Assegnati i contributi del Fondo per la progettazione territoriale, per rilanciare e accelerare la progettazione in piccoli Comuni, Province e Città metropolitane del Sud, Marche, Umbria e in Centri delle aree interne.
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) che ripartisce il Fondo per la progettazione territoriale. Si tratta di 161.515.175 euro utili a rilanciare e accelerare la progettazione nei piccoli Comuni, le Province e le Città metropolitane delle regioni del Sud, Marche e Umbria, nonché nei centri delle aree interne.
Il DPCM è stato proposto dal ministro per il Sud e la Coesione territoriale. Proprio il ministro Carfagna aveva promosso la norma che istituisce il Fondo, inclusa all'interno del decreto 'Infrastrutture' (decreto-legge n. 121/2021, convertito in legge n. 156/2021) e ulteriormente potenziata nel corso dell'esame parlamentare del testo.
Si tratta di una misura innovativa a sostegno degli enti territoriali, che assumono i progetti vincitori dei concorsi e possono utilizzarli per partecipare ai bandi e all'assegnazione delle risorse del PNRR e delle politiche di coesione nazionali ed europee.
A chi spettano le risorse?
Il Fondo è ripartito tra 7 Città metropolitane, 38 Province e circa 4.800 Comuni fino a 30.000 abitanti delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Umbria, o ricompresi nella mappatura delle aree interne. In particolare, le Città metropolitane riceveranno ciascuna un milione di euro, mentre alle singole Province sono riservati 500.000 euro.
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A cosa servono i contributi del Fondo?
Gli enti possono utilizzare le risorse del Fondo per promuovere bandi rivolti a professionisti (per esempio, architetti, ingegneri, progettisti...) che andranno a presentare progetti in ambito urbanistico o di innovazione sociale. In questo modo, le amministrazioni interessate avranno a disposizione progetti già pronti per partecipare all'assegnazione delle risorse del PNRR, dei Fondi strutturali europei o del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione.
I Comuni fino a 5.000 abitanti possono utilizzare, in tutto o in parte, il contributo anche per affidare incarichi per la redazione di progetti di fattibilità tecnica economica.
Quali caratteristiche devono avere le proposte progettuali?
Le proposte devono essere coerenti o complementari rispetto agli obiettivi del PNRR, dei Fondi strutturali europei o del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione. Nel caso in cui si riferiscano a interventi di carattere sociale, devono avere un livello di dettaglio sufficiente ad avviare le procedure di affidamento del servizio o di co-progettazione. In caso di lavori pubblici, invece, il livello progettuale proposto deve essere almeno pari a quello del progetto di fattibilità tecnica-economica.
Dove si possono trovare bandi tipo da utilizzare?
L'Agenzia per la Coesione territoriale ha già pubblicato schemi di bando tipo per i concorsi di progettazione e idee, sviluppati in collaborazione con l'Agenzia Nazionale Anti Corruzione (ANAC). Gli schemi e le relative note illustrative si possono consultare qui.
Quali sono le spese ammissibili al finanziamento?
Possono essere finanziate dal Fondo le spese relative ai premi per la messa a bando dei concorsi, i compensi per lo sviluppo di progetti di fattibilità tecnico-economica nei Comuni fino a 5.000 abitanti, le spese per i rilievi e per le indagini strettamente necessari per l'avvio delle procedure, le spese di pubblicazione dei bandi, le spese per le commissioni di gara, le spese per attività tecnico amministrative di supporto, le imposte e le tasse. Non sono invece ammesse le spese per espropri, acquisto di aree, lavori e fornitura di beni di qualsiasi natura.
Quanto tempo hanno a disposizione gli enti?
Gli enti beneficiari possono avviare le procedure per i concorsi e per l'affidamento di progetti di fattibilità tecnico-economica (quest'ultimo caso riservato ai Comuni fino a 5.000 abitanti). I bandi devono essere pubblicati e gli affidamenti disposti per l'intera somma assegnata entro sei mesi dall'entrata in vigore del DPCM, pena la revoca del contributo.
Cosa succede se il contributo viene revocato?
Se un ente non utilizza (o non lo fa per intero) il contributo assegnato, esso (o la parte non utilizzata) viene revocato e le risorse tornano nella disponibilità del Fondo. A questo punto, possono essere poi riassegnate agli enti beneficiari che non sono stati sottoposti a revoca. Quindi, chi utilizza interamente e nei tempi previsti le risorse assegnate, potrà riceverne eventualmente anche ulteriori, che saranno redistribuite con un successivo decreto disposto dal ministro per il Sud e la Coesione territoriale.