Audizione del Direttore Generale dell’Associazione Bancaria Italiana, Giovanni Sabatini, in merito alle norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche.
Ieri presso la Commissione Banche è stato audito il Direttore Generale dell'ABI Giovanni Sabatini, ne riportiamo i principali punti.
Contesto - L’imminente applicazione di alcuni elementi della disciplina europea sui crediti deteriorati rischia di avere gravi conseguenze sul tessuto economico e produttivo, limitando fortemente la possibilità per le banche di fornire il necessario sostegno in fase di emergenza e di uscita dalla crisi. Le banche si sono sforzate al massimo per continuare a erogare liquidità a imprese e famiglie, in attuazione della normativa adottata a livello nazionale e avvalendosi della liquidità fornita in via emergenziale dalla BCE: questo si è tradotto in un aumento del volume del credito erogato, con tassi di interesse peraltro ai minimi storici.
Le richieste al Fondo di Garanzia ammontano a quasi 118 miliardi, i prestiti fino a 30mila euro arrivano oggi a un controvalore di quasi 20 miliardi.
Ciò è avvenuto mentre le banche sono state costrette, con buoni risultati, a ridurre velocemente lo stock di crediti deteriorati eredità della grande crisi finanziaria. Se si guarda alle sofferenze, l’esposizione al netto degli accantonamenti è scesa da 88 a 27 miliardi, attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione delle banche: cessioni, cartolarizzazioni che hanno beneficiato delle Garanzie, miglioramento del processo.
A fronte di tutto questo, il regolatore internazionale ha introdotto in maniera non sempre ordinata una serie di misure che hanno l’obiettivo di evitare che a fronte di nuove crisi si abbiano nuovi accumuli di crediti deteriorati nei bilanci delle banche: linee guida / addendum sugli NPL, modifiche di direttive e regolamenti sulla vigilanza prudenziale. Nello specifico:
Il quadro normativo attuale è il combinato di una norma primaria (CRR Regulation) e norme di attuazione dell’EBA. Art. 178 CRR fornisce definizione di debitore in default e individua due fattispecie: inadempienze probabili e scaduti. Sui primi, il regolamento indica una serie di casistiche di probabile inadempienza, rinviando alle norme di attuazione la definizione specifica. Sugli scaduti si specifica che il ritardato pagamento che si protrae per oltre 90 giorni determina, al superamento di certe soglie di materialità, la classificazione in default. Tali soglie di materialità vengono definite nelle norme tecniche di regolamentazione dell’EBA. L’EBA ha definito tali soglie, indicando per il superamento della soglia di materialità per l’impresa l’importo di 500 euro e la percentuale dell’1% sull’esposizione totale dell’impresa.
Ulteriore conseguenza di questa classificazione è che con le nuove regole la classificazione in default viene estesa a tutte le linee di affidamento di un’impresa, anche quelle su cui è adempiente. La norma pone inoltre un forte vincolo alla possibilità per le banche di rimodulare i prestiti per sostenere l’impresa nei momenti di difficoltà. Questi nuovi criteri, inoltre, si applicano anche alle pubbliche amministrazioni, con un ulteriore livello di difficoltà. L’EBA richiede che si consideri il termine di 90 giorni dal momento in cui l’obbligazione diventa esigibile e non da quella in cui parte il mandato di pagamento. È un tema delicatissimo, in questa fase, ABI ha evidenziato da tempo le complessità che tali previsioni determinano in tempi normali; oggi, in piena emergenza, si dovrebbe immaginare una sospensione del termine di 90 giorni e di riportarlo a 180 giorni. Ripensare gli importi che determinano l’ingresso di una posizione in default e rimodulare la percentuale per consentire alle banche la ristrutturazione dei finanziamenti.
In attesa di tali auspicabili modifiche, ABI ha lavorato ad un’attività informativa per imprese e consumatori per ricordare quanto sia fondamentale essere attenti alla puntualità dei pagamenti.
Quello che si rileva, oggi, è un quadro che induce le banche a restringere i criteri di erogazione del credito e a cedere il credito alle prime difficoltà. Si crea un meccanismo per gli UTP preoccupante: si tratta di imprese che stanno lavorando e per cui la banca ha un interesse a mantenere un’attività commerciale.
ABI ha più volte rappresentato come tale meccanismo non rifletta i valori effettivi di recupero stimati anche dalla Banca d’Italia. Purtroppo nel confronto con le istituzioni europee la risposta è stata spesso attribuita all’incapacità dell’Italia di accelerare i tempi della giustizia civile. Oggi, tuttavia, in piena emergenza, sono altri gli interventi necessari. L’auspicio è che le istituzioni europee siano pienamente consapevoli delle conseguenze dell’attuazione della normativa europea nell’ambito degli sforzi per la ripresa del sistema economico e produttivo.