La Coldiretti pubblica lo studio: "DOVE STA ANDANDO LA PAC. L’evoluzione della Pac tra il Green deal e l’emergenza Covid-19"
La definizione del bilancio a lungo termine dell’Unione europea – il cosiddetto Quadro finanziario pluriennale (Qfp) – e, al suo interno, la rivisitazione della Politica agricola comune (Pac), è sempre frutto di un processo negoziale lungo e tormentato, che vede impegnati gli attori istituzionali europei protagonisti dell’iter decisionale: la Commissione, il Parlamento, il Consiglio. Il Qfp 2021-27 e la relativa Pac corrispondente allo stesso periodo di programmazione non hanno rappresentato una eccezione a questa regola; anzi, una serie di circostanze hanno reso il percorso ancora più lento e accidentato:
- la Brexit considerando che il Regno Unito rappresentava pur sempre un contributore netto al bilancio;
- le elezioni europee del 2018 che hanno comunque rafforzato la componente euroscettica;
- l’insediamento di una nuova Commissione, avvenuta a fine 2019, con il periodo di stasi istituzionale che ne è derivato;
- la pandemia del Covid-19, che ha reso necessario il ripensamento della struttura, delle dimensioni e delle stesse competenze del Qfp, per renderlo coerente alla gestione di misure eccezionali
– in particolare il programma di ripresa economica Next Generation Eu
– volte a fronteggiare la crisi economica conseguente all’emergenza sanitaria;
- infine, il veto che Ungheria e Polonia hanno posto nell’ultima fase del processo di approvazione del Qfp, motivato dalla condizionalità imposta dall’Ue sul fronte dei diritti civili, che è stato ritirato in seguito a un lungo negoziato, sbloccato in extremis da un accordo di compromesso promosso dalla presidenza tedesca. L’accumularsi di tali ritardi ha portato alla decisione di far slittare di due anni – al 1° gennaio 2023 – l’entrata in vigore della “nuova” Pac, da precisare in alcuni dettagli ma già ampiamente delineata dalle proposte della Commissione e dalle posizioni del Consiglio e del Parlamento europeo. Il fatto tuttavia che per i prossimi due anni avremo a che fare con l’attuale Pac prorogata e gestita da un regolamento transitorio, rappresenta una buona notizia, perché concede tempo e modo a un Paese come l’Italia – la cui governance in campo agricolo è tradizionalmente lenta a metabolizzare il cambiamento – di prepararsi a gestire le importanti novità previste dalla futura Pac. Tra queste novità, le principali sono due:
1. la svolta verde delle politiche Ue, alla quale la nuova presidenza di Ursula von der Leyen ha dato un impulso senza precedenti, trasformandolo – con il Green deal – in un vero e proprio manifesto programmatico della nuova Commissione europea;
2. il New delivery model, che sposta l’enfasi dal rispetto delle norme e delle procedure alla misurazione dei risultati ottenuti, da programmare nei piani strategici nazionali che vengono richiesti agli Stati membri per gestire la nuova Pac. Entrambe queste novità rappresentano per l’Italia delle sfide difficili, nei cui confronti sarebbe sbagliato reagire, come spesso fatto in passato, con un approccio difensivo e che, dunque, vanno interpretate come opportunità più che come minacce. Il Green deal in campo agricolo va preso sul serio, con la necessità di trasformare il greening da giustificazione cosmetica del mantenimento di un vecchio sussidio in un approccio contrattuale del tutto nuovo, approdando ad un nuovo sistema di incentivi ben disegnati e ben integrati nell’eco-schema previsto dalla nuova Pac.
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