"World development report 2022": pandemia e rischi economici
Il Report di ASVIS mostra come il Virus abbia aperto le porte a nuovi rischi per l'economia colpendo le famiglie, il lavoro e ampliando il divario sociale.
Nel primo anno di Covid-19, l'economia globale si è ridotta del 3% e la metà delle famiglie non è stata in grado di sostenere le spese di base. L’instabilità finanziaria e la vulnerabilità del debito pesano sulla ripresa, dice la Banca mondiale.
La pandemia ha prodotto la più grande crisi economica globale dell’ultimo secolo. Crisi aggravata da un cambio nei comportamenti da parte dei consumatori che hanno modificato le regole di mercato, mettendo in difficoltà le economie mondiali, soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo. Lo dice l’edizione 2022 del “World development report: Finance for an equitable recovery” pubblicato a febbraio dalla Banca mondiale.
Secondo il Rapporto, nel 2020, primo anno della pandemia, l'economia globale si è ridotta di circa il 3% e la povertà globale è aumentata per la prima volta in una generazione. Per cercare di limitare l'impatto della crisi su famiglie e imprese, i governi hanno adottato risposte politiche rapide, accompagnate da una combinazione tra politiche fiscali, monetarie e finanziarie. Nonostante questo mix di politiche abbia contribuito a limitare i danni economici della pandemia nel breve periodo, ha anche esacerbato una serie di fragilità economiche, come l'aumento del debito pubblico e privato. Aspetti che devono essere affrontate in maniera adeguata per garantire una ripresa economica equa.
Gli effetti della pandemia su famiglie e lavoro. L'impatto economico della pandemia, continua il Rapporto, è stato molto diverso tra i vari Paesi e all’interno degli stessi. Con l'evolversi della crisi è diventato chiaro che molte famiglie e imprese non erano preparate a resistere a lungo allo shock economico. Nel 2020, più del 50% delle famiglie in tutto il mondo, a fronte della perdita di reddito, non è stato in grado di sostenere le spese di base per più di tre mesi, mentre le riserve di cassa delle aziende sono riuscite a sostenere le spese per meno di due mesi. Sempre nel 2020, nel 70% dei Paesi l'incidenza della disoccupazione temporanea è stata maggiore per i lavoratori che avevano completato il ciclo d’istruzione primaria. Le categorie più esposte alla perdita di reddito sono state i giovani, le donne, i lavoratori autonomi e occasionali con livelli di istruzione inferiori. Le donne, in particolare, sono state le più colpite perché maggiormente rappresentate nei settori più colpiti dal blocco delle attività lavorative e dalle misure di distanziamento sociale. Secondo i dati di un'indagine telefonica raccolti dalla Banca mondiale, nei primi sei mesi di pandemia, il 42% delle donne ha perso il lavoro, rispetto al 31% degli uomini, evidenziando ulteriormente le disuguaglianze che la crisi ha prodotto nella parità di genere. Le imprese più piccole, le imprese dell’economia informale e quelle con un accesso più limitato al mercato del credito sono state colpite maggiormente dalla crisi economica. Si stima che l'economia informale rappresenti circa il 34% del Pil in America Latina e in Africa subsahariana e il 28% del Pil in Asia meridionale. In India, oltre l'80% della forza lavoro è informale.
Le risposte dei Paesi. Anche le risposte dei vari Paesi, continua il Rapporto, sono molto diverse e riflettono le differenze nelle risorse e negli strumenti politici a disposizione dei governi. Molti Paesi a basso reddito hanno lottato per mobilitare le risorse necessarie per combattere gli effetti immediati della pandemia e hanno dovuto assumere nuovi debiti per finanziare la risposta alla crisi. La metà dei Paesi a basso reddito ammissibili all'Iniziativa a favore della sospensione del servizio del debito (Dssi) promossa dal G20, ad esempio, era già in difficoltà prima della pandemia. Durante il primo anno di Covid-19, lo stock di debito di questi Paesi è aumentato dal 54% al 61% del Pil, limitando ulteriormente la loro capacità di ripresa. Nei Paesi a medio reddito, la risposta fiscale è variata in modo significativo, riflettendo marcate differenze nella capacità e nella volontà dei governi di mobilitare risorse fiscali e di spesa per programmi di sostegno. In molti casi, le misure di emergenza fiscale sono state sostenute da interventi di politica monetaria: diverse banche centrali delle principali economie emergenti hanno utilizzato, per la prima volta nella storia, politiche monetarie non convenzionali come programmi di acquisto di attività. Questi programmi hanno sostenuto la risposta fiscale e fornito liquidità nel momento in cui ce n’era bisogno.
Crescono le disuguaglianze. Tuttavia, continua il Rapporto, questa tipologia di politiche monetarie ha prodotto una crescente disuguaglianza tra i Paesi, a causa dei vincoli che molti governi hanno dovuto affrontare nell'assistere famiglie e imprese. Nonostante la povertà sia aumentata a livello globale, i nuovi poveri estremi, persone che vivono con meno di 1,90 dollari al giorno, risiedono in Paesi a reddito medio-basso. La crisi economica ha esacerbato le fragilità economiche esistenti, soprattutto nelle economie emergenti. Affrontare i rischi economici prodotti dalla crisi è un prerequisito per una ripresa equa e sostenibile. Instabilità finanziaria, indebitamento delle famiglie e delle imprese, accesso ridotto al credito e aumento del debito sovrano sono i rischi principali a cui i governi dovranno dare risposte. Tuttavia, pochi governi hanno le risorse e il margine politico per affrontare tutte queste sfide contemporaneamente. I Paesi dovranno dare priorità alle azioni politiche più importanti. Per molti Paesi a basso reddito, la lotta al debito sovrano sarà la priorità. I Paesi a medio reddito, i cui settori finanziari sono più esposti al debito delle imprese e delle famiglie potrebbero, al contrario, concentrarsi su politiche a sostegno della stabilità finanziaria. Ma, continua il Rapporto, le prospettive di ripresa di un Paese dipenderanno anche dagli eventi dell’economia globale. Un esempio sono le fluttuazioni del prezzo delle materie prime primarie, importante fonte di reddito per molte economie emergenti. Serve un mix di politiche che tenga conto sia delle minacce interne che globali. Allo stesso tempo, la necessità di affrontare i rischi creati dalla pandemia offre l'opportunità per accelerare il passaggio a un'economia mondiale più efficiente e sostenibile. Il cambiamento climatico è una delle principali fonti di rischio trascurato nell'economia mondiale. La mancata gestione di questi rischi si tradurrà in continui errori di valutazione delle attività, allocazione errata del capitale e un circolo vizioso in cui i disastri climatici devastanti saranno aggravati da picchi di instabilità finanziaria. Il settore finanziario può aiutare ad attivare un circolo virtuoso riconoscendo e valutando i rischi climatici, in modo che i capitali fluiscano verso imprese e industrie più sostenibili.