Servitization: il passaggio dalla vendita di un prodotto secondo le tradizionali logiche transazionali, alla vendita di una soluzione che di fatto dà vita a una relazione prolungata nel tempo tra cliente e fornitore.
Qualcuno la chiama service transformation, qualcuno sceglie il termine apparentemente più ostico di servitization, servitizzazione. Comunque si scelga di definirlo, si tratta di un processo importante: quello che segna il passaggio dalla pura vendita di un prodotto secondo le tradizionali logiche transazionali, alla vendita di una soluzione che di fatto dà vita a una relazione prolungata nel tempo tra cliente e fornitore.
La servitizzazione, che coniuga dunque la concretezza e la fisicità del prodotto al valore dei prodotti intelligenti e connessi, rappresenta di fatto l’esempio concreto delle opportunità della cosiddetta data driven economy.
Nell’economia del dato, quale è quella nella quale oggi ci muoviamo, le imprese hanno l’opportunità di trasformare i dati derivanti dai macchinari, dalle linee di produzione e dai loro stessi prodotti in informazioni utili al business.
E proprio grazie ai dati le aziende del manifatturiero hanno l’opportunità di trasformare i loro prodotti in “smart and connected products”, arricchiti, cioè, di intelligenza.
La servitization è dunque un processo che richiede alle imprese di cambiare struttura e organizzazione, trasformandosi di fatto in un sistema capace di vendere insieme al prodotto anche servizi a valore integrati nel prodotto stesso.
In questa accezione, i servizi non sono semplicemente in aggiunta alla vendita di un prodotto, ma diventano elemento centrale dell’offerta stessa.
Siamo di fronte a una trasformazione importante, che rappresenta l’apice di tutto il percorso che ha portato le realtà del manifatturiero ad aderire al paradigma dell’Industria 4.0, cambiando – non di poco – la loro stessa fisionomia.
Si è passati da un modello operativo e di business nel quale alla vendita del prodotto vengono associati i servizi di assistenza, a un modello un po’ più evoluto, nel quale il servizio correlato al prodotto comincia a essere a valore, e dunque orientato, ad esempio alla consulenza, fino alla “estremizzazione” del modello, la servitizzazione vera e propria.
La servitization, in questo caso, viene definita Access Focused: la proprietà del bene non viene trasferita al cliente, ma resta in mano al produttore, che eroga al cliente l’accesso al bene stesso. È un modello che il mondo IT ha conosciuto in passato con i contratti di noleggio di stampanti e fotocopiatrice, nei quali si è passati da un canone mensile a una valorizzazione in termini di costo per copia o per pagina stampata.
Una ulteriore estremizzazione del concetto di servitizzazione è rappresentata dai modelli tipici della sharing economy, nei quali non si parla più di proprietà del bene, che è diffusa e condivisa, ma di disponibilità del bene stesso a fronte di un corrispettivo commisurato al suo effettivo utilizzo.
Punto centrale di una strategia di servitization è rappresentato dall’OEE, ovvero dalla Overall Equipment Effectiveness, vale a dire da un monitoraggio costante e in tempo reale dello stato di operatività del bene, così da ridurre ìl più possibile i costi di assistenza e manutenzione.
Tenendo sotto costante controllo le prestazioni di un prodotto o di un macchinario, i produttori possono infatti analizzarne il comportamento in modo più efficace, evidenziando in anticipo le possibili difficoltà future. I dati acquisiti aiutano dunque il produttore a prendere decisioni informate e a ottimizzare il proprio workflow, integrando i dati provenienti dal prodotto con il proprio ERP, sia per programmare per tempo interventi di manutenzione, riparazione o sostituzione, sia per modificare il proprio prodotto per migliorarne le prestazioni o le funzionalità.
È quello che gli analisti definiscono Data Driven Decision Making, ovvero un processo decisionale basato sui dati, nel quale tecnologie innovative, come gli algoritmi di intelligenza artificiale, aiutano a stimare e governare i fattori di rischio, indicando la probabilità che determinati eventi accadano (ad esempio la rottura di un componente o la difficoltà di approvvigionamento di determinati pezzi di ricambio) e il loro impatto sul business complessivo dell’azienda.
Le aziende dispongono in tal modo di strumenti decisionali basati su una lettura precisa e completa dei dati che concorrono allo sviluppo corretto del business.
Internet of Things (IoT), Cloud e Big Data sono le tre tecnologie che più di altre abilitano il passaggio ai nuovi modelli di business legati alla servitizzazione.
La crescente diffusione dei sensori sui singoli macchinari e sulle linee di produzione, la possibilità offerta dal cloud di sfruttare “on demand” risorse remote per l’archiviazione, l’elaborazione e l’accesso ai dati, unite agli analytics, che consentono di lavorare in modo efficiente e veloce su moli enormi di dati, strutturati e non provenienti da fonti variegate, abilitano infatti il processo di service transformation: fondamentali sono infatti le informazioni di ritorno, provenienti cioè dai fruitori del bene, sullo stato di funzionamento del prodotto, sulle performance, sulle condizioni operative.
È dall’analisi di questi dati, infatti, che emergono le informazioni utili all’elaborazione di contratti legati allo “sfruttamento” del prodotto in ottica pay-per-use, pay-per-availability, pay-per-performance.
Uno dei principali vantaggi della servitization è lo sviluppo di relazioni a lungo termine tra produttore e cliente. In passato, i produttori erano semplicemente il fornitore del prodotto; ora, svolgono un ruolo intrinseco per tutta la vita del prodotto e oltre.
Tra i vantaggi misurabili troviamo anche un miglioramento complessivo delle performance di prodotto, grazie alle attività di costante controllo e monitoraggio, così come un miglioramento dell’assistenza aftermarket sui prodotti venduti.
Per il fornitore la servitization significa anche aprire il proprio mercato potenziale a nuovi clienti che diversamente non si sarebbero potuti permettere l’acquisto di un determinato prodotto o macchinari, mentre dal punto di vista dell’utente, oltre alla possibilità di spostare da Capex, Capital Expenditure ovvero il costo per sviluppare o fornire asset durevoli per il prodotto o il sistema a Opex, Operating Expense cioè il costo necessario per gestire un prodotto, business o sistema la propria spesa, il vantaggio principale è quello di non “subire” l’obsolescenza dei macchinari, ma di poter godere di maggiore flessibilità in fase di cambio e di rinnovo.