101° Rapporto analisi settori industriali a cura di Prometeia e Intesa Sanpaolo. Nel 2021, la nostra industria manifatturiera ha vissuto un’intensa fase superando significativamente i livelli pre-Covid
Il complesso contesto geopolitico attuale coglie il manifatturiero italiano in un momento positivo. Nel 2021, infatti, la nostra industria manifatturiera ha vissuto un’intensa fase di intensa che l’ha portata a superare significativamente i livelli pre-Covid: il fatturato ha segnato un +5,4% sul 2019 a prezzi costanti e un +11,2% a prezzi correnti che, sostenuto dalla spinta inflativa generata dal primo rally delle commodity, soprattutto non energetiche, ha determinato il superamento della soglia record di 1000 miliardi di euro.
Nonostante questo, proprio in virtù della complessità del momento, occorre rivedere al ribasso le stime di crescita per il 2022, scendendo ad un +1,5% di aumento tendenziale del fatturato deflazionato rispetto al +4,9% stimato a ottobre del 2021.
E’ quanto emerge dal 101° Rapporto analisi settori industriali a cura di Prometeia e Intesa Sanpaolo. A prezzi correnti, invece, la stima viene rivista al rialzo, verso un tasso di crescita del +17,9% tendenziale, dal +6,9% stimato ad ottobre, come effetto dei forti rincari dei costi di approvvigionamento che, pur affievolendosi gradualmente nel corso dell’anno, resteranno su livelli elevati rispetto alla fase pre-confitto.
Il deterioramento del contesto di domanda renderà comunque il fenomeno di pass-through difficoltoso in tanti settori, anche in quelli posizionati più a monte delle filiere, generando pressioni sui margini. Per il 2022 ci attendiamo, pertanto, un calo della marginalità media del manifatturiero, verso un EBITDA margin dell’8,8%, dal 9,1% stimato per il 2021.
Stando al Rapporto, il ridimensionamento più consistente delle stime di crescita coinvolge i produttori di beni durevoli, penalizzati soprattutto da fattori di domanda, col rinvio degli acquisti a causa dell’erosione dei redditi, oltre che dalle difficoltà di approvvigionamento di componenti e materiali. Nelle ultime tre posizioni del ranking 2022 si posizionano, infatti, mobili (con una stima di fatturato deflazionato stazionario sul 2021, in termini tendenziali), elettrodomestici (-0,8%) e autoveicoli e moto (-0,9%). Da segnalare, nel caso di mobili ed elettrodomestici, anche la maggiore esposizione al calo delle importazioni della Russia, mercato di sbocco rilevante per alcune categorie di prodotto. All’erosione del reddito disponibile dei consumatori si deve anche la significativa revisione al ribasso della crescita 2022 per sistema moda (tendenzialmente +1,7%), largo consumo (+1,5%) e, in misura minore, alimentare e bevande (+0,3%). Comparti, questi, che subiranno gli effetti dei nuovi vincoli di bilancio causati dalle fiammate inflazionistiche, pur in un contesto di miglioramento legato all’evoluzione della pandemia. Rispetto al 2021 peggiorano anche le prospettive dei produttori di beni intermedi: ovvero prodotti in metallo (+1,8%), metallurgia (+0,9%), altri intermedi (+0,7%) e intermedi chimici (+0,1%). Per gli ultimi due settori, il ciclo di ricostituzione delle scorte delle imprese clienti, importante volano di crescita, difficilmente potrà riproporsi con la medesima intensità osservata nel corso del 2021. Per contro, le prospettive restano positive per i settori che continueranno a ricevere impulsi dal Pnrr e dagli investimenti già programmati per la transizione green e digitale: prodotti e materiali da costruzione (+5% tendenziale il fatturato deflazionato 2022), meccanica (+3,8%), elettrotecnica (+3,2%) ed elettronica (+2,4%). Sostanzialmente stabile, l’outlook 2022 della farmaceutica (+1,3%), grazie anche al contributo derivante dalla produzione di cure (come gli anticorpi monoclonali) e dall’infialatura di vaccini anti-Covid, che vede impegnate anche alcune imprese italiane in partnership con i player proprietari del vaccino.
