L’analisi del Centro Studi Confindustria e del MEF mostra che l’iper-ammortamento ha avuto un impatto positivo sulla trasformazione digitale, e contribuito alla crescita dell’occupazione nelle imprese.
Dal 2017 il Governo italiano, all’interno del cd. Piano Nazionale Industria 4.0 (poi rinominato Piano Nazionale Impresa 4.0), sostiene la domanda di investimenti privati in beni strumentali alla trasformazione digitale delle imprese. Fino al 2019, la principale misura di agevolazione – denominata iper-ammortamento – è consistita in una maggiorazione a fini fiscali del costo per gli acquisti di beni d’investimento materiali che incorporano tecnologie per la raccolta, l’elaborazione e la trasmissione dei dati, in base all’elenco contenuto nell’Allegato A alla Legge di bilancio 2017.
Per gli anni 2017 e 2018, la maggiorazione è stata pari al 150% senza limiti all’investimento agevolabile, che è equivalso a un risparmio d’imposta pari a 36.000 euro su tutto il periodo di ammortamento per ogni 100.000 euro di investimento. Nel 2019, invece, l’agevolazione fiscale è stata rimodulata sulla base dell’ammontare dell’investimento realizzato, passando da una maggiorazione del 170% per la quota d’investimento fino a 2,5 milioni di euro, a una del 150% per la quota compresa tra 2,5 e 10 milioni di euro, a una del 50% per la quota oltre i 10 milioni e fino al limite di 20 milioni. La Legge di bilancio 2020 ha ulteriormente cambiato l’agevolazione, trasformandola in credito d’imposta per un periodo fisso di cinque anni: pari al 40% per investimenti fino a 2,5 milioni e al 20% per la quota compresa tra 2,5 e 10 milioni.
L’agevolazione fiscale è stata, fin dalla sua introduzione, aperta a tutte le imprese con sede legale in Italia, senza vincoli settoriali, geografici o di dimensione. A partire dal 2019 esiste un vincolo di localizzazione dell’investimento agevolato: esso deve afferire a strutture produttive localizzate all’interno del territorio italiano. In ogni caso, per poter godere dell’agevolazione a partire da un determinato anno di imposta, è necessario dimostrare non solo l’acquisto del bene, ma anche la sua interconnessione all’interno del sistema IT aziendale entro il 31 dicembre di quell’anno.
Il tiraggio della misura
Secondo la relazione tecnica di accompagnamento alla Legge di bilancio 2017, questa misura fiscale avrebbe dovuto applicarsi a circa 10 miliardi di euro di investimenti in macchinari e apparecchiature incorporanti tecnologie digitali avanzate (le cd. tecnologie 4.0). Questa stessa stima ex-ante è stata riportata anche nelle due successive Leggi di bilancio. Si tratta di un ammontare considerevole, che corrisponde a circa il 13% degli investimenti privati annui in macchinari e attrezzature (esclusi mezzi di trasporto) realizzati in Italia, usando come riferimento la media 2014-2016 riportata in contabilità nazionale.
Sulla base delle dichiarazioni dei redditi delle società di capitali italiane per l’anno d’imposta 2017, il Centro Studi Confindustria e la Direzione Studi e Ricerche Economico Fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze stimano ex-post un ammontare di investimenti agevolati dall’iper-ammortamento al 150% per questa tipologia di imprese, pari a poco meno di 4 miliardi di euro. Hanno contribuito a determinare questi valori circa 8mila società di capitali (Tabella A).
Il valore degli investimenti così ottenuto deve tuttavia essere considerato a tutti gli effetti una sottostima, anche significativa, del dato reale. La ragione principale è che una quota rilevante di imprese non è riuscita a ricevere e a interconnettere i beni strumentali ordinati nel corso del 2017 entro il 31 dicembre di quello stesso anno, ed è quindi stata costretta a posticipare alla successiva dichiarazione dei redditi l’inclusione dei relativi costi deducibili. Sulla base delle informazioni fornite dall’Associazione nazionale di costruttori di macchine utensili (UCIMU) relativamente ai tempi medi di consegna, che per l’anno 2017 sono stati pari a 6,6 mesi, si può desumere infatti che gli ordini successivi al mese di giugno non siano stati evasi entro l’anno. Questi ordini, sempre sulla base delle informazioni fornite da UCIMU, corrispondono al 46% del totale degli ordini del 2017.
