Dl Pnrr, Ance: serve piena attuazione degli investimenti
Audizione dell'Associazione presso la Commissione Bilancio del Senato sul DL PNRR, il PNC e l’attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune.
Il Vicedirettore generale, Romain Bocognani, il 6 marzo ha evidenziato in premessa di Audizione, che il decreto legge rappresenta il terzo provvedimento governativo emanato con l’obiettivo di velocizzare l’attuazione del PNRR e si inserisce in un contesto che, a oltre un anno e mezzo dall’approvazione del PNRR, mostra alcune difficoltà nell’attuazione degli investimenti, sebbene risultino raggiunte le milestone e i target finora previsti e le risorse siano state programmate e ripartite molto velocemente. Il 92% dei 108 miliardi destinati ad investimenti del settore delle costruzioni risulta infatti assegnato ai territori.
Gli unici dati ufficiali al momento disponibili sono quelli della Nota di aggiornamento al DEF 2022 di settembre scorso. Secondo il documento programmatico, tra il 2020 e il 2022 la spesa pubblica attivata dal PNRR ha raggiunto 20,5 miliardi di euro, contro 33,7 miliardi previsti ad aprile scorso. In particolare, nell’ultimo anno la spesa ammonta a circa 15 miliardi, poco più della metà di quella prevista. Si tratta peraltro di valori stimati che con molta probabilità saranno rivisti una volta che il monitoraggio sarà reso più efficace.
Le cause di tali ritardi sono note.
- Gli eccezionali rincari delle materie prime e dei prodotti energetici, emersi a partire dalla fine del 2020 ed acuiti con lo scoppio della guerra in Ucraina, hanno determinato uno slittamento in avanti dei cronoprogrammi degli investimenti.
- La cronica debolezza delle amministrazioni pubbliche, fortemente depotenziate dopo anni di blocco del turnover, che ha determinato la riduzione, l’invecchiamento e il conseguente impoverimento delle competenze del personale pubblico, sta ostacolando l’avvio della realizzazione degli investimenti.
- I tempi di realizzazione medi impiegati nel nostro Paese per realizzare un’opera pubblica appaiono incompatibili con la scadenza del 2026 del PNRR se non verranno introdotti snellimenti procedurali efficaci. Appare opportuno ricordare che in Italia servono mediamente 4,4 anni per realizzare le opere pubbliche. Tale tempistica si riduce a circa 3 anni per le opere inferiori ai 100 mila euro e arriva a quasi 16 anni per le opere di importo superiore.
In questo quadro, il decreto legge si pone due priorità:
- l’accelerazione della realizzazione degli investimenti pubblici del PNRR, al fine di consentire il raggiungimento dei prossimi obiettivi che saranno sempre più concentrati su target quantitativi e non procedurali. Ad esempio, entro fine anno i comuni dovranno completare 8.500 interventi di media e piccola entità;
- la definizione delle condizioni per rafforzare il coordinamento tra il PNRR e i fondi europei per la coesione nazionale.
Rispetto a questi obiettivi, occorre evidenziare che i prossimi mesi saranno cruciali perché, oltre all’esigenza di affidare le opere del PNRR e fare partire i relativi cantieri, a fine anno si chiude la programmazione 2014-2020 dei Fondi Strutturali Europei, e occorre spendere circa 20 miliardi di euro per evitare il disimpegno dei fondi. Inoltre, si sta avviando la nuova programmazione 2021-2027, che prevede per l’Italia oltre 75 miliardi di euro ai quali si aggiungono circa 73 miliardi di Fondo Sviluppo e Coesione.
A ciò si aggiunga la possibilità di un aggiornamento del PNRR consentito dall’UE, che dovrà essere perfezionato entro il prossimo 30 aprile, al fine di inserire nel Piano un nuovo capitolo relativo al Repower EU, il piano europeo per fronteggiare le difficoltà del mercato energetico globale causate dalla guerra in Ucraina.
In questo contesto, l’Ance ritiene che al momento resti prioritario dare attuazione agli investimenti e alle riforme del PNRR, senza rimettere in discussione l’impianto complessivo del PNRR, rimandando a fine anno eventuali riprogrammazioni, da effettuare in coordinamento con gli altri fondi europei, quando si avrà maggiore contezza dello stato di avanzamento dei progetti e sarà più chiaro se le misure previste nel decreto in commento avranno prodotto gli effetti sperati. Rimettere in discussione la programmazione, ora che il monitoraggio non è pienamente operativo, rischia di definanziare progetti ad alto potenziale di realizzazione.
