Il piano di sostenibilità di UNICREDIT

UniCredit: l’impegno della banca per un cambiamento sostenibile.

Il piano di sostenibilità di UNICREDIT

"UniCredit ha smesso di finanziare la produzione di energia elettrica derivante dal carbone. Da quest’anno non finanzia i soggetti economici che abbiano un fatturato da carbone oltre il 25% e chiederà anche che queste imprese non avviino nuove attività collegate al carbone e presentino, anzi, un piano di uscita da queste attività entro il 2028. Sono scelte ambiziose, spontanee e non imposte da nessun regolatore, un obiettivo che conferma il ruolo di primo piano della nostra banca nell’ampio discorso sulla sostenibilità". Roberta Marracino, membro del Comitato manageriale (Executive Management Committee) di UniCredit a capo della strategia ESG e dell’Impact Banking, ha un punto di vista privilegiato sui progetti di sostenibilità della banca di piazza Gae Aulenti, FTA l'ha intervistata sul tema.

È strategia, non tattica, perché i piani di sostenibilità si nutrono di obiettivi di medio e lungo termine e perché le tematiche ESG di una banca vanno ben oltre le politiche interne di gestione dei rischi ambientali, sociali e di governance e si riversano sul core business degli istituti di credito. Sul come e a chi prestano denaro. Informano dunque la società di nuovi ambiziosi doveri.

Ma poi avete inserito degli obiettivi di sostenibilità nel piano di incentivazione di lungo termine del management?

"Lo abbiamo fatto. Dal 2019 abbiamo inserito fattori di sostenibilità, che pesano per il 10% della remunerazione variabile a lungo termine del top management nel piano di incentivazione. Inoltre abbiamo annunciato target specifici che coprono le tematiche ambientali, l’efficienza interna (dalle emissioni, ai consumi del nostro gruppo), la dimensione sociale e di governance. La sostenibilità è un’istanza strategica per UniCredit e quindi permea la sua gestione ai massimi livelli. Abbiamo un comitato endoconsiliare dedicato a "Corporate Governance, Nomination and Sustainability" che conferma già un coinvolgimento del board su queste tematiche. Inoltre abbiamo creato l’ESG Strategy Committee, composto da membri del top management (quindi dell’Executive Management Committee - EMC - che riunisce tutto il top management di UniCredit, ndr): è un comitato che indirizza la strategia, monitora e coordina queste istanze trasversali confrontandosi con tutte le funzioni chiave della banca, dal business corporate all’asset management, dalle risorse umane ai rischi. D’altronde in questo campo è cresciuta una positiva pressione regolatoria di soggetti come l’EBA o la Bce (per esempio con il nuovo Climate Risk Stress Test) e il tema dell’integrazione delle istanze ESG è diventato di stringente attualità per tutte le banche".

Per una banca come UniCredit, di dimensione europea e globale, ma anche con un forte radicamento italiano, le metriche ESG devono spesso confrontarsi con un’ampia platea di PMI che non possono permettersi un bilancio di sostenibilità, ma che hanno comunque bisogno di credito, soprattutto in tempi di Covid. Come declinate la vostra sostenibilità sull’economia dei piccoli?

"Abbiamo sviluppato delle modalità di valutazione ESG anche per le PMI, quindi abbiamo superato la parametrica dei grandi soggetti finanziari per proiettare anche sulle piccole realtà modelli di valutazione della sostenibilità concreti e percorribili. Esistono grandi schemi in evoluzione per la reportistica ESG, l’Europa sta lavorando sulla convergenza della tassonomia per la finanza responsabile con risultati già importanti sul fronte dei green bond. Siamo presenti in tutti questi tavoli, ma siamo anche una banca commerciale presente sui territori e nei primi nove mesi del 2020, durante la pandemia, abbiamo supportato con 14,2 miliardi di euro di prestiti garantiti le PMI, promuovendo, al contempo, 36,2 mld di moratorie. Ad oggi UniCredit ha erogato 4.230 finanziamenti tra Microcredito e Finanziamenti a Impatto sociale a sostegno di progetti / microimprenditori per un importo complessivo di circa 181 milioni di euro.
Promuoviamo anche l’educazione finanziaria, che è fondamentale e ci ha visto coinvolgere 307 scuole italiane solo l’anno scorso. Attraverso UniCredit Foundation sono stati supportati 5.600 progetti per un totale di 49 milioni di euro e circa 350 borse di studio e di ricerca per 1.000 studenti e ricercatori per un valore di quasi 20 milioni di euro.