Riproporzionando le informazioni relative alle dichiarazioni dei redditi delle imprese italiane per l’anno d’imposta 2017 sulla base degli ordini non evasi nel corso dell’anno, si può ricavare una stima complessiva dell’ammontare degli investimenti in beni strumentali materiali agevolati che si attesta su circa 7 miliardi di euro. Ciò corrisponde all’8,5% degli investimenti privati medi annui in macchinari e attrezzature industriali (considerando il 2014-16 come periodo di riferimento). All’interno del manifatturiero, questa percentuale arriva al 16,0%.
Integrando i dati delle dichiarazioni dei redditi con quelli contenuti nei bilanci delle società di capitali per l’anno 2017 (di fonte Bureau van Dijk), si desume come la maggioranza sia delle risorse investite in beni strumentali 4.0 (il 66,7% del totale) sia del numero di società di capitali (il 96,1%) che hanno richiesto l’agevolazione fiscale nel 2017 appartenga alla categoria delle piccole e medie imprese. In termini di risorse investite, ben un terzo del totale afferisce a imprese con meno di 50 addetti, l’8,0% ad imprese con meno di 10 addetti (Figura A).
L’investimento medio per impresa si stima pari a 496mila euro. Come è ragionevole attendersi, esiste una relazione positiva tra investimento medio e scala dimensionale d’impresa: dai 98mila euro per imprese fino ai 9 dipendenti ai 4,2 milioni per le imprese con almeno 250 dipendenti.
A livello settoriale, gli investimenti agevolati nel 2017 sono stati realizzati in misura prevalente da società di capitali del manifatturiero, che rappresentano il 56,1% dei beneficiari e a cui sono imputabili l’82,6% del totale degli investimenti in tecnologie digitali. Segue, molto distanziato, il settore del commercio (16,7% delle imprese beneficiarie e 6,5% degli investimenti).
Gli investimenti agevolati nel 2017 sono provenuti in larga parte da società di capitali con sede legale nel Nord Italia4. La Lombardia è in cima alla classifica (33,2%), seguita dal Veneto (17,5%) e dall’Emilia Romagna (15,6%). Su livelli molto modesti tutte le regioni meridionali, con l’eccezione della Sicilia che, con una quota di investimenti in beni strumentali materiali del 3,7%, si colloca, dietro la Toscana, tra le prime posizioni, davanti, tra le altre, a Friuli Venezia-Giulia, Campania e Lazio.
L’utilizzo integrato delle informazioni raccolte dall’ISTAT nell’indagine campionaria 2018 sulle ICT (che non include le imprese con meno di dieci dipendenti) ha permesso di ricostruire il profilo di maturità digitale delle imprese beneficiare dell’iper-ammortamento alla fine del 2016, distinguendo tra un grado di maturità digitale molto basso, basso, medio-basso, medio-alto, alto. Ad esempio, solo le imprese con un grado di maturità digitale medio-alto o alto avevano, tra le altre cose, già investito in almeno due tecnologie 4.0 nel triennio 2014-2016. Dall’analisi emerge che la quasi totalità delle imprese italiane beneficiarie dell’iper-ammortamento (84,7%) non aveva effettuato investimenti in tecnologie 4.0 prima del 2017 (Figura B). Inoltre, in un terzo dei casi (33,3%) ad essere coinvolte sono state imprese appartenenti alla parte più digitalmente arretrata del sistema produttivo, quella che appariva in ritardo anche rispetto all’adozione di tecnologie ICT più tradizionali. Se ne può quindi ragionevolmente desumere che una quota rilevante degli investimenti in tecnologie 4.0 avviati nel 2017 (e a seguire) sia stata attivata in risposta all’introduzione dell’iper-ammortamento proprio in quell’anno, e che non si sarebbe quindi realizzata in assenza dell’incentivo fiscale previsto dal Governo.
Grazie all’integrazione dei dati fiscali con quelli amministrativi (Archivio delle Comunicazioni Obbligatorie), relativi ai flussi di assunzioni e di cessazioni di posti di lavoro dipendente, è stato possibile stimare gli effetti occupazionali prodotti in Italia dagli investimenti agevolati nel 2017 in tecnologie 4.0 da parte delle società di capitali con sede legale nel Paese, isolandoli dall’influenza esercitata sempre sull’occupazione da altri fattori quali il ciclo economico, le dimensioni aziendali, la localizzazione delle imprese o il loro settore di appartenenza. Per farlo, si è confrontata la crescita di assunzioni e cessazioni rispetto al 2016 delle imprese agevolate dall’iper-ammortamento sui beni materiali nel 2017 con quella di un campione selezionato di imprese non agevolate quell’anno, scelte in modo da rappresentare, con un ragionevole grado di approssimazione, cosa sarebbe accaduto alle imprese che hanno investito in tecnologie 4.0 in assenza dell’investimento stesso.