Il Decreto, infatti, interviene su tre ambiti prioritari:
- revisione della governance PNRR;
- rafforzamento della capacità amministrativa e snellimento e accelerazione delle procedure;
- potenziamento delle politiche di coesione anche in un’ottica di integrazione con il PNRR.
In merito alla revisione della governance del Piano, l’Ance condivide l’obiettivo del Governo di un suo rafforzamento, evidenziando l’esigenza di una più chiara e netta definizione dei ruoli e delle funzioni rispetto al quadro che emerge dal provvedimento.
Tra le modifiche apportate alla governance, è previsto un rafforzamento dei poteri sostitutivi. In particolare, in caso di progetti infrastrutturali vengono applicate alcune delle disposizioni previste per i commissari straordinari delle grandi opere infrastrutturali dal DL 32/2019. Al riguardo, l’Ance condivide la scelta effettuata dal legislatore di ricorrere ai poteri commissariali per quanto riguarda la fase a monte dell’affidamento mentre continua a ritenere critica l’estensione del cosiddetto “modello Genova” alle fasi dell’affidamento e della realizzazione.
Il Decreto interviene anche sul monitoraggio dell’attuazione degli interventi realizzati con risorse nazionali e comunitarie. L’Ance valuta positivamente la misura prevista, volta a facilitare l’acquisizione dei dati necessari a comprendere l’attuazione dei programmi di investimento. Al riguardo, si coglie l’opportunità della presente audizione per evidenziare l’urgenza di rendere reale, efficace e accessibile anche il monitoraggio della spesa, oltre a quello delle milestone e dei target, attraverso la piena funzionalità della piattaforma Regis e un maggiore coordinamento tra le banche dati esistenti (OpenCup, BIDAP e SIMOG).
La disponibilità di dati affidabili e costantemente aggiornati consentirà, nei prossimi mesi, di comprendere se il Piano sia effettivamente in grado di rispettare le tempistiche previste e, soprattutto, di sostenere l’economia italiana.
In merito alle misure per il rafforzamento della capacità amministrativa, le scelte operate dal Governo appaiono condivisibili perché intervengono sia sulle dotazioni delle amministrazioni pubbliche, centrali e locali, sia sui livelli retributivi. Occorre, tuttavia, monitorare affinché l’attuazione di tali misure avvenga rapidamente e produca effetti positivi sulle amministrazioni. Il recente Rapporto Formez 2022 ha evidenziato negli ultimi anni un aumento della percentuale di posti vacanti nei concorsi pubblici e, in particolare, relativamente ai profili professionali più specialistici (nei concorsi banditi negli ultimi due anni il 71,6% dei posti per ingegneri e architetti risulta vacante).
Dal punto di vista dell’Ance e con riferimento alle misure volte ad accelerare la realizzazione del PNRR, il provvedimento non affronta due questioni determinanti:
- il “caro materiali”
- le difficoltà delle imprese di ottenere le garanzie necessarie per partecipare alle gare d’appalto e ricevere l’anticipazione contrattuale.
In particolare, la conversione del decreto deve essere l’occasione per introdurre alcuni correttivi essenziali all’articolo 26 del DL Aiuti e alla successiva Legge di Bilancio 2023, adottati per porre rimedio al problema del caro materiali che, dalla fine del 2020, ha letteralmente travolto, per non dire, “sconvolto” il sistema delle costruzioni.
Queste misure sono rimaste in gran parte sulla carta e hanno tempi di attuazione troppo lunghi rispetto all’emergenza. La situazione sta diventando insostenibile e occorre un intervento urgente per sbloccare i pagamenti alle imprese, considerato che a gennaio 2023:
- dei fondi per il secondo semestre 2021 era stato pagato dal MIT solo il 13%;
- dei fondi per il periodo gennaio-luglio 2022 era stato pagato dal MIT solo il 2%;
- per i fondi per il periodo agosto-dicembre 2022, è appena iniziata l’istruttoria.
Con questo ritmo, le imprese aspetteranno ancora anni prima di essere ristorate, con tutto ciò che ne consegue sul rischio di un imminente blocco delle opere in esecuzione.
Sul tema del caro materiali, è quindi fondamentali adottare due misure:
- la prima riguarda la possibilità per il Ministero delle infrastrutture e trasporti di anticipare alle stazioni appaltanti una parte dei fondi per il caro materiali richiesti nel 2022 e non ancora erogati. Tale proposta si rende necessaria visto che, solo considerando le opere in corso non prioritarie (non PNRR), al momento risultano ancora da istruire circa 11.000 domande e che le richieste formulate sono inferiori alla dotazione dei fondi;
- la seconda riguarda la conferma, attraverso una norma interpretativa, della possibilità di accedere ai fondi per il caro materiali per il 2023 anche per chi ha avuto accesso ai fondi destinati alle opere in corso nel 2022. Si tratta di risorse utilizzabili per lavori eseguiti in annualità diverse, pertanto la limitazione prevista non appare giustificabile ed al contrario, è fortemente negativa perché i cantieri rischiano di bloccarsi.
