Banca d'Italia: misure di sostegno alle imprese post COVID19

Posted on 20/04/2020 in Normativa by Banca d'Italia

Contro la pandemia, i governi di molti paesi hanno adottato garanzie pubbliche sul credito alle imprese, nel breve tempo queste sono essenziali per impedire che la carenza di liquidità diventi situazione di insolvenza.

Per far fronte all’emergenza economica determinata dalla pandemia, i governi di molti paesi hanno adottato ampi programmi di garanzie pubbliche sul credito fornito dalle banche alle imprese. Nel breve periodo queste misure sono essenziali per impedire che le carenze di liquidità si trasformino in situazioni di insolvenza. Nella fase di uscita dall’emergenza saranno necessarie politiche che favoriscano la riduzione del peso del debito.

L’epidemia da Covid-19 e la successiva chiusura di numerose attività commerciali e produttive sta causando un forte calo dei flussi di cassa in entrate delle imprese, specialmente nei settori dove la prossimità fisica tra lavoratori o con la clientela è inevitabile. Diversamente da un tradizionale shock alla liquidità delle imprese – in cui un’inattesa variazione della distribuzione temporale dei flussi di cassa causa un temporaneo aumento dell’indebitamento – l’attuale stallo delle attività economiche si accompagna a una significativa perdita di ricavi che in futuro verrà solo in parte recuperata. In assenza di ulteriori interventi l’aumento del debito per far fronte alla temporanea emergenza potrebbe far aumentare la leva finanziaria anche nel medio termine. Lo shock a Covid-19, tuttavia, se non intacca la sostenibilità economica di lungo periodo dell’attività non necessariamente non deve necessariamente compromettere la solvibilità delle imprese. Il ritmo della ripresa delle attività economiche, una volta alleggerite le misure di distanziamento sociale, dipenderà in maniera fondamentale da come le misure intraprese dai governi e dalle altre autorità determineranno l’allocazione delle perdite tra i differenti attori economici (imprese, banche, famiglie, governi e banche centrali) nonché dalla distribuzione temporale di tali perdite. I governi nazionali hanno già varato numerosi interventi volti a mitigare l’impatto della crisi economica su aziende, famiglie e banche. Alcune misure prevedono uno spostamento diretto delle perdite dal settore privato al bilancio dello Stato: trasferimenti diretti verso famiglie e imprese, estensione della platea di beneficiari della cassa integrazione guadagni, innalzamento dei sussidi di disoccupazione. Altre misure, quali il rilascio di garanzie pubbliche sui prestiti e le moratorie fiscali e creditizie, non alleggeriscono le perdite subite da alcuni settori, ma mirano invece ad agevolare la concessione di liquidità a condizioni favorevoli da parte del sistema finanziario così da posticipare le perdite.

La concessione di garanzie pubbliche, soprattutto alle piccole e medie imprese (PMI), è un efficace strumento per incentivare le banche a concedere la liquidità necessaria a far fronte alla crisi da Covid19. Nelle principali economie avanzate (per esempio Stati Uniti, Germania, Francia, Italia, Spagna) le garanzie coprono almeno l’80 per cento dell’importo del prestito. La forte riduzione delle perdite attese incentiva le banche a erogare nuovi prestiti o a rinnovare quelli esistenti nonostante l’aumento della rischiosità dei prenditori dovuto al forte peggioramento del quadro congiunturale. Tuttavia, gli effetti a medio termine delle garanzie pubbliche sono più controversi e dipendono sia dalla durata delle garanzie sia dalle altre misure di politica economica intraprese nel frattempo. Alla scadenza di un prestito erogato grazie alla possibilità di avvalersi della garanzia pubblica, la banca avrà minori convenienza a rinnovarlo se la nuova erogazione non godrà più di questo beneficio (o ne godrà in misura minore). In altri termini, alla scadenza del prestito la banca preferirà non rinnovarlo più se i vantaggi economici derivanti dalla continuazione della relazione creditizia in assenza di una garanzia pubblica sarà inferiore al valore di recupero del credito, un valore pari almeno all’importo garantito. Di conseguenza, più alta sarà la quota del prestito assistito dalla garanzia pubblica, maggiore sarà l’incentivo della banca, ceteris paribus, a non rinnovarlo successivamente. L’introduzione delle garanzie pubbliche sui prestiti configurano quindi l’esistenza di un trade-off tra l’immediata disponibilità di credito per le imprese e l’incentivo futuro delle banche a interrompere l’erogazione dei prestiti. Tale incentivo è più rilevante nel caso delle imprese più rischiose e meno profittevoli per la banca. La crisi da Covid-19 richiede una risposta rapida per salvaguardare la capacità produttiva dell’economia italiana. L’introduzione di generosi schemi di garanzie pubbliche di prima richiesta sui prestiti è pertanto giustificata dall’esigenza di prevenire una interruzione del credito e del circuito dei pagamenti e, in ultima istanza, l’accumulo di crediti deteriorati nel bilancio delle banche. Nondimeno è di fondamentale importanza attivare misure economiche volte a facilitare un rapido ritorno a una migliore sostenibilità finanziaria dei bilanci delle imprese. Senza di esse esiste il rischio che le banche possano in futuro non rinnovare i prestiti verso imprese considerate eccessivamente rischiose. In definitiva, la garanzia pubblica sui crediti è sicuramente uno strumento efficace per promuovere un temporaneo evergreening dei prestiti permettendo il proseguimento dell’attività aziendale; sono tuttavia necessarie ulteriori misure di politica economica volte ad assicurare un ritorno a una migliore sostenibilità finanziaria dell’impresa prima che le banche cessino di beneficiare delle attuali garanzie pubbliche. È giudizio pressoché unanime che una parte delle perdite subite dalle imprese non sarà recuperabile. I debiti (assistiti da garanzie pubbliche) accesi per far fronte alla crisi da Covid-19 non saranno immediatamente ripagati al termine dell’emergenza sanitaria, aumentando quindi la leva finanziaria delle imprese e la loro vulnerabilità. Esse saranno quindi anche meno capaci di intraprendere gli investimenti necessari ad accelerare la ripresa economica. Inoltre, come precedentemente argomentato, imprese più vulnerabili avranno maggiori difficoltà a rinnovare i propri prestiti garantiti dallo Stato. Risulta quindi urgente la necessità di intraprendere ulteriori misure che permettano alle imprese di ritornare in breve su livelli di indebitamento prossimi a quelli precedenti alla crisi da Covid-19. Si propongono di seguito tre misure complementari di politica economica, differenti sia per la spesa complessiva a carico dello Stato sia per la tempistica della loro attuazione.

