Economia
Cingolani: il percorso verso la decarbonizzazione
La “Proposta di piano per la transizione ecologica”.
Il ministro in audizione parlamentare sulla “Proposta di piano per la transizione ecologica”.
L’inderogabilità del passaggio alle rinnovabili, imposto dall’urgenza di attuare la transizione ecologica, la piantumazione di sei milioni e mezzo di alberi in quattordici aree metropolitane, la costituzione di una commissione ad hoc per valutare i decreti end of waste, il Piano nazionale energia e clima (Pniec) già ultimato sono alcuni temi che il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha toccato nell' audizione sulla “Proposta di piano per la transizione ecologica” dinanzi alle Commissioni congiunte Ambiente di Senato e Camera.
“Il messaggio principale che noi stiamo cercando di attuare – ha osservato - è lo sviluppo di una strategia integrata che ci deve portare alla decarbonizzazione. L’azione si poggia su tre pilastri per i prossimi cinque anni”. I tre pilastri sono: riduzione diretta delle emissioni delle industrie e dei trasporti, riduzione indiretta (economia circolare) e riduzione passiva che riguarda quanto concerne il ripristino degli ecosistemi.
Nella Proposta di piano, come ha notato il ministro, l’obiettivo è una “correzione del mix energetico con circa il 72% di energia da rinnovabili al 2030. La prima pietra miliare è eliminare il 55% di emissioni di CO2 al 2030, così diamo un segnale, poi serve una strategia per il ‘dopo’, quando interverranno altre possibilità e muteranno gli scenari. Al 2050 la sfida è ‘net zero global’, anche se c’è un po’ la sensazione che non arriveremo mai a zero produzione di CO2: dobbiamo ridurre e poi compensare”.
Anche per quanto riguarda il consumo di suolo, secondo Cingolani l’obiettivo è zero per il 2030, “minimizzando tutti gli interventi di artificializzazione e migliorando il ripristino delle aree più compromesse. Questo riguarda gli ambiti urbani, le coste e le aree degradate. Il Piano prevede la messa in sicurezza del territorio con un investimento molto importante, ma non è solo un piano di mitigazione del danno: ci sono anche misure di prevenzione con strumenti tecnologici di monitoraggio che stiamo discutendo con la Protezione civile”.
Per quanto riguarda i sussidi ambientalmente dannosi, il ministro ha ribadito che la soppressione “non è più negoziabile, ma non si devono creare scompensi sociali che sarebbero, in questo momento, quanto mai duri per categorie che peraltro hanno già subìto il lungo periodo Covid”.
Nella Proposta di Piano per la transizione ecologica sono descritte anche alcune azioni per la riduzione dell’inquinamento atmosferico. “Stiamo mettendo in atto – ha affermato Cingolani - una serie di piani come la rinaturalizzazione del bacino del Po che riguarda cinque regioni. Poi ci sono tecnologie connesse al riscaldamento, all’efficientamento energetico, alla manifattura che dovrebbero dare un forte impulso alla riduzione dell’inquinamento in Pianura padana e non solo”.
Nel pilastro economia circolare si inserisce il “grossissimo sforzo per circolarizzare il patrimonio economico dell’agricoltura italiana. C'è stata una riunione con Confagricoltura e vedremo Coldiretti nei prossimi giorni. Sono in corso interlocuzioni con il ministero delle Politiche agricole sul fatto che con opportune metodologie si può aumentare l’efficienza energetica delle nostre aziende agricole: con il fotovoltaico sui tetti e la rimozione dell’amianto, il fotovoltaico verticale, la circolarizzazione delle biomasse leggere e delle deiezioni animali per fare biogas ed eventualmente biometano, incentivando la sostituzione di mezzi agricoli che vanno con vecchi carburanti”.
Un capitolo fondamentale del Piano è dedicato al ripristino e al rafforzamento della biodiversità, con l’aumento dei parchi e delle aree marine protette, l’investimento sulla digitalizzazione per la protezione e il controllo e il miglioramento delle procedure amministrative.
Inoltre, “dei 18 miliardi che riguardano la parte biodiversità, natura, ambiente, territorio, oltre 4 miliardi sono per l’acqua. Oggi abbiamo oltre il 40% di perdite idriche su una rete di 24 mila chilometri, in particolare concentrate su 15 mila chilometri di acquedotti. C’è da ottimizzare l’irrigazione dei suoli agricoli nelle grandi pianure. Abbiamo previsto la creazione di invasi che diventino riserve idriche per i periodi di siccità”.