Approvati gli incentivi auto, si attende ancora l'entrata in vigore
Positivi l’orizzonte triennale e l’inclusione dei veicoli commerciali, anche se limitato.
Negative invece la lentezza nell’adozione della misura, l’esclusione delle persone giuridiche, la riduzione dei price cap.
Preoccupano il mal riposto protezionismo e la mancanza di visione strategica, che rischiano di non aiutare concretamente il settore.
Dopo un’attesa estenuante, nella giornata di mercoledì 6 aprile è stato finalmente adottato il DPCM attuativo del DL Energia, contenente gli incentivi che rappresentano un supporto comunque fondamentale a sostegno della transizione ecologica, in un momento congiunturale così difficile.
L’intero settore, le imprese e i consumatori li attendevano già da fine anno, con la Legge di Bilancio, così come garantito a suo tempo da autorevoli esponenti del Governo; di lì un susseguirsi di annunci e di rinvii.
Il mercato è stato la vittima principale di questo iter sfibrante, andando decisamente a picco: 109.000 vetture immatricolate in meno rispetto allo stesso periodo del 2021, che già era di quasi 90.000 unità sotto il livello pre-Covid.
Per l’effettiva entrata in vigore del Decreto potrebbero volerci ancora alcune settimane, diventando pienamente operativo a maggio: con un ritardo del genere si rischia ormai di non apportare alcun risultato effettivo sulle vendite per l’anno in corso.
È comunque positivo che il Governo abbia dato agli incentivi un orizzonte triennale per supportare la domanda di mercato, incentivi indispensabili a fronte di una trasformazione epocale e di lungo periodo.
Da accogliere con favore l’introduzione di un sostegno all’acquisto dei veicoli commerciali leggeri a zero emissioni, benché con un limitante obbligo di rottamazione.
Tuttavia, a fronte di un investimento pubblico così rilevante, sarebbe stato necessario quanto meno tenere in considerazione i seguenti aspetti, sollevati a più riprese da UNRAE e non solo.
Il primo: l’esclusione delle persone giuridiche dagli incentivi con la sola eccezione del car sharing: in pratica, tutto il noleggio - incluso quello a privati - e tutti i veicoli aziendali.
Un grave errore strategico, che avrà inevitabili conseguenze negative, rallentando il processo della transizione energetica. Vengono, infatti, penalizzati proprio i canali che negli ultimi anni hanno garantito maggiormente l’acquisto di veicoli a zero e a basse emissioni e un più celere ricambio del parco circolante.
A questo va aggiunto che il Governo abbia chiesto all’UE - per i veicoli aziendali in uso promiscuo - l’ennesima proroga per il regime transitorio che da decenni ci rende l’unico Paese in Europa a non riconoscerne la detraibilità dell’IVA al 100%.
L'UNRAE, insieme alle principali Associazioni della filiera automotive ha presentato al Governo alcune proposte con l’obiettivo di rivedere queste misure, stimolando l’acquisto di veicoli di ultima generazione con impatti importanti sull’ambiente e sulla sicurezza stradale.
Il secondo: la drastica riduzione - da € 50.000 a € 35.000 - per la fascia 0-20 g/Km di CO2 rispetto al sistema incentivante 2019-2021. Una scelta opinabile e non omogenea rispetto alle altre fasce di emissione, che tra l’altro non apporta alcun vantaggio complessivo al mercato. L’unico effetto appare quello di orientare la domanda sull’acquisto di alcuni brand specifici con un’inevitabile distorsione della concorrenza. Vengono infatti penalizzati molti player del mercato, in particolare quelli esteri, e viene ridotta la possibilità di scelta da parte dei consumatori.
Paradossalmente, con l’intento dichiarato di favorire la filiera italiana attraverso alcune forzature, viene penalizzata nel lungo periodo la stessa componentistica italiana, tanto importante per le Case costruttrici estere escluse dagli incentivi.
UNRAE ritiene che il sostegno alla filiera automotive italiana vada focalizzato sulla riconversione industriale, favorendo la competitività e la qualità del sistema industriale del Paese, senza introdurre manovre distorsive del mercato, che rischiano di avere efficacia solo nel breve periodo distogliendo l’attenzione dai necessari investimenti in ricerca/sviluppo e produttività.
Infine, stigmatizziamo la scelta di non prolungare da 180 a 360 giorni i termini che intercorrono dalla prenotazione del bonus all’effettiva immatricolazione del veicolo, in considerazione della crisi dei semiconduttori e dei ritardi nella produzione causati anche dal conflitto bellico in Ucraina.
Ci auguriamo che ogni anno il Governo intenda rivedere lo schema incentivante adottato, così da traghettare con pragmatismo ed equità il nostro Paese verso la nuova mobilità a zero emissioni.