Next Generation EU: il futuro dell’Europa
Con la riuscita o il fallimento del Next Generation EU si gioca il futuro volto dell’Europa.
E’ una fase sperimentale, quella in cui versa l’Europa, secondo gli economisti Luis Garricano e Lucrezia Reichlin. A fare da discrimine saranno, le sorti del Next Generation EU, l’utilizzo dei fondi europei da parte di Italia e Spagna. «Con la pandemia, è accaduto qualcosa di straordinario – commenta Garricano – e l’Europa è entrata nei nostri problemi quotidiani. Ma perché gli strumenti messi in campo possano restare nel tempo e divenire permanenti, bisognerà vedere come verranno spesi i soldi e quale sarà la crescita economica dopo il 2023». Il successo, del resto, per Reichlin, «sarebbe un buon esempio per come affrontare le sfide future, una su tutte quella dei cambiamenti climatici».
Un’Europa sperimentale, in transizione, quella attuale, per Luis Garicano, economista e europarlamentare, e Lucrezia Reichlin, professoressa di Economia alla London Business School: «Attualmente, la crescita post-pandemia in termini di eurozona, si assesta sul 4,3%, con previsione di raggiungere entro l’anno il 4,7%. Numeri che l’Italia, che pure ha avuto una recessione peggiore, può raggiungere» - spiega Reichlin. A favorire il processo, sarà, chiaramente, il Recovery Plan: «Attraverso questo strumento potremo correggere quel divario tra Nord e Sud, in termini di produttività, che la crisi ha solo esacerbato» - continua Garricano. E’ proprio nel Next Generation EU, infatti, che i due economisti, nel loro intervento al Festival dell’Economia, vedono la chiave di volta per il fallimento o la riuscita di una “nuova” Europa: «E’ con strumenti come questo che l’UE ha cambiato passo, entrando nella gestione quotidiana dei nostri problemi. Ma si tratta di strumenti permanenti? E’ desiderabile, ma ad avere un ruolo determinante in questo senso, sarà la gestione del denaro da parte di Italia e Spagna – prosegue l’europarlamentare -. Un corretto utilizzo, dimostrerà che si tratta di una buona idea». Del resto, fondi e mezzi comuni, significherebbero, per la professoressa della Business London School, «un miglior approccio anche alle sfide del futuro, dalle nuove crisi, ai cambiamenti climatici». Non meno rilevanti, del resto, punti come quella recente proposta del G7 di una corporate tax al 15%, che, secondo Garricano, «rappresenta un grande miglioramento.
Si tratterebbe di un’imposta sulle imprese che andrebbe a regolare situazioni margine - come per esempio quella di Netflix, che nel 2018 ha versato 2mila euro di tributi - e che, affiancandosi a tasse sulla plastica, sull’impronta carbonica, ecc, permetterebbero di pareggiare il debito in bilancio». Nel condiviso pensiero che l’Europa dovrebbe guardare agli Stati Uniti di Biden e alla sua idea che “nell’incertezza economica, sia meglio fare un errore in eccesso che in difetto”, i due economisti sognano insomma, chiaramente, un’Unione Europea più forte e coesa. «Un ruolo fondamentale lo giocheranno anche le elezioni in Germania e Francia – conclude Reichlin -. Siamo in una fase incerta, di transizione, che probabilmente non ci porterà a veder convertiti gli euroscettici in europeisti, ma dovrà essere giocata al meglio, per essere pronti, insieme, alle sfide future».