Imprese: la ricostruzione, ecco l'Italia ce la fa

Posted on 07/10/2020 in Economia by Confcoperative

Innovazione, sostenibilità ambientale ed export questi i farmaci "salva vita" del sistema imprenditoriale italiano post Covid19.

Gardini «Start up innovative, green ed export ecco il vaccino “anti covid” delle imprese italiane»

«Innovazione, sostenibilità ambientale ed export sono il “vaccino” del sistema imprenditoriale italiano post Covid19». Così Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, commenta i dati del Focus Censis Confcooperative “Dopo le macerie la ricostruzione, ecco l’Italia che ce la fa” diffuso nel corso dell’assemblea nazionale di Confcooperative. «Le start up innovative guidano la riscossa del Mezzogiorno. Le imprese green assumeranno entro il 2024 1,6 milioni di persone, 6 ogni 10 nuovi posti di lavoro. Le imprese che esportano hanno retto meglio l’onda d’urto della pandemia».

Startup: a settembre le startup innovative hanno superato quota 12mila (+10,3% negli ultimi 12 mesi) con una crescita che non si è arrestata nemmeno nel mezzo dell’emergenza sanitaria. Una start up innovativa su quattro, tra quelle nate durante il lockdown, è stata costituita nelle regioni del Sud.

Green: Entro il 2024 il fabbisogno occupazionale complessivo del sistema produttivo italiano sarà pari a 2,6 milioni di occupati. Di questi, le imprese ne richiederanno 1,6 milioni con competenze green di cui 978mila con competenze elevate nella sostenibilità ambientale. Tra le 700mila aziende che lo scorso anno hanno investito in competenze professionali green 1 su 3 sono al Sud. Lo stesso rapporto è confermato tra le 300 mila imprese che nello stesso periodo hanno investito in tecnologie che riducono l’impatto ambientale, anche qui oltre il 31% è nelle regioni meridionali.

Tra le imprese export oriented 8 su 10 hanno una strategia di risposta alla crisi, tra chi non esporta il rapporto scende a 6 su 10; il rischio di un calo di fatturato di oltre il 50% tra le aziende che esportano è inferiore al 6% rispetto a quelle che non vendono oltre confine; il rischio di chiusura delle prime è più basso del 7% rispetto alle seconde.

START UP INNOVATIVE, MEZZOGIORNO PROTAGONISTA: A fine settembre le start up hanno superato la soglia delle 12mila unità, con un incremento del 10,3% rispetto al 2019 e segnando anche fra maggio e giugno un aumento dell’1,7%, pari a 190 strutture nuove registrate (tab. 1). Anche durante la fase più critica del contagio, i dati di variazione sono rimasti positivi: +1,4% fra febbraio e marzo, +0,3% ad aprile, +0,6% a maggio rispetto al mese precedente. In sostanza, se consideriamo il periodo tra il 1° marzo e il 31 maggio, la “macchina dell’innovazione” – nonostante il lockdown – ha garantito la nascita in media di tre start up al giorno.

La distribuzione territoriale vede una maggiore concentrazione delle start up nelle regioni del Nord Ovest (34,5%), seguite dalle regioni del Mezzogiorno (24,5%), dal Nord Est (20,8%), e infine del Centro (20,3%). Lombardia (27,3%), Lazio (11,3%), Veneto (8,3%) e Campania (8,1%), sono nell’ordine le regioni a più ampia presenza di start up e insieme raggiungono il 55% del totale.

Tab. 1 - Start-up innovative (v.a. e var.%)

 

v.a. al 30/06/2020

Var. % giugno 2020/maggio 2020

Var. % giugno 2020/giugno 2019

Start-up innovative

11.496

1,7

10,3

 

2020

(var.% sul mese precedente)

 

gennaio

febbraio

marzo

aprile

maggio

giugno

Start-up innovative (*)

 

2,3

1,4

0,3

0,6

1,7

(*) Imprese registrate alla sezione delle PMI innovative al mese indicato. Fonte: Registro Imprese

 

SOSTENIBILITÀ  MOTORE DELLA RIPRESA: Molte imprese hanno elaborato nuovi approcci nei confronti del proprio business, riconoscendo l’importanza delle variabili sociali, ambientali e delle ricadute positive che l’azione imprenditoriale può determinare nei confronti del territorio nel quale sono presenti.