L’analisi indica che l’investimento in macchinari e attrezzature 4.0 nel 2017 ha avuto un effetto occupazionale positivo nel periodo compreso tra gennaio 2017 e marzo 2019 (ultimo mese disponibile per l’analisi). La dinamica delle assunzioni mensili di personale dipendente è stata infatti migliore di 3,0 punti percentuali nella media di periodo rispetto a quanto si sarebbe registrato se le imprese non avessero investito in tecnologie digitali (Figura C). Disaggregando la stima per anno, si evince come l’effetto positivo si manifesti già a partire dal 2017 (+1,8 p.p.) per proseguire nel 2018 (+3,2 p.p.) e nel primo trimestre 2019 (+4,0 p.p.). Al tempo stesso, la dinamica delle cessazioni mensili non risulta, nella media di periodo, essere stata influenzata dalla decisione d’investimento in tecnologie 4.0; solo nel 2017 si stima un effetto degli investimenti agevolati in termini di minori cessazioni di posizioni di lavoro dipendente: -0,9 punti percentuali.
In termini di dinamica occupazionale complessiva, si stima che il numero di dipendenti sia cresciuto dell’11,3% tra la fine del 2016 e marzo 2019 nelle imprese beneficiarie dell’iper-ammortamento nel 2017, contro una crescita del 4,4% per imprese ex-ante simili ma che non avevano utilizzato l’agevolazione fiscale in quell’anno. Ne deriva che l’investimento agevolato in tecnologie 4.0 si stima abbia prodotto una maggiore crescita occupazionale di circa 7 punti percentuali nel periodo considerato (Figura D).
L’effetto positivo sulle assunzioni si riscontra in tutte le classi dimensionali, dalle micro alle grandi imprese. L’impatto è particolarmente rilevante per queste ultime: nella media di periodo si stimano +10,9 punti percentuali di maggiori assunzioni rispetto a quanto si sarebbe registrato in assenza di investimenti in tecnologie digitali avanzate (Tabella B).
Per effetto degli investimenti in macchinari e attrezzature 4.0 crescono le assunzioni sia al Nord sia al Sud. L’effetto maggiore si registra per quelle con sede legale nel Meridione: nella media di periodo si stima un effetto differenziale pari a +4,0 punti percentuali sulle assunzioni mensili rispetto a quanto si sarebbe registrato in assenza di investimenti in tecnologie digitali avanzate. L’effetto occupazionale positivo per le imprese con sede legale nel Centro Italia, invece, non si traduce in maggiori assunzioni bensì in minori cessazioni: -2,0 punti rispetto allo scenario base di assenza di investimenti in tecnologie 4.0.
Rispetto al profilo dei nuovi assunti, l’impatto positivo degli investimenti in tecnologie 4.0 si registra innanzitutto tra i giovani lavoratori (con meno di 35 anni di età), un risultato coerente con il loro maggior grado di competenze digitali rispetto alla forza lavoro più anziana: +2,4 punti percentuali la stima della maggiore crescita mensile delle assunzioni nel periodo compreso tra gennaio 2017 e marzo 2019, rispetto a +1,4 stimato per i lavoratori over 35. Questi ultimi però hanno potuto beneficiare non solo di una maggiore domanda di lavoro per nuovi assunti ma anche di minori cessazioni di rapporti di lavoro (-0,9 p.p. la minore variazione su base mensile) rispetto a quanto si sarebbe verificato in assenza di investimenti agevolati in tecnologie 4.0.
