziende di crescere, innovare e rispondere efficacemente alle mutevoli sfide che si trovano ad affrontare. È, dunque, il futuro delle competenze il terreno su cui si gioca un pezzo importante della sfida per la crescita del Paese e delle imprese. I primi esiti dello studio predittivo EY-ManpowerGroup, giunto alla sua seconda edizione, indicano che l’incertezza sul mercato del lavoro sta aumentando esponenzialmente. Sono più dell’85% le professioni attualmente censite la cui domanda cambierà in modo significativo: in aumento (37%), ma soprattutto in diminuzione (ben 48%). L’indicatore di rischio che abbiamo sviluppato sulla base del modello suggerisce che oltre il 50% della forza lavoro è occupata in professioni la cui domanda calerà in modo significativo: per questi lavoratori è urgente mettere in campo sin da subito imponenti investimenti in riqualificazione e riconversione professionale”.
A quanto emerge dall’analisi di EY e ManpowerGroup, infatti, la domanda di oltre l’85% delle professioni attualmente censite cambierà, ossia aumenterà o diminuirà anche in modo molto significativo nel prossimo decennio. La domanda di lavoro si polarizzerà sempre di più verso i profili professionali a qualifica medio-alta e alta e per il 94% delle professioni attualmente censite occorre prevedere investimenti in riqualificazione e riconversione. Nei prossimi 5 anni si prevede un gap strutturale tra domanda di lavoro e offerta di laureati in uscita dalle università italiane di 35 – 46 mila unità all’anno, legato al fatto che il numero dei laureati in Italia è in calo anche per i primi effetti della curva demografica.
L’evoluzione demografica e le ripercussioni economiche
Proprio sul tema degli effetti a venire della curva demografica nel Paese, EY ha analizzato i trend demografici in corso in Italia, uno dei paesi, con 13,9 milioni di over 65, circa il 23% della popolazione totale, con la percentuale più elevata di senior rispetto agli Stati Europei[1]. Questo processo di invecchiamento rischia di avere un impatto economico importante se non sarà adeguatamente gestito. Secondo EY nei prossimi 10 anni circa 3,5 milioni di persone cesseranno di lavorare per il raggiungimento dell’età pensionabile, ponendo seri dubbi sulla stabilità del sistema nel medio-lungo termine, dal punto di vista economico, previdenziale e sociale. Potremo compensare queste uscite se saremo, come sistema Paese, in grado di valorizzare il lavoro femminile e i giovani. Infatti, l’Italia mostra un confronto deficitario dei tassi di attività femminile (58,6% in Italia, contro il 72,1% in EU-27) e stimiamo che, per raggiungere l’attuale media europea, si dovrebbero includere nella forza lavoro circa 2,3 milioni di donne in più. Allo stesso tempo i giovani NEET (persone che non lavorano né studiano in percentuale della popolazione 20-34) sono il 29,4% in Italia, contro il 17,6% della media europea, 18,3% in Francia e 11,1% in Germania. In questo caso, stimiamo che, per raggiungere l’attuale media europea, si dovrebbero attivare in percorsi di studio, o includere nel mondo del lavoro, circa 1,2 milioni di giovani in più.
La senior economy anche come leva di sviluppo
Il progressivo invecchiamento della popolazione può comunque creare anche delle opportunità.
Sulla base delle nostre analisi, i consumi dei Senior (popolazione con età superiore a 65 anni) sono stimabili in circa € 200 mld annui, di cui un 7-10% a sostegno dei nuclei famigliari di figli e nipoti, ma con potenzialità non del tutto esplorate in mancanza di una adeguata offerta di prodotti e servizi pensati appositamente per questa categoria di utenti. Riteniamo che questo possa rappresentare una interessante opportunità anche di sviluppo economico per quelle aziende che saranno in grado di intercettare questi nuovi bisogni e questi nuovi trend di consumo.
Marco Daviddi, Strategy & Transactions Markets Leader Europe West, commenta: “L’attuale scenario demografico richiede attenzione e pianificazione. Nei prossimi 10 anni EY stima che circa 3,5 milioni di persone cesseranno di lavorare per raggiungimento dell’età pensionabile. Dobbiamo quindi focalizzare l’attenzione sulle problematiche strutturali del mercato del lavoro italiano, in particolare la bassa occupazione di donne e giovani. Allinearci ai benchmark europei significa inserire nel mondo del lavoro circa 2,3 milioni di donne e circa 1,2 Milioni di giovani. Nel breve periodo occorre quindi concentrarsi sulla formazione e su politiche attive per poter fornire ai giovani e alle donne soprattutto tutti gli strumenti per inserirsi nella società del futuro. Nel lungo periodo occorre contrastare il processo di invecchiamento demografico in atto, da un lato, attraverso politiche sociali evolute, funzionali alla ripresa della natalità, dall’altro determinando le condizioni per un nuovo concetto di longevità, fatto di anziani impegnati, autosufficienti e in salute, creando un potenziale nuovo mercato”.
In conclusione, i fondi del PNRR possono rappresentare una straordinaria opportunità per aumentare la produttività dei sistemi di generazione delle competenze, combattendo la dispersione scolastica e aumentando il livello medio delle competenze di base a scuola; investendo sul canale della formazione terziaria professionalizzante e sulle lauree professionalizzanti; coadiuvando il ricambio generazionale sostenendo l’occupazione femminile e giovanile; investendo in modo massiccio e mirato sulla riqualificazione e l’upskilling degli occupati, a partire dai profili la cui domanda si prevede in decrescita (tra i quali i lavoratori manuali poco qualificati, dai muratori ai camerieri) e incentivando le professioni ad alto livello di opportunità (come tecnici gestori di basi dati, ma anche linguisti e revisori di testi). Allo stesso tempo il PNRR è l’occasione per incentivare il processo di alfabetizzazione digitale delle persone anziane, al fine di favorire l’accesso ai servizi per questa popolazione e rendere possibile l’avvio di programmi di assistenza evoluta, anche a distanza.
Comunicato stampa prima giornata