Sul tema delle garanzie, si registra una forte contrazione da parte degli istituti bancari e assicurativi nel rilasciare alle imprese le garanzie necessarie per la partecipazione e, soprattutto, per l’esecuzione degli appalti pubblici, nonché per l’erogazione dell’anticipazione contrattuale.
Solo considerando RFI, al netto delle gare già affidate (circa 5 miliardi di euro), tra le gare bandite nel 2022 e quelle in programma per il 2023, nei prossimi mesi verranno affidati lavori per circa 30 miliardi, molti dei quali ricompresi nel PNRR. Ciò vuol dire le imprese nei prossimi mesi si troveranno nella necessità di trovare garanzie fideiussorie per oltre 12 miliardi di euro, tra anticipazione e garanzia definitiva.
Al riguardo, l’Ance ritiene necessario adottare due misure:
- estendere ai contratti in corso di esecuzione, affidati dalle stazioni appaltanti che operano nei settori speciali, lo svincolo progressivo della cauzione definitiva, così da alleggerire il “castelletto” delle imprese;
- prevedere la facoltà per SACE di avvalersi di riassicuratori e controgaranti del mercato privato al fine di ottimizzare la gestione del rischio.
Inoltre, in considerazione della previsione di un forte incremento dei bandi di gara nel corso dell’anno, in attuazione del PNRR, occorre evitare che tali procedure si concentrino in un lasso di tempo eccessivamente limitato, come accaduto lo scorso anno ad esempio nel mese di dicembre, a seguito della ripartizione dei fondi per l’adeguamento dei quadri economici delle opere prioritarie (PNRR, PNC, e commissari).
Occorre favorire la massima partecipazione da parte delle imprese ed evitare il fenomeno delle gare deserte, che negli ultimi due anni è raddoppiato per effetto sia del mancato aggiornamento dei prezzi a base di gara, sia della forte concentrazione delle gare in determinati periodi dell’anno.
Per quanto attiene le misure di semplificazione degli appalti di lavori pubblici, il decreto introduce varie novità. In particolare, l’articolo 14 estende, in chiave di velocizzazione, numerose disposizioni procedurali derogatorie rispetto al Codice dei Contratti, introdotte dalla decretazione d’urgenza con riferimento agli interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC anche alle infrastrutture connesse a questi ultimi, ancorché finanziate con fondi diversi.
Sebbene sia comprensibile l’intento di non rallentare la realizzazione delle opere PNRR, in assenza di una chiara delimitazione di quali siano gli interventi “connessi”, vi è il rischio che possa crearsi un effetto “imbuto”, ossia di eccessivo numero delle procedure di affidamento da bandire/affidare entro i termini previsti per le opere del PNRR, che potrebbe incrementare ulteriormente fenomeni di desertificazione delle gare, per incapacità del sistema imprenditoriale ma anche bancario-assicurativo- di farvi fronte.
Pertanto sarebbe opportuno precisare nella norma, che si tratta di una stretta connessione di tipo progettuale/funzionale, proprio al fine di delimitare più chiaramente il novero degli interventi che, andando in deroga, verrebbero comunque sottratti alle regole concorrenziali piene, proprie del mercato ordinario.
Quanto, poi, alle previsioni del medesimo art. 14, relative all’individuazione di un unico soggetto attuatore per gli interventi PNRR, occorre evitare che ciò possa tradursi in un rischio di eccessiva concentrazione della dimensione degli appalti, o un accorpamento artificioso degli stessi, che devono poter continuare ad essere suddivisi in grandi medie e piccole opere, per un pieno rispetto del tessuto imprenditoriale di riferimento.
Per ciò che concerne le disposizioni di semplificazione degli interventi di edilizia scolastica, di cui all’articolo 24, nonché quelle volte a fronteggiare il rischio idrogeologico, di cui all’art. 29, non appare condivisibile l’applicazione di deroghe assai ampie, riconducibili al c.d. modello “Genova”.