  1. Nel breve termine: trasferimenti diretti alle imprese da parte del governo per compensare la perdita di fatturato e coprire le spese operative. Il blocco delle attività azzera i ricavi di alcune aziende e l’impatto negativo sui flussi di cassa è solo in parte compensato dagli aggiustamenti di breve termine sui costi operativi e dagli aiuti pubblici già disponibili quali la cassa integrazione guadagni. Trasferimenti aggiuntivi a fondo perduto eviterebbero o ridurrebbero fortemente la necessità delle imprese di indebitarsi verso il sistema finanziario per far fronte allo shock da Covid-19. Anche le banche avrebbero meno rischi di incorrere perdite sui crediti in essere. Questo intervento richiede tuttavia che lo Stato si faccia carico nell’immediato di un ingente spesa, che si possano superare dei vincoli normativi a livello europeo e che si definiscano criteri di ammissibilità delle imprese agli aiuti pubblici che non creino eccessive controversie con le parti sociali e tra settori economici diversamente colpiti dalla crisi.
  2. Nel medio termine: creazione di un veicolo con capitale pubblico per la ristrutturazione di debiti delle imprese medio-grandi. I governi potrebbero creare un veicolo speciale per acquistare dalle banche i prestiti concessi per le esigenze di liquidità delle imprese a seguito della crisi da Covid-19. Il veicolo sarebbe finanziato con risorse patrimoniali pubbliche e con debito a lungo termine collocato sul mercato. L’ammontare di capitale dovrebbe essere sufficiente a far sì che i titoli di debito a lungo termine emessi dal veicolo siano ammissibili per i programmi di acquisto della BCE.
  3. Nel medio termine: introduzione di incentivi fiscali per la ricapitalizzazione delle imprese.

Il governo potrebbe introdurre forti incentivi fiscali per la ricapitalizzazione delle imprese, ad esempio attraverso una ACE “rinforzata”. I principali benefici di queste nuove iniezioni di capitale nelle imprese sarebbero i seguenti: 1) evitare il difficile calcolo del giusto ammontare di trasferimenti diretti da operare a ciascuna azienda (come nella misura al punto 1); 2) evitare una ingente e immediata spesa per il bilancio pubblico legando l’effettiva passività implicita del governo alla effettiva sopravvivenza dell’impresa. L’orizzonte temporale di attuazione di questa misura è più lungo rispetto alle precedenti opzioni e sussistono dei limiti qualora gli attuali azionisti abbiamo poche risorse disponibili per effettuare la ricapitalizzazione. In tal senso, riveste particolare importanza per il successo dell’iniziativa anche l’efficacia dei sistemi di corporate governance per un eventuale ampliamento della compagine societaria.

 
 
redatto da: Giorgio Gobbi, Francesco Palazzo E Anatoli Segura (nota1)
(nota1) Banca d’Italia: Il testo è apparso in lingua inglese in data 15 aprile 2020 su Voxeu.org. Le opinioni espresse sono personali e non riflettono necessariamente la posizione della Banca d’Italia.

Bibliografia:

Saez, E., Zucman, G., “Keeping Business Alive: The Government as Buyer of Last Resort”. Mimeo, 2020. Drechsel, T., Kalemli-Ozcan, S., “A proposal for a negative SME tax”. Vox.eu, 24 March 2020.

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