Si è svolta il 3 novembre c.m. l’audizione dell’ANCE presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati nell’ambito dell’esame della Proposta di piano per la transizione ecologica.
L’ing. Piero Petrucco, Vice Presidente Ance con delega alla sostenibilità, nonché Presidente della Consulta Nazionale delle Specializzazioni, che ha guidato la delegazione associativa, ha evidenziato in premessa che il Piano di Transizione Ecologica rappresenta un’occasione irrepetibile per traghettare il Paese verso la crescita, la modernità e la sostenibilità, rispondendo alle ambiziose sfide dell’Europa, da ultimo con il pacchetto “FIT for 55”.
Il Piano è rilevante non solo perché rappresenta uno strumento fondamentale in vista dell’attuazione del PNRR, ma soprattutto perché traduce in una visione strategica un importante cambio di impostazione, molto apprezzato dall’Ance, nell’azione del nuovo Ministero della Transizione ecologica.
Ne sono la testimonianza le misure previste per semplificare le procedure amministrative e accelerare l’approvazione dei progetti, e quelle volte a creare le condizioni per la loro più celere esecuzione da parte della P.A. (ad esempio art. 44 del DL Governance e semplificazioni). Positivo anche che sia pensato come un documento “aperto” e flessibile, destinato ad accompagnare il processo di transizione per tutta la sua durata e quindi elaborato come uno strumento suscettibile di cambiamenti e modifiche nel tempo, al fine di renderlo sempre attuale e capace di rispondere in maniera tempestiva ed efficiente alle nuove esigenze e necessità che si manifesteranno.
Il cambio di impostazione emerge anche dal fatto che per la prima volta il Ministero prende in considerazione alcuni temi - quali ad esempio la decarbonizzazione, il contrasto al consumo di suolo - per attuare la transizione ecologica.
Ha, poi, evidenziato che gli obiettivi indicati dal Piano sono ampiamente condivisibili ma necessitano per essere attuati di un sistema di strumenti, incentivi e semplificazioni in grado di rendere concretamente possibile la scelta di azioni sempre più attente e sensibili alla tutela dell’ambiente. In altri termini, devono essere rimossi quegli ostacoli procedurali ed autorizzatori, che possono rappresentare un rallentamento o comunque una limitazione all’attuazione degli obiettivi prefissati e soprattutto devono essere adottate quelle riforme che da troppo tempo ormai si attendono, ossia in particolare quella fiscale, quella in materia ambientale, nonché la legge sulla rigenerazione urbana e il contenimento del consumo del suolo, fondamentali per la transizione del Paese.
In questo percorso di trasformazione verso la sostenibilità, ormai non più rinviabile, il settore delle costruzioni ricopre un ruolo prioritario, non solo perché quasi la metà degli investimenti contenuti dal PNRR (il 48%) è dedicata all’edilizia, ma anche perché il patrimonio costruito e l’attività edilizia hanno un ruolo determinante nel raggiungimento dei diversi target “green” nazionali, europei ed internazionali.
L’Ance, consapevole di questo ruolo, ha posto ormai da tempo la sostenibilità ambientale al centro delle proprie azioni ed iniziative, con l’obiettivo di supportare le imprese nel processo di transizione verso modelli di sviluppo in linea con le nuove esigenze di sostenibilità.
L’Ingegner Petrucco è, quindi, passato ad illustrare le proposte ANCE sui principali aspetti affrontati dal Piano.
In particolare, con riguardo all’obiettivo di decarbonizzazione, ha evidenziato che il settore delle costruzioni ha un ruolo cruciale in questo processo, in quanto è considerato tra i principali responsabili delle emissioni di anidride carbonica, circa il 40% delle emissioni totali nazionali, l'11% delle quali derivante dalla produzione di materiali da costruzione come acciaio, cemento e vetro. Consapevole di ciò l’Ance ha elaborato la “Linee guida per la sostenibilità del settore delle costruzioni”, uno strumento concreto che vuole favorire il processo di decarbonizzazione in edilizia, supportando e accompagnando le imprese nella individuazione di una propria strategia Net zero.
Se è vero che il 40% delle emissioni di Co2 proviene dagli immobili, è evidente allora che occorre estendere il più possibile la durata di quelle misure, come il Superbonus, che hanno avuto indubbi benefici in termini di riduzione dell’inquinamento (28% di riduzione delle emissioni di Co2 in più rispetto al vecchio Ecobonus).
Con riguardo all’importanza –riconosciuta dal Piano - dell’utilizzo della leva fiscale, anche immobiliare, per l’adozione di politiche industriali di lungo periodo improntate alla sostenibilità ambientale, economica e sociale degli interventi, ha evidenziato la necessità di agire su diversi fronti fiscali e cioè:
- l’estensione dei Bonus fiscali, non solo quindi del Superbonus che sta dimostrando i suoi effetti positivi per l’economia del Paese ma anche dei bonus cd. “ordinari” - Ecobonus e Sismabonus - che sono essenziali per la riqualificazione e la sostenibilità ambientale del patrimonio immobiliare esistente;
- la revisione del catasto, che può assumere un ruolo centrale nella transizione ecologica, considerato che l’attuale normativa sembra premiare i fabbricati a rischio sismico e ad alto impatto energetico, ossia quelli che inquinano di più.
