Lockdown, UCIMU: due mesi è il limite massimo, mercato -41%

Intervista al Direttore generale di UCIMU- SISTEMI PER PRODURRE, Alfredo Mariotti.

Lockdown, UCIMU: due mesi è il limite massimo, mercato -41%

UCIMU - Sistemi per produrre ha la fotografia, attraverso la vendita di macchinari, degli investimenti delle aziende nel Paese. Ci siamo rivolti al Direttore Generale, Alfredo Mariotti, per fare il punto sullo stato del settore. 

Mariotti, per prima cosa le chiedo una fotografia del comparto Sistemi di produzione.

Le aziende sono quasi totalmente chiuse, escluse quelle poche che sono riuscite a collegarsi alle attività delle filiere aperte (nella logica della continuità aziendale prevista dai DPCM 22 marzo e 10 aprile, ndr). Si è potuto ancora fare qualche consegna, ma poi anche questa attività è andata al naturale esaurimento.

Qual è ad oggi l’impatto del lockdown?

Molto forte, perché, pur essendo centrale nella produzione del Paese, il settore non è stato ritenuto fra quelli strategici che potevano rimanere aperti. Se questo era comprensibile nell’immediato, in cui ci si è concentrati sull’emergenza, noi non abbiamo compreso l’esclusione successiva, che perdura tutt’ora. Fra l’altro il nostro è fra i settori organizzati al meglio per rendere la fabbrica anche più sicura dell’abitazione.

Parliamo di numeri.

Dalla prima analisi trimestrale emerge che, mentre i primi due mesi erano in linea con il 2019, a marzo gli ordini sono scesi -41,3%. Un vero crollo. Ha tenuto meglio l’estero con -4,4%. Nel nostro settore gli altri Paesi hanno impostato una politica diversa: le aziende spagnole e tedesche, per esempio, hanno continuato, anche se magari in alcuni casi a ranghi ridotti. 

Il dato è generalizzato all’interno del comparto?

Si, anche se è stato sentito meno nel settore della deformazione ed è più forte nei settori collegati alla macchina utensile.

C’è anche un problema di percezione all’estero?

Questa comunicazione eccessivamente pesante del governo sulla situazione del Paese ha convinto il mondo che l’Italia fosse moribonda. Ci sarà bisogno di una comunicazione successiva per rimettere a posto le cose, perché, se vediamo, negli Stati Uniti, in Spagna e in Francia l’andamento sanitario sta andando peggio che in Italia. Ma quando mi telefonano dagli USA quasi si stupiscono di trovarmi vivo.

Quali pericoli sta correndo le vostre aziende?

La cosa più pericolosa è che i clienti che hanno bisogno di ricevere materiali si rivolgono a alla concorrenza, ad esempio coreana o cinese. Bisognerà lottare molto per rientrare anche su mercati e clienti fidelizzati.

Qual è secondo lei una deadline per la riapertura?

Per quanto ci riguarda, più di così non si può attendere: due mesi senza fatturato significa portare le aziende ai limiti del crollo. Oltretutto, anche se ci facessero aprire oggi, rimettere in pista la produzione e incominciare a ricevere ordini non avverrà dalla sera alla mattina.

Avete sensibilizzato il governo?

Ovviamente si, insieme con Confindustria abbiamo spiegato la strategicità del settore e atteso con ansia ogni provvedimento emanato. Ma per adesso abbiamo ottenuto solo la riapertura per la fornitura di ricambi.

In allegato la nota UCIMU. 

 

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