Il settore immobiliare si trova a fronteggiare una situazione inedita e dalle conseguenze potenzialmente drammatiche. A differenza del passato, in questo caso il virus ha intaccato in maniera plateale l’economia reale
Il settore immobiliare italiano si trova a fronteggiare una situazione inedita e dalle conseguenze potenzialmente drammatiche.
A differenza del passato, quando la genesi del tracollo fu di origine finanziaria, in questo caso il ceppo virale ha fin da subito intaccato in maniera plateale e fragorosa l’economia reale. Le misure adottate per il contenimento del COVID-19 hanno inevitabilmente avuto riflessi su produzione, consumi e stili di vita, dando alle preoccupazioni una quantificazione visivamente percepibile con immediatezza.
Se gli effetti saranno più contenuti rispetto a quelli scaturiti dagli eccessi speculativi del passato sarà il tempo a dirlo, quello che appare evidente è la possibilità, oggi più che allora, di adottare misure volte ad ostacolare la diffusione del contagio e definire idonee misure per un pronto rilancio. Se la deflagrazione del 2008 colse molti impreparati, l’incedere del virus, per quanto rapido, ha comunque lasciato uno spazio di intervento, che se utilizzato in maniera consapevole e uniforme, a livello globale avrebbe sicuramente consentito di limitarne la diffusione.
Fallita ancora una volta la prova della coesione in fase di contrasto, non resta che sperare che un sussulto di avvedutezza e lungimiranza consenta la definizione di misure davvero non convenzionali per favorire la ripresa. Si tratta di un’esigenza inderogabile soprattutto per quei Paesi, come il nostro, in cui la recessione era già un dato di fatto, anche se maldestramente tenuto sottotraccia, e il contagio si è diffuso in maniera apparentemente più massiccia e virulenta.
L’evocazione di uno scenario fortemente critico risulta l’inevitabile conseguenza di un “fermo di produzione e socialità”, i cui effetti andranno ben oltre il differimento di scelte destinate comunque ad essere compiute. Il nemico più pericoloso per l’economia è quello che ancora non si è manifestato, ossia l’impoverimento che scaturirà come effetto indotto dall’inazione coatta. Una sorta di debolezza diffusa, meno eclatante nelle sue manifestazioni immediate, ma molto più pericolosa in termini cumulati. Ecco allora che le misure da adottare non devono unicamente puntare al parziale ristoro degli ingenti danni subiti, ma privilegiare gli impieghi con maggiore capacità di attivazione economica.
Un piano organico che abbia un respiro strategico e non emergenziale, in grado di creare un beneficio diffuso e pervasivo di portata di gran lunga superiore rispetto a quanto scaturirebbe adottando una logica prevalentemente rimborsuale. In tale impostazione un ruolo decisivo è chiamata a giocarlo la finanza, vale a dire quella componente da cui in passato erano scaturiti contraccolpi rovinosi per l’economia reale e che adesso dovrà necessariamente svolgere una funzione di puntello e di supporto. Il riferimento non è alle doverose misure di sospensione temporanea delle rate di debiti già contratti o a meritorie donazioni, quanto ad un sistematico sostegno di una domanda di credito, che avrà inevitabilmente connotati di maggiore fragilità economica.
Il mantenimento di un’impostazione rigorista e autotutelante impedirebbe il manifestarsi di una quota tutt’altro trascurabile dell’interesse potenziale. Senza immaginare il ritorno ad eccessi prociclici che avevano alimentato l’ascesa speculativa ante 2008, si tratta di mitigare temporaneamente policy selettive, che da quegli eccessi sono scaturite, allo scopo di favorire una risalita che si preannuncia altrimenti proibitiva. Il quadro fin qui delineato evidenzia l’esposizione delle prospettive di taluni settori, tra cui può essere annoverato quello immobiliare, all’evoluzione del contesto di riferimento e all’efficacia delle misure messe in campo per favorire la ripresa.
È una correlazione, peraltro non nuova, andata consolidandosi nel tempo, come si evince dalla significatività delle variabili macroeconomiche e finanziarie nell’orientamento delle principali grandezze del comparto (compravendite, prezzi, investimenti). Sulla base di una modellistica di ormai comprovata affidabilità, è stato possibile mettere a confronto il quadro che andava delineandosi prima dell’insorgenza virale con quello che invece si prospetta ora, alla luce delle conseguenze economiche che scaturiranno dalle necessarie azioni di contenimento L’aleatorietà ad oggi di talune ipotesi sottostanti ha consigliato la definizione di un doppio scenario recessivo, a seconda della severità delle conseguenze che potrebbero insorgere.
In entrambi i casi, il differenziale negativo rispetto al trend inerziale risulta eclatante, sia in termini di flessione dell’attività transattiva che dell’ammontare degli investimenti corporate. Si va da un arretramento nel prossimo triennio di 278 mila transazioni residenziali (di cui 48 mila nel 2020) e 9,4 miliardi di euro di capitali investiti (di cui 2,6 miliardi nel 2020) nell’ipotesi più favorevole (scenario soft), ad un tracollo addirittura di 587 mila unità (di cui 118 mila nel 2020) e 18,3 miliardi (di cui 5,8 miliardi nel 2020) di euro in quella peggiore (scenario hard). Di entità inferiore dovrebbe risultare l’impatto immediato sui prezzi, la cui rigidità in situazioni analoghe si confermerà un fattore connotante.
