Enrico Vanin: il vero sognatore non ha paura di fallire
Enrico Vanin CEO di Aon SpA, in un'intervista a Roberto Race di Borsa Italiana parla di innovatore e innovazione, progetti e speranze nel business dell'Italia che c'è e che verrà.
Inizia così la sua intervista Enrico Vanin indicando alcune frasi indimenticabili:
La logica ti porterà da A a B, l’immaginazione ti porterà dappertutto. (Einstein)
Mai dire mai. I limiti, come le paure, sono spesso solo delle illusioni. (Michael Jordan)
Non esiste curva in cui non si possa sorpassare. (Ayrton Senna)
The world is moving so fast these days that the man who says it can’t be done is generally interrupted by someone already doing it.
There is a way to do it better. Find it. (Thomas Edison).
A mind is like a parachute. It doesn’t work if it is not open. (Frank Zappa)
Amministratore Delegato di Aon S.p.A e di Aon Advisory and Solutions S.r.l., Enrico Vanin inizia la sua attività lavorativa nel 1999 in KPMG, con incarichi a livello internazionale in ambito corporate e di control governance, per poi passare a Luxottica nel 2004-2006, in qualità di responsabile dell’audit per le aree EMEA e Asia-Pacifico. Subito dopo approda in Aon con il ruolo di Chief Operating Officer, per essere nominato nel 2008 Amministratore Delegato di Aon Hewitt Risk & Consulting (ora Aon Advisory and Solutions), e nel 2016 Amministratore Delegato di Aon S.p.A.
D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. E’ un sognatore che crede profondamente nel proprio sogno, che non ha paura di fallire, perché gli ostacoli sono solo deviazioni nella giusta direzione. Un innovatore non permette a nulla di ostacolare la sua visione. Perché viviamo un’epoca di profonda “trasformazione”, disponiamo di tecnologie “esponenziali”, grazie alle quali vale il detto di Walt Disney “se puoi sognarlo, puoi farlo!!!”
D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
Le tecnologie esponenziali (infinite computing, AI, machine learning, robotica, sensori, 5G e reti ad alta velocità, IoE, biotecnologie, etc.) ci mettono di fronte a scenari sino a pochi anni fa impensabili, un vero e proprio salto di paradigma è possibile, non c’è “Industry” che non potrà sfruttare questo enorme potenziale tecnologico per trasformarsi, e radicalmente. Disporremo di materiali intelligenti e ad altissima prestazione, la medicina sarà in grado di curare malattie considerare incurabili e la farmaceutica di produrre medicinali e vaccini (non lo ha già fatto?) sempre più performanti e “taylor made” (oltre 40 farmaci tumorali avanzati sono già oggi in fase avanzata di ricerca, e già oggi si dice sia nato da qualche parte del mondo il primo uomo che vivrà sino a 150 anni), l’agricoltura, i trasporti, il settore dell’energia sono alle soglie di una vera e propria rivoluzione, ma non c’è un singolo settore che non riceverà dei benefici dall’applicazione di queste tecnologie. Un ragazzino africano con in mano uno smart phone dispone oggi di più informazioni di quelle a disposizione di Ronald Reagan come Presidente degli Stati Uniti negli anni 80 del secolo scorso …del millennio precedente!!!.
Ognuno può immaginare come applicare questo potenziale “esponenziale” al proprio settore. E quando penso a quello delle Assicurazioni penso che uno Tsunami è alle porte, e che da bravo Tsunami quando arriverà sarà improvviso, inatteso (veramente?) e devastante. Perché queste tecnologie possono contribuire in maniera massiva alle politiche di riduzione e mitigazione del rischio (pensiamo ai sensori, connessi, ai big data e agli analytic, a tutto quello che oggi si traduce in smart city, smart car, smart phone, smart shelve, smart factory, etc.), contribuire alla definizione di nuovi prodotti e servizi (analytics, analytics, analytics!!!!), ovviamente “taylor made”, abilitare i canali di accesso e di fruizione, grazie alla digitalizzazione, ai device, al 5G, e all’instant insurance, rivoluzionare le metodologie “assuntive”, che saranno ovviamente basate su dati dinamici e in “real time” (grazie ai sensori, tra di loro interconnessi, ai big data dagli stessi generati, ed alla capacità computazionale infinita, per esempio, il rischio di un auto in viaggio evolverà in funzione del traffico, del meteo, della tipologia di strada, delle condizioni di guida del guidatore, del suo stato di salute, etc.), e siamo ancora nel limite di quanto facilmente immaginabile….