Accanto a una maggiore consapevolezza dell’importanza dei temi sociali e ambientali, affermato dal 75,0% del campione di imprese analizzato da Cerved nel corso di quest’anno, il 57,1% ha dichiarato di voler orientare la propria attività sviluppando un maggiore impegno in iniziative di sostenibilità.

Nelle intenzioni del 45,2% delle imprese questo impegno si potrà tradurre nell’adozione di un piano di sostenibilità a supporto della propria strategia aziendale, mentre quasi un quarto del campione ha avviato in questa fase di crisi azioni di sostegno alle comunità locali. Il dato sale al 62,5% se si prende in considerazione il segmento delle imprese con più di 50 addetti.

E la “transizione green” è destinata in futuro a fare da traino alle dinamiche di trasformazione produttive e sociali che la pandemia ha reso ancora più urgenti.

La “sterzata” verso una maggiore sostenibilità delle attività economiche (in senso di risparmio energetico e, quindi, di minore impatto ambientale) aveva già raggiunto un livello significativo nel recente passato: secondo le analisi di Unioncamere-Anpal, nel 2019 oltre 700mila imprese hanno investito in competenze green, orientando la propria domanda di lavoro verso i profili professionali con “attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale”; di queste circa un terzo è localizzata nel Mezzogiorno (tab. 2).

Tab. 2 - L'attitudine green delle imprese italiane si consolida nel Post Covid. Imprese e fabbisogni di competenze green. 2019 e 2020-2024 (v.a., val.% e var.%)

Imprese che investono in competenze green (2019)

720.818

Var. % 2018/2019

3,4

% imprese del Mezzogiorno

28,2

Imprese che investono in tecnologie green (2019)

295.516

Var. % 2018/2019

13,3

% imprese del Mezzogiorno

31,1

Scenario fabbisogni occupazionali nel quinquennio 2020-2024

v.a.

%

Totale fabbisogno occupazionale 2020-2024

2.581.800

100,0

Fabbisogno di professioni con competenze green (2020-2024)

1.603.700

62,1

di cui: fabbisogno di professioni con competenze green - livello elevato (2020-2024)

978.100

37,9

Fonte: elaborazione Censis su dati Unioncamere-Anpal

 

Quasi 300mila sono invece le imprese che nel 2019 hanno investito in tecnologie e prodotti coerenti con la riduzione dell’impatto ambientale: in questo caso si è osservata, fra il 2018 e il 2019, una crescita del 13,3% nel numero delle imprese “green-oriented” e anche in questo caso la quota delle imprese del Mezzogiorno appare rilevante (31,1%). Sempre dalle Indagini Excelsior, condotte da Unioncamere Anpal in questi mesi, a fronte di uno scenario proiettato al 2024 che quantifica in 2,6 milioni il fabbisogno occupazionale del prossimo quinquennio, le imprese hanno dichiarato che circa il 60% della loro domanda sarà guidata dalla ricerca di competenze con attitudine alla sostenibilità (1,6 milioni di addetti in termini assoluti).

 

L’EXPORT FA LA DIFFERENZA: Significativa è la differenza di performance complessiva che separa le imprese esportatrici da quelle che non esportano. Secondo le elaborazioni dell’Istat, le prime, pur essendo in più ampia parte sospese durante il lockdown, registrano una quota inferiore di imprese la cui caduta del fatturato è attesa per il 2020 superiore al 50% (48,1%, tab. 3). Fra le imprese non esportatrici la quota sale al 54,2%, sei punti in più rispetto alle esportatrici. Minore è, inoltre, l’esposizione al rischio di chiusura dell’attività da parte di chi esporta (28,5%), rispetto a chi non è presente sui mercati mondiali (35,6%) e anche per quanto riguarda il vincolo del fattore liquidità, la differenza a favore delle imprese esportatrici è di sei punti (50,0% contro il 56% delle non esportatrici).

Tab. 3 - La solidità di chi fa export: confronto fra imprese esportatrici e non esportatrici, 2020 (val.%)

 

Imprese esportatrici

Imprese non esportatrici

Differenza % imprese esportatrici

Attività sospesa durante il lockdown

76,6

73,8

2,8

Caduta del fatturato superiore al 50%

48,1

54,2

-6,1

A rischio operativo e di sostenibilità dell'attività nel 2020

28,5

35,6

-7,1

Vincoli di liquidità

50,0

56,0

-6,0

Nessuna strategia di risposta alla crisi

23,8

40,0

-16,2

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat

Copyright © 2022 Leasenews All Rights Reserved