In questo caso, l’effetto sarà con ogni probabilità solo diluito nel tempo, ma non per questo meno penalizzante Anche limitando l’analisi al breve periodo, il tributo che si prospetta risulta pesantissimo, nonostante la capacità di resistenza al deterioramento dell’economia dimostrata dal comparto prima della devastante ondata virale.
L’ulteriore incremento delle compravendite residenziali registrato lo scorso anno, seppure a tassi trimestrali progressivamente decrescenti, associato all’avvio di una fase timidamente ascendente dei prezzi che dai principali avamposti metropolitani stava gradualmente espandendosi anche a realtà di rango intermedio, attestavano in maniera inequivocabile l’avvenuto superamento del punto di svolta e l’avvio di una fase espansiva La rappresentazione grafica degli indicatori di performance, che sintetizzano le dinamiche delle principali grandezze di settore, restituisce l’immediata evidenza visiva del posizionamento dei singoli mercati nell’orizzonte ciclico Il quadro, seppure appaia nient’affatto omogeneo e evidentemente condizionato dalla vitalità del contesto economico di riferimento, consente di apprezzare un generalizzato miglioramento rispetto agli scorsi anni. Ad alimentare tale dinamica, come detto, ha contribuito, in non pochi casi, uno slancio rialzista dei prezzi, favorito oltre che dalla domanda primaria (prima casa e sostituzione), anche dalla componente di investimento, il cui ritrovato interesse è riconducibile a ritorni potenziali, sia in termini di locazione che di potenziale rivalutazione, più lusinghieri rispetto al passato.
Il quadro di ulteriore lieve tendenziale miglioramento che sembrava profilarsi, testimoniato dall’incremento delle richieste di mutuo registrato nel primo bimestre di quest’anno (+32,4%), ancorché alimentato in misura rilevante dalla componente di surroga e sostituzione, è stato tuttavia stravolto dall’emergenza provocata dal COVID-19. Nonostante le reazioni del settore agli shock esogeni non siano di tipo borsistico, il rischio che in qualche mese vengano vanificati i progressi faticosamente realizzati negli ultimi anni è, come paventato, decisamente concreto. Per contro, la possibilità che il mattone torni a rappresentare un bene rifugio, attenuando l’impatto sul mercato che scaturirà dall’inasprimento della recessione, appare al momento piuttosto remota.
La preferenza per la liquidità, da una parte, e la recente esposizione del comparto a forti oscillazioni congiunturali, dall’altra, favoriranno, almeno nell’immediato, impieghi di importo unitario più contenuto, caratterizzati da un più elevato grado di liquidità, oltre che in grado di offrire maggiori garanzie di salvaguardia del capitale investito. Se il segmento residenziale subirà contraccolpi decisamente significativi, più critica appare la situazione per quello degli immobili d’impresa.
Il riflesso recessivo in questo caso è diretto e quasi istantaneo, anche alla luce della minore disponibilità degli istituti di credito a fare concessioni in tale ambito. La precarietà fotografata dagli indicatori di performance non potrà che uscire ulteriormente accentuata dalla batosta virale che colpirà l’economia italiana. Teoricamente più controversa potrebbe apparire la prospettiva per gli investimenti immobiliari corporate, il cui dinamismo è risultato eclatante fino a poche settimane fa, come si evince dai livelli di attività dello scorso anno e dalla vitalità registrata nei primi mesi di questo. All’ammontare record di 12,3 miliardi di euro del 2019, hanno ancora una volta concorso in misura largamente maggioritaria gli operatori stranieri, il cui interesse tipologico si è rivelato più ampio e articolato rispetto al passato A beneficiarne sono stati in particolare i settori alberghiero e logistico (che lo scorso anno hanno catalizzato investimenti rispettivamente per 3,3 e 1,4 miliardi di euro), con conseguente ampliamento della diversificazione a livello territoriale, seppure il mercato milanese – con circa il 40% - continui tuttora a rappresentare la principale destinazione degli impieghi Proprio la perdurante centralità del capoluogo lombardo, drammaticamente prossimo all’epicentro dell’epidemia virale in atto, rappresenta un fattore aggiuntivo di preoccupazione in chiave prospettica. Il brusco rallentamento della locomotiva avrà effetti più marcati sull’immobiliare corporate del nostro Paese rispetto a quanto sarebbe scaturito da una debolezza di entità analoga ma maggiormente diffusa.
La drastica flessione degli investimenti evidenziata dai modelli previsionali necessiterà di tempo prima di poter essere riassorbita se, come appare probabile, l’accresciuta debolezza economica del nostro Paese dovesse mettere in discussione la sostenibilità delle quotazioni pre-crisi. La scarsità di nuove realizzazioni immobiliari, associata alla gradualità del processo di riprezzamento, rappresenteranno l’ulteriore ostacolo endogeno ad una pronta risalita dei flussi di investimento. La più volte osservata inefficienza del mercato immobiliare italiano nell’adattarsi alle mutate condizioni di contesto finirà, anche in questo caso, per dilatare i tempi di recupero. L’emergenza COVID-19 e il drammatico tracollo dell’economia da essa scaturito avranno sull’attività transattiva ripercussioni che dipenderanno, oltre che dalla forza d’urto dell’ondata recessiva, dalla reattività con cui i valori immobiliari si adegueranno al nuovo quadro. La troppo decantata resilienza rischierà di rivelarsi, ancora una volta, un fattore di salvaguardia solo apparente.
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