Paolo Angelini, Vice Direttore Generale della Banca d'Italia, è intervenuto al convegno su "Redditività ed efficienza delle piccole e medie banche", organizzato dall'Università Bocconi di Milano.
Nel corso degli ultimi 50 anni la regolamentazione del settore finanziario è divenuta sempre più complessa e articolata. Numerosi commentatori hanno sostenuto che il fenomeno possa causare un eccessivo onere per le istituzioni finanziarie e ostacolare la loro capacità di assicurare il credito all’economia e di fornire servizi efficienti. Un tema connesso ma distinto è quello della proporzionalità. Anche in questo caso vari commentatori hanno espresso preoccupazione circa il fatto che una regolamentazione non sufficientemente proporzionale possa penalizzare eccessivamente le banche piccole e non complesse. L’aumento di complessità della regolamentazione è stato proporzionale e adeguato o eccessivo? In questo intervento vorrei dare qualche elemento di risposta a questa domanda, certamente difficile e che non si presta a una semplice risposta di tipo affermativo o negativo. Partiamo da alcune premesse su cui credo che ci sia consenso. In primo luogo, i requisiti prudenziali discendenti dalle varie riforme degli accordi di Basilea sono diventati negli anni più ampi e prescrittivi anche a causa della crescente complessità del mondo finanziario, e in particolare delle banche con operatività internazionale1 . Il primo testo delle regole di Basilea, il cosiddetto “Concordat”, è del 1975; il primo accordo sul capitale è del 1988; il modello per la determinazione del prezzo delle opzioni elaborato da Robert Merton e Myron Scholes è del 1973. Una regolamentazione semplice rivolta a intermediari che utilizzano tecniche sempre più sofisticate rischia di essere più facilmente aggirabile. Le norme, più che semplici, debbono essere stabili e interpretabili. Negli accordi...