Agricoltura 4.0, il punto di Borsa italiana

Aziende già consolidate e startup: anche in Italia si lavora per coltivare in modo sempre più efficiente e sostenibile, grazie all’impiego di tecnologie all’avanguardia.

Agricoltura 4.0, il punto di Borsa italiana

Produrre in loco, in qualsiasi condizione climatica e ambientale, aumentare quantità e frequenza dei raccolti impiegando meno risorse. Sono gli imperativi dell’agricoltura 4.0. Non si tratta solo di accontentare il consumatore con cibi più sani, freschi e sostenibili, ma anche di andare verso qualcosa di cui il Covid-19 ci ha mostrato chiaramente l’importanza: il decentramento delle attività produttive.

Vertical farm e oltre

In Italia già da diversi anni ci sono delle aziende agricole che applicano le tecnologie più avanzate per potenziare e razionalizzare le produzioni.

Ferrari Farm, a Lago del Salto (Rieti), comprende un agriturismo a cinque stelle, frutteto e orto biologici e tre serre completamente automatizzate, di cui due al sole e una in verticale, illuminata da lampade a led. «L’aria all’interno non è contaminata da inquinanti e da agenti patogeni, non servono trattamenti fitosanitari. Le condizioni permettono raccolti multipli e uno sviluppo straordinario dei vegetali. Pomodori tutto l’anno, basilico per nove mesi, con piante alte e vigorose». A spiegarlo è la titolare Giorgia Pontetti, che realizza anche serre chiavi in mano per avviare nuove produzioni. «In 100 mq indoor si possono installare 216 mq di coltivazione verticale a quattro livelli, per esempio insalate, con una produzione di 10.600 piante al mese, più di 127.000 piante all’anno».

Sfera agricola, nel Grossetano, è stata creata nel 2016 da Luigi Galimberti, un passato come imprenditore edile. È una serra idroponica innovativa, in cui si coltivano pomodori, insalate e basilico, con zero residui chimici e un minimo consumo d’acqua. L’azienda è stata finanziata dal fondo di capitale Oltre Venture. «Tra il primo contatto e l’ok al progetto sono passati pochi giorni – racconta Galimberti –. Poi ci sono stati accordi con la Gdo, sviluppo packaging e brand, permesso di costruzione, su un terreno ben servito da strade e ferrovie. Abbiamo realizzato bacini per il recupero dell’acqua piovana e la serra più grande del Centro Europa, su 13 ettari». L’investimento è stato di 20 milioni di euro, di cui in parte provenienti dal fondo di capitale Oltre Venture, Il secondo anno il fatturato è stato di 8 milioni di euro, il terzo di 12 milioni. L’impresa impiega 230 addetti. Tra i progetti futuri, figurano la quotazione in borsa e l’affiliazione di piccoli proprietari di serre di dimensioni ridotte.

Il futuro sta arrivando

Ono Exponential farming è una startup fondata a San Giovanni Lupatoto (Verona). Il suo nome è ispirato a Taiichi Ohno, inventore del Toyota Production System, metodo di ottimizzazione e riduzione degli sprechi. Applicarlo anche all’agricoltura, “robotizzando” le vertical farm, è la strategia di Thomas Ambrosi, imprenditore nella metalmeccanica, nell’automazione industriale e nella logistica. «Le nostre tecnologie aumentano i profitti delle vertical farm, abbattendo i consumi di acqua ed energia e riducendo i costi per il personale – spiega Ambrosi –. Su 100 mq possiamo ottenere una coltivazione di 2.500 mq, 20 volte più profittevole rispetto alle urban farm, 3 volte più densa delle vertical farm, 500 volte maggiore rispetto alla stessa superficie in campo aperto». La startup ha raccolto 1,2 milioni di euro da investitori diretti e altri 500mila euro di assegni dalle università di Verona e Padova. «Distribuiremo e faremo contratti in Italia e all’estero, a partire dagli Usa». Ambrosi prevede nuove installazioni nel 2021, finalizzate a produrre vegetali per l’industria farmaceutica e cosmetica.

Planet farms è in fase di costruzione a Cavenago Brianza, nei pressi di Milano, e promette di essere la più grande vertical farm d’Europa: la superficie sarà infatti di oltre 9mila mq. La società è fondata da Luca Travaglini (l’azienda di famiglia realizza stabilimenti alimentari) e Daniele Benatoff (anni nel settore finanziario e come business angel), con il supporto di una cordata di soci strategici (grandi società e imprenditori italiani e stranieri). «L'investimento nella società è di quasi 20 milioni, il prodotto sarà sugli scaffali nella primavera del 2021. In programma c’è anche la costruzione di altri cinque stabilimenti in diversi paesi europei, tra cui Svizzera e Regno Unito, nei prossimi anni» hanno dichiarato i fondatori.

Non solo idroponica

Ma l’agricoltura 4.0 non è solo vertical farm o serre idroponiche. Il mercato, che circa 400 milioni di euro (dati Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e dell’Università degli studi di Brescia), comprende anche tutti gli interventi per innovare e razionalizzare l’impresa agricola.

Molte startup sono nate o stanno nascendo per rispondere con applicativi e servizi ai bisogni tecnologici delle aziende. In Italia, poi, l’innovazione ha anche a che fare con colture tradizionali, prodotti legati ad antichi metodi di produzione, filiere corte e controllate. In questo ambito, la tecnologia può tutelare il made in Italy, per esempio attraverso la blockchain.

Almaviva è un gruppo italiano Ict che ha fatturato 823 milioni di euro, nel 2018. Accompagna la Pubblica amministrazione e le aziende nella trasformazione digitale, compresa l’Agricoltura 4.0. «Implementiamo la piattaforma Sian, Sistema agricolo informativo nazionale (www.sian.it). Con l’app eNology, i consumatori possono conoscere tutta la filiera di produzione di un vino, dalla vigna alla bottiglia, tramite smartphone e tablet» racconta Fulvio Conti, Responsabile Practice Agricoltura e Ambiente di Almaviva. Il gruppo ha anche sviluppato, con il Consorzio Arancia Rossa di Sicilia Igp, Rouge (Red Orange Upgrading Green Economy), una piattaforma per la tracciabilità in cui applica competenze in ambito blockchain, IoT, IA e realtà virtuale.

Per rispondere a questi bisogni, si fanno strada aziende ad alta crescita, che applicano le tecnologie più avanzate. L’obiettivo è garantire nutrimento a km 0, senza pesticidi e sostanze inquinanti, riducendo il più possibile il consumo di suolo e risorse naturali.