101° Rapporto analisi settori industriali a cura di Prometeia e Intesa Sanpaolo
Nell’ipotesi di recupero di un trend espansivo della domanda (al netto di freni quali l’escalation del conflitto russo-ucraino, le pressioni inflazionistiche, le difficoltà negli approvvigionamenti e l’incertezza diffusa) il manifatturiero italiano, si legge nel Rapporto di Prometeia e Intesa Sanpaolo, dovrebbe crescere ad un ritmo attorno al 2,6% medio annuo nel 2023-26, a prezzi costanti. Una performance che segna un deciso cambio di passo rispetto al ventennio pre-Covid.
Cruciale per il raggiungimento di questo risultato sarà il sostegno offerto dal Pnrr, in termini di risorse dispiegate a supporto della crescita e di riforme, a cui dovranno affiancarsi significativi piani di investimento da parte delle imprese, per accelerare sul fronte della transizione digitale e ambientale, non più rinviabile. L’accelerazione del ciclo degli investimenti manterrà dinamica, nel medio periodo, la crescita di elettrotecnica, elettronica ed autoveicoli e moto, con tassi attorno al 4% medio annuo a prezzi costanti nel 2023-26. Più dinamici del manifatturiero anche i settori della filiera metalmeccanica, stimati crescere ad un ritmo di poco inferiore al 3% medio annuo.
Anche la domanda mondiale, superati i problemi di natura logistica alla base degli attuali ritardi lungo le catene globali del valore, continuerà a sostenere la performance del manifatturiero italiano. Sebbene in un contesto di aumento dell’import penetration, trainata da componenti necessarie a sostenere la doppia transizione, le esportazioni italiane di manufatti sono attese crescere a un ritmo medio annuo superiore al 3% nel 2023-26, a prezzi costanti, portando il saldo commerciale a sfiorare la soglia dei 120 miliardi di euro.
Sicuramente il conflitto in corso ha posto l’accento sulla necessità di progredire sul fronte di una diversificazione delle forniture di gas e, più in generale, delle fonti energetiche, verso un maggior ricorso alle Fonti di energia rinnovabile (Fer), che possano ridurre la dipendenza dall’estero per la sussistenza energetica. Nell’ultimo decennio, l’Italia ha compiuto enormi progressi nell’installazione di impianti Fer, in particolare nel fotovoltaico, oggi seconda tecnologia prevalente dopo l’idroelettrico, accumulando 58 gigawatt di capacità che, nel 2020, ha generato il 42,4% della produzione lorda di energia elettrica del nostro paese, coprendo il 38% dei consumi (sopra la media Ue). Elevata anche la quota di consumi finali lordi complessivi da rinnovabili (che includono anche i comparti termico e dei trasporti, oltre all’elettrico): il 20,4% del 2020 è un risultato importante, superiore all’obiettivo prefissato del 17%, che ci rende uno dei paesi più virtuosi tra i principali competitor europei, davanti a Germania e Francia.
Ma le sfide restano aperte perché i target green fissati dall’Ue al 2030 sono ancora più ambiziosi e coinvolgono in misura crescente l’industria, sia i settori più tradizionali, dove le fonti Fer hanno un elevato potenziale nella generazione di calore per i processi produttivi, sia i settori più energivori o hard-to-abate, dove le Fer possono giocare un ruolo complementare ad altri vettori energetici come l’idrogeno. Per raggiungere questi obiettivi, sottolineano Prometeia e Intesa Sanpaolo, l’Italia può contare sulla presenza di una filiera italiana di componentistica Fer già ben posizionata nel contesto europeo e nel commercio mondiale: nel 2020, infatti, circa un quarto della produzione europea di moltiplicatori di velocità e oltre il 30% di quella di parti elettriche per macchine (componenti chiave degli impianti per rinnovabili) è stata realizzata nel nostro Paese. Il Pnrr, poi, stanzia importanti fondi per rafforzarla, oltre che per far nascere una vera e propria filiera dell’idrogeno a supporto della transizione green.