D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Un leader deve creare le condizioni affinché le persone – tutte le persone – possano esprimere al meglio il loro potenziale, facilitando il processo “moltiplicativo” del lavoro di squadra. Un leader deve dare il buon esempio, altrimenti perde autorevolezza, deve pensare e preparare l’organizzazione per l’imprevisto e l’inatteso (vedi i cambiamenti disruptive) – e, se possibile, “essere quel cambiamento imprevisto ed inatteso”.
D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Ne vorrei citare due.
Prima di tutto, mia Moglie, perché crede in me ciecamente, e mi ha aiutato e mi aiuta a migliorarmi ogni giorno, insegnandomi che gli errori sono necessari, e mai fatali, che sbagliare è solo ritardare, e mai sconfitta, e fallisce solo chi smette di provare: temo il giorno in cui penserò di non aver più nulla da imparare o da migliorare, perché sarà il giorno in cui avrò finito di crescere e di migliorarmi.
Il mio mentore, Carlo Clavarino, che a dispetto del fatto di essere un manager tradizionale ed “analogico” (ma di grandissimo successo!!!) ha creduto in me, nella mia visione e nella mia capacità di “pensare fuori dagli schemi”, insegnandomi l’importanza di guardare alle cose da prospettive “diverse”, anche “quando non ancora necessario”: saper immaginare – e cercare – idee e soluzioni diverse ed alternative anche quando tutto funziona ancora molto bene è vera capacità di visione e di innovazione; riconoscere il talento delle persone e saper valorizzarlo è primato intellettuale e morale.
D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. Le paure sono tigri di carta! Mi fa quindi paura di avere paura, perché la paura spegne il cervello, inibisce – spreca – il talento, e non solo il proprio, paralizza, genera dubbi, e i dubbi uccidono più sogni di quanto i fallimenti mai potranno fare.
La mia speranza è di saper sempre prendere le cose con serenità e leggerezza, continuando a divertirmi, sempre, anche quando le cose non vanno esattamente come atteso, perché le cose non vanno quasi mai come si pensava, ed è forse proprio questo il bello, ma se si riesce a non perdere mai la fiducia in sé stessi le cose andranno “meglio” di quello che si sperava, e ci si scoprirà invincibili.
D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. Oggi sono focalizzato nello sviluppo delle opportunità connesse alle componenti meno tradizionali dell’azienda, come l’Affinity, in quanto canale distributivo innovativo e digitale, il mondo del “welfare” (incluso il tema della Silver Age), poiché di grandissima rilevanza in considerazione dei rischi connessi all’aumento e all’invecchiamento della popolazione, al tema degli stili di vita moderni, della cronicizzazione di alcune malattie, e delle difficoltà di finanziamento e di accesso alle cure dei siovatore e novaziostemi sanitari. Infine, sono interessato allo sviluppo dei servizi ancillari a quelli tradizionali assicurativi, poiché il più efficiente trasferimento al mercato assicurativo passa, e sempre di più passerà, attraverso la comprensione e la mitigazione dei rischi, per la quale è necessario un approccio olistico, multidisciplinare, consulenziale, ed integrato.
Per il futuro spero di poter abilitare l’azienda ad affrontare possibili trasformazioni disruptive, in modo che sia organizzativamente e culturalmente pronta ad accogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione, dagli analytics e dalle tecnologie esponenziali. E spero di farlo prima che sia “necessario”, ossia quando è ancora un’opportunità, un imprevisto, qualcosa di inatteso.
D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
R. Mi emoziona la bellezza, in tutte le sue manifestazioni, dalla natura, all’arte, un strada all’ombra di un bosco antico come la meraviglia di un monastero millenario in mezzo alla laguna silenziosa di Venezia, mi emozionano i gesti autentici, come incrociare il sorriso complice e divertito di uno sconosciuto, o assistere alla partita a scacchi tra due amici davanti ad un camino con un bicchiere di vino, e mi emozionano le grandi imprese, dalla determinazione di chi lavora senza sosta per disegnare un nuovo limite, al coraggio di chi sogna di andare su Marte, e lo farà.
Mi fanno arrabbiare la sciatteria, nelle persone, per le cose, quando affligge il proprio paese, e l’ignoranza, intesa nel suo senso più primitivo, ossia come “mancanza di conoscenza”, perché, come dice Spinoza, “l’unico vero bene è la conoscenza, e l’unico vera male è l’ignoranza”.