Bankitalia: le PMI e la transizione climatica e ambientale
Riportiamo l'intervento della Banca d'Italia alla Conferenza "Finanza e disclosure ESG" di Confindustria.
Il processo di transizione verso modelli di produzione e consumo attenti alla sostenibilità è un fenomeno globale, che ha profonde ripercussioni sulle imprese e gli intermediari finanziari. L’Europa ha adottato una legislazione particolarmente ambiziosa in materia di sostenibilità, che impone nuovi obblighi sulle imprese. Poiché le PMI non quotate sono escluse da molti di tali obblighi1 , un osservatore frettoloso potrebbe concludere che questo tema le riguardi solo marginalmente. In questo intervento argomenterò che questa conclusione sarebbe errata, ed evidenzierò alcuni passi che le PMI e gli intermediari potrebbero compiere assieme, con mutuo beneficio, lungo il complicato cammino della transizione ambientale.
1. Il cammino verso una maggiore sostenibilità è irreversibile
La comunità scientifica internazionale è oramai concorde nel riconoscere che il cambiamento climatico è in atto e che esso è sostanzialmente imputabile al ricorso alle fonti fossili di energia. La graduale presa di coscienza di questi fatti sta avendo molteplici conseguenze.
Stanno cambiando i comportamenti e le abitudini di consumo delle persone, sempre più attente ai temi della sostenibilità. Si tratta di un processo assai eterogeneo, che vede le economie emergenti aumentare i consumi pro-capite, compresi quelli energetici, partendo da livelli molto inferiori a quelli dei paesi industrializzati; e questi ultimi ridurre i consumi energetici, a causa delle dinamiche demografiche, del miglioramento delle tecnologie, della presa di coscienza dei problemi climatici da parte della cittadinanza2 . È anche un processo graduale, probabilmente troppo lento rispetto agli obiettivi di Parigi, ma che sta avendo effetti assai rilevanti sui mercati di alcuni prodotti e sta indirizzando in misura crescente i piani strategici delle imprese e il mondo della ricerca, industriale e accademica. Stanno progressivamente cambiando anche gli orientamenti dei governi, seppure con notevoli differenze nelle politiche nazionali. Si può discutere dell’equità dello sforzo richiesto alle economie emergenti, o della riluttanza di alcuni paesi ad abbracciare seriamente gli obiettivi dell’Accordo di Parigi; si può argomentare che il cambiamento sia insufficiente per conseguire gli obiettivi di contenimento delle temperature o, all’estremo opposto, che sia troppo rapido, mettendo a rischio intere filiere produttive, crescita economica e occupazione. Ma non c’è alcun dubbio circa la direzione di marcia che caratterizza le politiche pubbliche. Questi mutamenti nelle leggi e nei comportamenti della popolazione si stanno riflettendo su tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione. Quelle più attente ai temi della sostenibilità hanno già da tempo apportato significativi cambiamenti al proprio modello di business e definito piani industriali che, oltre a contribuire alla transizione, creano valore. Due esempi: oggi l’investimento in autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e in efficienza energetica è in grado di coniugare gli obiettivi di profittabilità con quelli di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico; i prodotti a basso impatto ambientale tendono ad essere più domandati, a parità di altre condizioni.
2. Il mondo della finanza sta lavorando sui rischi di sostenibilità
Le imprese finanziarie sono divenute attente al tema della sostenibilità per due motivi principali. In primo luogo, come tutte le altre imprese esse reagiscono alle spinte provenienti dalla legislazione e dalla clientela. In secondo luogo, si stanno attivando per valutare i possibili effetti dei cambiamenti climatici e ambientali sulla rischiosità dei propri bilanci; lo stimolo proviene dalla vigilanza, ma anche dalle regole contabili3 . Dalle recenti tavole rotonde tenute dalla Vigilanza con gli intermediari finanziari italiani è emerso un fermento di iniziative. Banche e SGR di maggiori dimensioni stanno modificando i propri modelli con lo scopo di valutare come le caratteristiche di sostenibilità delle controparti – in particolare, misure di rischio fisico e di transizione – impattino sulle stime dei parametri chiave del processo creditizio (LGD e PD). Questo sforzo riguarda ovviamente tutte le controparti, incluse le PMI. A questo fine, gli intermediari fanno ampio ricorso a dati acquistati da fornitori professionali. Questi ultimi usualmente non possiedono dati affidabili e granulari per le imprese che non pubblicano una dichiarazione non finanziaria, e ricorrono pertanto a stime, che tipicamente fanno leva sugli indicatori disponibili: dati medi per settore, classe dimensionale, disaggregazione territoriale, ecc. Ne consegue che le imprese il cui profilo di sostenibilità risulta migliore della media hanno forti incentivi a fornire i propri dati agli intermediari, e dunque che le imprese non disponibili a fornire dati tenderanno a essere percepite, a torto o a ragione, come meno sostenibili. In altre parole: la mancanza di informazioni di sostenibilità tenderà ad essere interpretata come indice di non sostenibilità, con possibili ripercussioni negative sull’accesso ai finanziamenti. Lavori per misurare la rilevanza degli indicatori di sostenibilità nel profilo di rischio di impresa possono favorirne l’integrazione nel processo di selezione degli attivi e sono in corso in ambito accademico, presso altri intermediari (come le assicurazioni), le agenzie di rating e anche presso le stesse banche centrali4 . Le evidenze al momento disponibili non sono tuttavia ancora sufficientemente univoche, sistematiche e robuste da giustificare proposte di modifica dei parametri prudenziali per il calcolo dei requisiti di capitale. Pur in assenza di queste modifiche, gli intermediari segnalano l’intenzione di agire sulle leve disponibili (condizioni di prezzo) per promuovere prodotti finanziari che favoriscano progetti con buone caratteristiche di sostenibilità (ad esempio prestiti, mutui e obbligazioni “verdi”)...continua a leggere l'intervento sul sito di Bankitalia