Le speculazioni sulla terra spingono il caro prezzi delle materie prime agricole a livello internazionali con rincari del 32% rispetto allo scorso anno secondo l’ultimo indice della Fao di agosto.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti diffusa in occasione del G20 con il cuore della città di Firenze in Piazza Santa Croce nel corso della mobilitazione dei giovani agricoltori con un appello ai grandi del mondo per la difesa del lavoro agricolo siglato insieme ai colleghi dei altri Paesi più avanzati nei diversi continenti, per fermare una deriva pericolosa che ha effetti dirompenti sull’economia e sulla vita delle persone.
A tirare la volata sono i cereali con una crescita del 44% ma aumentano anche carne, latte e zucchero per effetto delle manovre finanziarie sul cibo che – sottolinea la Coldiretti, – stanno “giocando” senza regole sui prezzi delle materie prime agricole dove hanno provocato una grande volatilità impedendo la programmazione e la sicurezza degli approvvigionamenti in molti Paesi. Con la pandemia da Covid – continua la Coldiretti – si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza per gli effetti dei cambiamenti climatici che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione.
L’accaparramento di terreni fertili da parte dei Paesi ricchi ma anche la tendenza a potenziare le riserve interne per il timore di nuove chiusure a causa della pandemia hanno innescato un cortocircuito che pesa sulle quotazioni delle produzioni sui mercati mondiali. Il risultato è che sono saliti a oltre 93 milioni gli ettari di terra coltivata nel mondo sottratti ai contadini dalle nazioni avanzate e dalle multinazionali per speculazioni e attività non agricole che stravolgono produzioni secolari e sistemi socio economici locali. il cosiddetto land grabbing.
In cima alla graduatoria dei Paesi che si sono accaparrati nel mondo più terre la Cina (14 milioni di ettari), seguita da Canada (11 milioni di ettari), Stati Uniti (10 milioni di ettari), Gran Bretagna (9 milioni di ettari), Svizzera (8 milioni di ettari), Singapore (5 milioni di ettari), Spagna (4 milioni di ettari), Belgio (4 milioni di ettari), Giappone (4 milioni di ettari) e India (2 milioni di ettari) secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo rapporto Focsiv sul fenomeno. Sul totale delle terra oggetto di land grabbing quasi un terzo (31 milioni di ettari) è concentrato in Sud America, altrettanto in Africa (30,5 milioni di ettari) e a seguire Europa Orientale (19,5 milioni di ettari), Asia (9 milioni di ettari) e Oceania (3,4 milioni).
“Proprio per suggerire strategie e politiche efficaci con un dialogo aperto con i governi nazionali, le istituzioni internazionali e il settore privato nasce la prima rete tra le organizzazioni di giovani agricoltori a livello globale” ha annunciato la delegata nazionale dei giovani della Coldiretti Veronica Barbati nel sottolineare che l’Italia può contare su un esercito di quasi 60mila giovani impegnati a difendere e custodire le campagne, il numero più elevato a livello europeo.
Mentre la pandemia Covid ha evidenziato la strategicità della produzione alimentare, “disponibilità limitata di terra, informazioni asimmetriche e prezzi elevati impediscono ai giovani di acquistare i terreni” per questo bisogna “prevenire l’uso non agricolo dei suoli e definire l’agricoltura come un servizio pubblico”. Il tutto mentre molti Paesi – ricorda l’appello dei giovani agricoltori del G20 – stanno vivendo condizioni estreme, come incendi, siccità, inondazioni e gelate eccezionali per il cambiamento climatico che colpisce anche la disponibilità di acqua, la biodiversità e la fertilità del suolo, mettendo così a rischio la qualità e la sicurezza alimentare.
I giovani agricoltori svolgono un ruolo chiave nella lotta ai cambiamenti climatici. Per questo – continuano i giovani agricoltori del G20 – i governi, insieme al settore privato, dovrebbero sostenere la ricerca e sviluppare strumenti economici per gestire gli impatti del cambiamento climatico sull’agricoltura, come assicurazioni, indennizzi, prestiti agevolati per la ricostruzione, finanziamenti per nuove tecnologie, per garantire un reddito dignitoso alle nuove generazioni.
La pandemia Covid – dicono i giovani agricoltori del G20 – ha messo in luce diverse difficoltà nelle aree rurali, soprattutto a causa del divario digitale e delle infrastrutture che sono ormai fattori chiave per l’attività agroalimentare. I giovani agricoltori sono in prima linea nella ricerca e nell’adozione di tecnologie innovative per contrastare e adattarsi ai cambiamenti climatici. Grazie all’agricoltura – ricordano i giovani – le emissioni di carbonio sono compensate dalle capacità delle coltivazioni di catturare e immagazzinare tali emissioni
La pandemia – affermano i giovani agricoltori del G20 – ha accorciato la distanza tra l’agricoltore e i consumatori con lo sviluppo dei farmers market e ora ci si aspetta che i governi rafforzino questa tendenza sostenendo il ricambio generazionale nel settore agricolo e nell’intera filiera agroalimentare. Durante il lockdown l’agricoltura è stata concepita come attività essenziale e strategica, indispensabile per garantire l’accesso a cibo.
Per questo è fondamentale rendere la filiera agroalimentare equamente remunerativa dall’agricoltore al consumatore passando per tutti i lavoratori e la logistica. Questa iniquità deve essere superata al più presto con i contratti di filiera in cui il prezzo pagato agli agricoltori non può mai essere inferiore ai costi di produzione. E’ fondamentale – evidenziano i giovani agricoltori del G20 – sviluppare un modello di filiera agroalimentare che garantisca in modo universale l’accesso ad un cibo sano, equo e culturalmente adeguato.
Secondo i giovani agricoltori di tutto il mondo serve una campagna di comunicazione internazionale per sottolineare il ruolo positivo dell’agricoltura nel garantire la sicurezza alimentare, combattere i cambiamenti climatici, proteggere i territori e la biodiversità, consentire occupazione e reddito e combattere le fake news sulla produzione alimentare, così come evitare di demonizzare intere filiere senza basi scientifiche.