Avevamo il target di un aumento dei prestiti a privati per l’efficienza energetica in Europa dell’Ovest del 25% al 2023 (rispetto al 2008): siamo già a una crescita del 46 per cento. Puntavamo alla riduzione delle nostre emissioni di CO2 del 60% entro il 2020 (sempre rispetto al 2008 prodotte direttamente dal gruppo): sicuramente abbiamo già raggiunto l’obiettivo e ora guardiamo all’80% entro il 2030".

Per una banca la concessione del credito può avere un ruolo di primo piano per la gestione della sostenibilità: come agite in questo ambito?

"Abbiamo ben chiaro questo aspetto. Abbiamo aderito a PACTA (Paris Agreement Capital Transition Assessment ndr), un accordo scaturito proprio dall’Accordo di Parigi con l’obiettivo di allineare il portafoglio creditizio agli scenari del cambiamento climatico, intervenendo dunque in maniera sistemica sull’economia dal lato finanziario. È un tema gigantesco, ma abbiamo già terminato il primo calcolo delle emissioni collegate ai quei cinque settori (oil & gas, power, automotive, steel e cemento) che PACTA monitora. Possiamo procedere ponendoci degli obiettivi con una precisazione".

Quale?

"Gli obiettivi di decarbonizzazione del portafoglio crediti sono e devono essere concreti e sostenibili sotto tutti gli aspetti, compreso quello sociale. Se per esempio finanziamo una società che promuove il revamping di una centrale termoelettrica abbattendone drasticamente le emissioni, noi assolviamo al nostro compito, che è quello di promuovere un’economia green. Chi sostiene in modo semplificato l’uscita totale da un settore non tiene in considerazione che in quello stesso settore ci possano essere anche attori più o meno virtuosi. Il nostro compito è di incentivare questi comportamenti virtuosi, finanziare la transizione di chi non lo è abbastanza ma vuole diventarlo e ridurre la collaborazione con i più renitenti al cambiamento. In Italia la nostra conoscenza del territorio d’altronde ci ha fatto scoprire sensibilità inattese, piccoli imprenditori interessati davvero a portare la dimensione ESG nel proprio business. Molte imprese si sono accorte che un’azienda purpose driven, che ha una missione non limitata al profitto, può vantare clienti più fidelizzati e dipendenti più motivati. A conferma del nostro impegno a finanziare questo tipo di progetti, voglio ricordare tre numeri: nei primi nove mesi del 2020 siamo stati arranger di 24,3 miliardi di euro di green & sustainable bond, abbiamo contribuito all’emissione di 6,5 miliardi di euro di social bond, abbiamo emesso quasi 32 miliardi di green & sustainable loan e registrato esposizioni al settore delle rinnovabili per 6,3 miliardi di euro".

E le vostre persone? UniCredit come porta la sostenibilità tra la propria gente?

"Gli esempi sono numerosi. Voglio ricordare che tra gli obiettivi del piano di incentivazione del top management c’è la soddisfazione non solo del cliente, ma anche del dipendente. Abbiamo investito in formazione e politiche tese al comportamento etico dei nostri dipendenti, contro la corruzione, contro il sexual harassment, a favore della diversity & inclusion. Su quest’ultimo fronte siamo all’avanguardia. Abbiamo l’obiettivo di un 20% di componente femminile nel top management entro il 2022 e del 30% per l’anno successivo. Oggi siamo al 16%, ma tra le tante iniziative che abbiamo avviato c’è anche l’impegno diretto dei 25 executive manager del comitato EMC a sponsorizzare la crescita di una o due manager donna affinché possano ricoprire in breve tempo posizioni da executive. Sono obiettivi che poche altre banche nel mondo si sono poste".