La maggiore domanda di lavoro da parte delle imprese che hanno acquistato beni strumentali 4.0 ha interessato tutti i livelli di qualifica professionale, anche se con intensità differenti (Figura E). L’effetto maggiore in termini di assunzioni si riscontra tra gli operai specializzati e i conduttori di impianti e macchinari, che beneficiano nel periodo compreso tra gennaio 2017 e marzo 2019 di una crescita aggiuntiva di 2,3 punti percentuali in media mensile delle posizioni di lavoro dipendente rispetto a quanto si sarebbe verificato in assenza degli investimenti. Seguono, al secondo posto, gli impiegati (+0,7 p.p.) e le professioni ad alta qualifica dedicate a mansioni scientifiche (+0,7 p.p.), davanti a quelle ad alta qualifica ma con mansioni non scientifiche (+0,5 p.p.), e alle professioni non qualificate (+0,4 p.p.). Queste dinamiche così differenziate sono coerenti con il quadro complessivo delle assunzioni che in Italia, negli stessi anni considerati dall’analisi, sono cresciute maggiormente proprio tra le “tute blu” e gli impiegati, e molto meno sia per le professioni ad alta qualifica sia per quelle non qualificate. In altre parole, l’effetto sulle assunzioni indotto dagli investimenti in beni strumentali 4.0 è stato complessivamente quello di aver accentuato dinamiche già in atto nel mercato del lavoro italiano.
Diverse le conclusioni nel caso delle cessazioni indotte dagli investimenti in beni strumentali 4.0. In questo caso, infatti, le nuove tecnologie non risultano aver accelerato la distruzione di posizioni di lavoro in atto nel mercato del lavoro, che, analogamente alle assunzioni, si concentra soprattutto tra le “tute blu” e gli impiegati; al contrario, esse hanno contributo positivamente, anche se in maniera contenuta, a limitare l’impatto negativo almeno per questi ultimi (-0,5 p.p. in media al mese), mentre l’effetto è stato nullo per le prime.
I risultati modesti prodotti dagli investimenti in tecnologie 4.0 sulla domanda di figure professionali ad alta qualifica, le cui mansioni cognitive non routinarie dovrebbero essere tra quelle maggiormente richieste in un contesto di automazione crescente dei processi produttivi8, sono dovuti allo scarso ricorso a queste figure professionali da parte di realtà produttive di dimensioni ridotte: l’effetto sulle assunzioni è infatti stimato nullo o del tutto marginale non solo per le micro-imprese, ma anche per le piccole e medie aziende italiane che hanno investito in tecnologie 4.0. Di contro, il ricorso a queste figure professionali è cresciuto, e in modo molto rilevante, tra le grandi imprese che hanno abbracciato la trasformazione digitale: +8,0 punti percentuali in media mensile l’effetto sulle assunzioni per i lavoratori qualificati con mansioni scientifiche, +5,0 punti per le restanti professioni intellettuali (Figura F).
L’analisi del Centro Studi Confindustria e della Direzione Studi e Ricerche Economico Fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, fino ad oggi circoscritta alle imprese che hanno investito in tecnologie 4.0 nel 2017, suggerisce che l’iper-ammortamento abbia avuto un impatto positivo sulla trasformazione digitale del sistema produttivo italiano, e che ciò abbia contribuito in maniera significativa alla crescita dell’occupazione nelle imprese coinvolte dalla misura.
Numerose le evidenze emerse a supporto di queste conclusioni: i) l’ammontare significativo degli investimenti in tecnologie digitali avanzate, che segnala una forte vitalità del sistema produttivo italiano; ii) il forte coinvolgimento delle realtà produttive di piccola e media taglia, dalle quali non si può prescindere per rilanciare la competitività aggregata dell’economia nazionale; iii) il forte coinvolgimento di imprese che fino al 2017 presentavano livelli molto bassi di digitalizzazione, e che quindi, grazie all’agevolazione, hanno intrapreso un processo di trasformazione tecnologica in linea con le attuali sfide competitive che il sistema industriale è chiamato ad affrontare; iv) l’alto grado di complementarietà tra investimenti in tecnologia e in capitale umano, trasversale al sistema delle imprese e ai territori, e che avvantaggia soprattutto (ma non solo) i lavoratori più giovani.
Al tempo stesso, l’analisi ha messo in luce la ridotta attivazione di domanda di lavoro per le figure professionali più qualificate da parte della maggioranza delle imprese di piccola e media taglia. Inoltre, la forte concentrazione geografica degli investimenti agevolati nelle regioni del Centro-Nord, che riflette di per sé la distribuzione asimmetrica dell’attività manifatturiera sul territorio nazionale, implica potenzialmente un ulteriore aumento dei divari di sviluppo tra Nord e Sud del Paese.
Fondamentale sarà continuare il monitoraggio della misura fiscale per gli anni successivi al 2017, così da verificare se e in che misura quanto appena delineato trovi riscontro tra le imprese che hanno beneficiato dell’agevolazione fiscale negli anni più recenti, e approntare, ove necessario, gli opportuni interventi di politica industriale.
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