La pandemia ha accresciuto i divari territoriali, di genere, di età e fra i settori produttivi, ma il digitale è la leva per ridurli.
Come mostra il dossier presentato da Unioncamere, nel corso dell’Assemblea dei presidenti delle Camere di commercio, l’utilizzo delle nuove tecnologie limita le differenze tra piccole e medio-grandi aziende, contribuisce a sostenere la governance delle imprese manifatturiere a conduzione familiare, agevola il recupero delle aziende dei servizi, più tartassate dal Covid. Ma c’è ancora molta strada da fare: solo il 26% delle imprese italiane è a conoscenza del Piano Impresa 4.0 e, tra queste, il 9%, pur conoscendolo, comunque non investe. Per il resto, vale a dire per i due terzi della manifattura italiana, gli strumenti messi in campo e le grandi opportunità offerte dalle tecnologie non sono (ancora) all’ordine del giorno.
“La digitalizzazione vale fino a 7 punti di Pil, ma abbiamo ancora un ritardo enorme da colmare”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli. “Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta una occasione unica, però occorre coinvolgere attivamente milioni di Pmi, di artigiani e di lavoratori autonomi. I Punti Impresa Digitali realizzati dalle Camere di commercio hanno introdotto in questi anni oltre 350mila aziende alle tecnologie abilitanti attraverso migliaia di corsi di formazione, di assessment e di supporti operativi. E oggi questa speciale rete è una best practice a livello internazionale riconosciuta da OCSE e Commissione europea”.