Rapporto estero 2021 di Confimprese

Comfimprese nel suo studio evidenzia segnali contrastanti per lo sviluppo sui mercati internazionali.

Rapporto estero 2021 di Confimprese

CENTRO STUDI RETAIL CONFIMPRESE

Nel 2021, con 390 aperture e 128 chiusure, il retail made in Italy punta a un saldo netto di 262 nuovi punti vendita nel mondo.

Prospettive migliori per il non food, che anche in Italia nell’anno della pandemia ha beneficiato delle minori misure restrittive, ma ristorazione e abbigliamento mostrano un importante congelamento

È una fotografia in chiaro scuro quella che emerge dalle ultime rilevazioni del Centro studi retail Confimprese sull’internazionalizzazione delle aziende italiane e sui piani di sviluppo stimati per l’anno in corso.

Su un panel di circa 40 rispondenti di medie e grandi dimensioni, la previsione è pari a 390 aperture e 128 chiusure, che porta il delta a 262 nuove aperture. È un quadro generale che riflette la situazione pre-pandemica: nel 2020 i punti vendita delle imprese associate presenti all’estero erano 3620, di cui 2491 nel non food, 620 nell’abbigliamento e accessori, 509 nella ristorazione.

Il settore con prospettive migliori è il non food con 292 aperture: in testa immobiliare, make up e cura persona, arredo casa, comparti che anche in Italia sono stati soggetti a un regime meno restrittivo delle misure di contenimento del virus.

Seguono molto distanziati l’abbigliamento e accessori con 54 punti vendita e la ristorazione con 44, numeri irrisori che segnalano un momento di stallo preoccupante per due settori fondamentali del made in Italy.

«La previsione di aperture sui mercati esteri – dichiara Mario Resca, presidente Confimprese – denota la necessità del retail di proseguire nello sviluppo delle reti distributive per conquistare quote di mercato in Paesi come il Sud-est asiatico e il nord America, dove permane l’interesse per i prodotti iconici del made in Italy. Le imprese hanno beneficiato anche della crescita dei prestiti Sace, che nel 2020 ha mobilitato risorse per 46 miliardi raddoppiando i volumi del 2019 a supporto dell’internazionalizzazione delle imprese e sostenendo circa 15mila imprese di medie e piccole dimensioni. Le sfide di oggi si giocano in un contesto diverso dal passato, saranno vincenti le imprese preparate a muoversi in un nuovo mondo, dove digitale e sostenibilità sono le parole chiave per rivolgersi alle nuove generazioni di consumatori globali. Per rispondere all’urgenza del momento e rafforzare il posizionamento strategico del made in Italy sui mercati di domani è importante l’azione di supporto del nostro sistema Paese».

Chiusure punti vendita nel 2021

Nelle 128 chiusure di esercizi commerciali dichiarate per il 2021 prevalgono quelle nel non food, 65, contro le 63 di abbigliamento e accessori. Un segnale che arriva dalla volontà dei retailer di concentrarsi su Paesi che sembra stiano reagendo meglio alla crisi.

Paesi di destinazione: Europa, Russia e Israele per il non food.

Europa, Arabia Saudita e Usa per abbigliamento e ristorazione

Non è un caso che nel 2021 tra i Paesi di destinazione ci siano soprattutto Asia, Arabia Saudita, Oman. Sono gli stati dove i tempi dell’emergenza sanitaria sembrano avvantaggiare i Paesi colpiti prima o meno intensamente o che hanno reagito più in fretta. È un ulteriore fattore di spostamento verso oriente dell’orizzonte del commercio internazionale. Da segnalare che solo il 3,2% dei rispondenti dichiara aperture in Cina.

Il non food marca sia i territori extra Europa, soprattutto Israele e Russia, sia il Vecchio continente con una predominanza di Spagna, Francia, Germania, Svizzera, paesi di sbocco per la cura persona, l’arredo casa e l’immobiliare.

Abbigliamento e accessori si focalizzano su Arabia Saudita, Russia, Egitto, Azerbaijan, Marocco, dove il fascino del made in Italy è la cifra iconica che attrae i consumatori locali.

La ristorazione strizza l’occhio all’Europa (Germania, Spagna, Svizzera e Regno Unito) con la Francia in testa, in quanto è un mercato di prossimità con un’attenzione alimentare simile alla nostra e un’offerta del cibo che non è destrutturata come nei Paesi anglosassoni. Una situazione questa che rimarca quella delle precedenti rilevazioni del biennio 2018-2019, che registravano il maggior numero di aperture da parte dei retailer italiani in Francia. Buone le prospettive di sviluppo della ristorazione anche negli Usa. Assenti i Paesi asiatici.