La corsa delle quotazioni delle materie prime è entrata in una nuova fase: i livelli restano elevati, cresce la volatilità e con essa la complessità di gestione per le imprese.
I prezzi si posizionano in media su livelli significativamente elevati rispetto al pre Covid, nonostante la riduzione (in taluni casi anche consistente) dai picchi del recente passato. Di conseguenza, permangono forti pressioni sui margini delle imprese e sono, in particolare, i beni energetici a mostrare gli aumenti più consistenti: +647% il gas naturale e +104% il petrolio Brent rispetto a gennaio 2020, come risultato del doppio shock della ripresa post Covid e dell’invasione russa in Ucraina.
Anche le altre materie prime si caratterizzano per prezzi decisamente più alti rispetto al pre pandemia, spiccano in particolare il +337% del fertilizzante a base di urea e nitrato di ammonio, il +112% del mais e il +82% dell’acciaio.
A ciò si aggiunge una elevata e diffusa volatilità sui mercati delle commodity che rappresenta un ulteriore elemento di complessità nella gestione degli approvvigionamenti e del magazzino.
Inoltre, l’apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro impatta sui costi di approvvigionamento delle imprese italiane ed europee, considerato che la maggior parte delle commodities è contrattata in valuta statunitense e che il tasso di cambio ora a 1,04 €/$ era 1,21 €/$ a gennaio 2021.