Indagine criptovalute. Secondo Oam conosciute solo dal 39%
Sondaggio su 774 soggetti italiani con più di 18 anni. Il 14% di coloro che ha solo sentito parlare di valute virtuali è però pronta a investire. Al via oggi il Registro al quale dovranno iscriversi gli operatori
Un 89% che ha sentito parlare qualche volta di criptovalute contro l’11% che non ne sa nulla, e una quota consistente che ha invece una buona conoscenza delle valute virtuali. Sono alcuni degli elementi che emergono da un’indagine svolta dall’OAM, Organismo Agenti e Mediatori, in collaborazione con l’Università di Tor Vergata, tra un campione di 774 italiani, equamente diviso tra uomini e donne e rivolto ad una platea con più di 18 anni.
Dall’indagine, consultabile al link, nel giorno in cui si apre il Registro degli operatori in valute virtuali gestito dall’Organismo, emerge che il numero di rispondenti che non hanno conoscenze sul tema delle criptovalute è pari all’11% del campione totale, di cui il 67% è rappresentato da donne ed il 33% da uomini. Il 56% mostra di avere poche conoscenze finanziare, mentre il restante 44% ha dimostrato di avere per lo più buone conoscenze finanziarie (28%) o addirittura ottime conoscenze (16%).
Tra chi conosce le criptovalute il 64% ha buone conoscenze finanziarie
Il numero di rispondenti che hanno dichiarato di aver sentito parlare di criptovalute corrisponde all’89% del campione totale (ossia 692 rispondenti). Equamente distribuito sulla base del genere (52% uomini e 48% donne) il sottocampione si caratterizza per un buon livello di conoscenze finanziarie: il 64% dei rispondenti possiede buone o ottime conoscenze finanziarie, il 25% ha un discreto livello di conoscenze e solo l’11% non ne ha affatto. Relativamente alle valute virtuali però il 61% del sub campione sostiene di avere limitate
conoscenze sulle nuove valute digitali, mentre il restante 39% dimostra di avere una buona (33%) o addirittura una approfondita e accurata conoscenza (6%).
Chi ha maggiori conoscenze finanziarie investe di più in criptovalute
Dal sondaggio emerge che all’aumentare del livello di conoscenza sulle criptovalute aumenta la propensione all’investimento. Tra il 61% che ha “sentito parlare poche volte di criptovalute”, il 74% non intende investire in criptovalute, l’11% ha dichiarato di avere acquistato in passato criptovalute ma non lo farà in futuro mentre il 14%, nonostante la conoscenza superficiale, ha comunque intenzione di acquistarle per la prima volta in futuro; l’1% ha espresso la propria intenzione di continuare anche in futuro gli investimenti passati in criptovalute.
Nel gruppo che ha dichiarato di avere “una buona conoscenza delle criptovalute” (il 33% del sottocampione) il 39% ha dichiarato di non aver mai acquistato in passato valute digitali e di non avere intenzione di acquistarle in futuro; il 23% non ha intenzione di ripetere in futuro gli investimenti in criptovalute; il 29% e il 10% ha dichiarato rispettivamente di avere intenzione di acquistare per la prima volta in futuro le valute digitali e di dare continuità agli investimenti passati.
Infine, tra coloro che hanno dichiarato di avere “approfondito accuratamente la conoscenza sulle criptovalute” (il 6% del sottocampione) il 29% dei rispondenti ha dichiarato di aver acquistato in passato criptovalute ma non lo farà in futuro; il 37% ha intenzione di acquistarle per la prima volta in futuro; il 22% darà continuità ai propri investimenti passati in criptovalute; soltanto il 12% ha invece rivelato di non voler investire neanche in futuro sulle valute digitali.
La maggioranza di chi investe non oltrepassa la soglia dei 10mila euro
Tra il 41% del sub campione che ha dichiarato di aver acquistato o di voler acquistare in futuro criptovalute la maggioranza (il 58%) è propensa a investire fino a 10mila euro, il 17% tra 10.000 e 24.999 e il 13% un importo tra 25.000 e 39.999 euro. Il 6% ha dichiarato di avere intenzione di investire importi superiori, mentre il 5% non ha indicato importi. Relativamente alle caratteristiche che renderebbero un investimento finanziario interessante per i soggetti intervistati, alta preferenza è stata posta su elevanti rendimenti (39%) e buona diversificazione del portafoglio (33%) mentre poca importanza viene attribuita all’elevato potenziale speculativo, l’anonimato o alla possibilità di perdere un’ottima opzione di investimento.
Complessivamente dalla ricerca emerge come il livello di investimenti in criptovalute dipenda dal livello di educazione finanziaria mentre non risulta influenzato dal livello di istruzione.
Tra chi ha sentito parlare di criptovalute solo il 41% pensa che diventeranno un mezzo di pagamento
Per quanto concerne la probabilità di utilizzo futuro delle criptovalute rispetto alla tradizionale moneta, il 59% del sottocampione che ha sentito parlare di criptovalute la ritiene per nulla (14%) o poco probabile (45%). Il restante 41% dimostra, invece, più fiducia verso l’utilizzo del nuovo strumento di pagamento. Analogamente il 55% del sottocampione ritiene per nulla (12%) o poco probabile (43%) che le criptovalute possano sostituire gli attuali strumenti di pagamento elettronici, mentre il restante 46% lo ritiene piuttosto o addirittura molto probabile. L’analisi ha poi individuato tre cluster tra quanti hanno sentito parlare di valute virtuali. Ci sono i ‘colti’, pari al 32% del sottocampione, che rappresentano una figura di consumatore con alto grado di istruzione e basso livello di investimenti in criptovalute. Caratterizzati da una maggioranza femminile, sono scettici sulla probabilità che le criptovalute possano in futuro sostituire gli attuali strumenti di pagamento elettronici. In generale sono soggetti che tendono ad essere rilassati e diffidenti. Poi ci sono i “criptovalutari” pari al 24% del sottocampione. Sono quelli che effettuano importanti investimenti in criptovalute e che, nella scelta dell’investimento da effettuare, puntano su strumenti ad alto potenziale speculativo. Hanno un alto livello di conoscenza finanziaria e sono soggetti che generalmente si lasciano condizionare dalle proprie emozioni, perdendo la calma in situazioni di stress. Infine, i “senior”, il 44% del sottocampione, che hanno un’età media più alta e investono meno in criptovalute agli altri due cluster. Al basso grado di investimenti in asset digitali viene associato un livello di educazione finanziaria inferiore alla media registrata sull’intero campione. Anche nel gruppo dei “senior”, come per i “colti”, è possibile riscontrare una scarsa fiducia sulla capacità delle criptovalute di rimpiazzare, nel sistema dei pagamenti, le attuali monete in corso legale. Sono per lo più persone diffidenti e che tendono a ricoprire ruoli da leader.