Se l’obiettivo è quello della decarbonizzazione totale al 2050, occorre adottare politiche che incentivano la produzione, l’acquisto o il possesso di immobili ad alta efficienza energetica, riconoscendo loro un trattamento fiscale di favore.
- la proroga della cd. “valorizzazione edilizia” (art.7 del DL 34/2019) che consente, a determinate condizioni, la detassazione dei trasferimenti immobiliari a favore delle imprese che procedano alla riqualificazione dei fabbricati acquistati, anche con demolizione e ricostruzione conforme alla normativa antisismica e con il conseguimento della classe energetica NZEB, A o B;
- la reintroduzione, per lo meno sino al 2023, dell’incentivo commisurato al 50% dell’ammontare dell’IVA pagata in sede di acquisto di case in classe energetica elevata, cedute dalle imprese costruttrici o da quelle che vi hanno eseguito interventi incisivi di recupero.
Il Piano considera il riscaldamento residenziale una delle principali fonti di inquinanti, con inevitabili conseguenze negative per la qualità dell’aria e della salute dei cittadini. Sotto questo profilo, appare prioritario introdurre strumenti e misure volte a favorire:
- gli interventi sugli edifici che riducano il fabbisogno di energia per riscaldamento e raffrescamento;
- la dotazione di impianti ad alta efficienza;
- il ricorso alle fonti rinnovabili.
Con riguardo all’obiettivo dell’azzeramento del consumo di suolo netto al 2030, ha evidenziato la necessità che ciò avvenga prima di tutto mediante un intervento legislativo statale che agevoli e semplifichi la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente. Il nuovo testo sulla rigenerazione urbana redatto dal Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili è senz’altro uno dei migliori finora prodotti. È ora fondamentale che il successivo confronto parlamentare che ripartirà dal Senato, prosegua senza preconcetti e ideologie del secolo scorso. Le nostre città per tornare a vivere hanno bisogno di cura e di nuovi innesti, anche nei centri storici, come ha giustamente di recente affermato anche il Ministro della Cultura.
In merito all’obiettivo di costruire entro il 2022 una politica nazionale organica di tutela del territorio e prevenzione dei rischi idrogeologici, con il rafforzamento della governance e delle capacità previsionali attraverso sistemi avanzati di monitoraggio, ha sottolineato come tale approccio sia in linea con quanto da anni richiesto dall’Ance che ha evidenziato l’esigenza di una strategia di lungo periodo che superi del tutto la logica emergenziale che ha caratterizzato fino ad ora la gestione degli interventi per il dissesto idrogeologico. Tra gli obiettivi della riforma, secondo l’Ance, dovrebbero esserci anche:
- la definizione di un programma pluriennale di interventi che potrà essere finanziato sia con le risorse del PNRR, sia con i finanziamenti ordinari;
- l’individuazione a livello nazionale di un unico organo per il coordinamento delle varie istituzioni competenti (commissari, autorità di bacino, enti locali);
- la previsione di un sistema informativo unico, riepilogativo delle diverse linee di finanziamento;
- la velocizzazione del passaggio dalle risorse ai cantieri e cioè, non solo della fase della programmazione degli interventi, ma anche di quella relativa all’approvazione dei progetti degli interventi (cd. procedure “a monte della gara”), prevedendo meccanismi di semplificazione e la riduzione di numerosi termini.
Sul tema dell’’economia circolare ha evidenziato che, l’edilizia, come evidenziato nel Piano stesso, gioca un ruolo cruciale. Al settore delle costruzioni infatti è imputato circa il 50% delle estrazioni di materiali vergini e il 45,5% della produzione di rifiuti speciali. Occorre dunque prima di tutto intervenire con decisione per promuovere l’attività di recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione, l’end of waste e il riutilizzo dei materiali di scarto come sottoprodotti.
Nel ricordare come il Ministero abbia introdotto, nei mesi scorsi, alcune importanti misure, con il decreto semplificazioni, che vanno nella direzione, da tempo auspicata dall’Ance, di favorire il recupero dei rifiuti nel luogo stesso di produzione, ha segnalato la necessità di interventi ancora più coraggiosi, volti a rimuovere quegli ostacoli che di fatto stanno ostacolando la transizione all’economia circolare del nostro Paese, quali ad esempio:
- l’implementazione e l’ammodernamento degli impianti per il recupero dei rifiuti derivanti dall’attività di costruzione e demolizione;
- l’aggiornamento e la semplificazione del sistema autorizzatorio, non solo troppo complesso, ma soprattutto legato a norme, prescrizioni, limiti, tecnologie che hanno oltre 20 anni (es. DM 5 febbraio 1998) e che quindi spesso lo rendono inadeguato alle esigenze di oggi;
- l’attuazione di strumenti fondamentali come gli end of waste e i sottoprodotti, che scontano ancora, dopo tanti anni, una disciplina incerta e quindi una scarsa applicazione, penalizzando di fatto la transizione alla circolarità nella filiera delle costruzioni;
- l’incentivazione delle operazioni bonifica dei siti contaminati, fondamentali nel processo di rigenerazione urbana e nella transizione all’economia circolare, attraverso la previsione di una maggiore perentorietà dei termini nelle diverse fasi endo-procedimentali e l’introduzione di appositi meccanismi in grado di superare le tante inerzie della pubblica amministrazione ed evitare i continui “rimpalli” tra istituzioni.