Quest’ultimo, infatti, utile per risolvere l’emergenza eccezionale quale “unicum” della ricostruzione del Ponte Morandi, non può diventare il parametro ordinario per ovviare a deficit di programmazione da parte della pubblica amministrazione. La fase di affidamento e di realizzazione delle opere, pertanto, deve avvenire nel pieno rispetto delle procedure previste dal Codice dei contratti e dalla legislazione ad esso connessa.
Infine, agli interventi relativi al Giubileo 2025, occorre porre l’accento sul fatto che il ricorso alla procedura negoziata, che la norma prevede, dovrebbe essere sempre preceduto da un avviso di indizione, pubblicato sul sito istituzionale della stazione appaltante, e seguito da un avviso sui risultati della procedura di affidamento, in ossequio al principio di trasparenza ed a garanzia della concorrenza (art. 31).
Il numero minimo di soggetti da invitare alle procedure negoziate dovrebbe essere innalzato, nel sopra soglia, ad almeno 10 operatori; tale numero, nel sotto soglia, per gli appalti aggiudicati con esclusione automatica delle offerte anomale, non può essere inferiore a 20 operatori; le celerità delle gare peraltro non verrebbe compromessa, stante il meccanismo dell’inversione procedimentale.
Circa, poi, le diverse previsioni che prevedono la possibilità di affidamento dei lavori sulla base del Progetto di Fattibilità Tecnico Economica vale la pena sottolineare che tale forma di gara, ove si dovesse svolgere nella forma c.d. “complessa” – ossia quando si pone a carico del concorrente la produzione in offerta del livello progettuale successivo quello a base d’asta – comporta un aggravio economico eccessivo, stante anche la mole di procedimenti di gara attesi nei prossimi mesi. E ciò, solo per poter accedere alla gara.
Tale forma di gara, peraltro, non determina alcun accorciamento dei tempi, né di gara – che, al contrario, si allungano, stante la forte complessità delle valutazioni a carico della commissione giudicatrice – né di cantierizzazione delle opere.
Senza contare che si determina una immane ed inutile dispendio di energie tecniche per la redazione dei progetti da porre in offerta, in un momento in cui, invece, c’è una grave e diffusa carenza di tali professionalità.
Il modello da seguire, pertanto, dovrebbe essere quello dell’appalto integrato c.d. “classico” che, invero, ferme tutte le garanzie sui requisiti dei progettisti, pone a carico del solo aggiudicatario la realizzazione della progettazione esecutiva; lo schema dell’appalto integrato c.d. complesso, invece, dovrebbe essere del tutto residuale, consentendolo, al più, nei casi in cui il termine per la presentazione delle offerte sia almeno pari a 180 gg.
Appare invece positiva la semplificazione delle procedure “a monte della gara” delle opere pubbliche finanziate, in tutto o in parte, con risorse del PNRR, PNC e con i fondi strutturali europei (art. 14), così come l’estensione della particolare procedura prevista per le opere prioritarie del PNRR (individuate nell’Allegato IV del DL 77/2021) a tutti gli interventi di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (art. 33).
Positiva anche la presenza di diverse misure di semplificazione procedurale per la conferenza di servizi “accelerata” (art. 14, comma 8), gli immobili pubblici soggetti a vincolo culturale (art. 46) e per l’installazione degli impianti fotovoltaici (art. 47), sebbene sarebbe stato opportuno e auspicabile un maggiore coraggio da parte del legislatore proprio in considerazione dell’obiettivo di garantire il celere completamento del PNRR. Con particolare riferimento agli impianti fotovoltaici, si evidenzia che il tema è stato oggetto negli ultimi due anni di molteplici modifiche, spesso non coordinate fra loro che di fatto stanno rendendo difficile l’applicazione degli snellimenti. Nell’ottica dell’importanza che questi impianti assumono per il perseguimento degli obiettivi europei, è necessario che venga presto attuata la delega legislativa al riordino dell’intera materia contenuta nell’art. 26, comma 4 della Legge 118/2022 (cd. “Legge sulla concorrenza”) con la predisposizione di un Testo Unico che raccolga e coordini le diverse normative presenti in materia
Riguardo alle misure riferite a specifiche linee di investimento del PNRR, si evidenzia, tra le altre, la disposizione in materia di alloggi e residenze per studenti universitari e di impianti sportivi che prevede il coinvolgimento dell’Agenzia del Demanio per l’individuazione di immobili dello Stato inutilizzati da destinare a tali finalità, anche attraverso operazioni di PPP e con il coinvolgimento economico della stessa Agenzia del Demanio per un massimo del 30% del quadro economico dell’intervento.
In generale, si esprime apprezzamento per aver previsto la possibilità di ricorrere ad operazioni di PPP che hanno l’indubbio vantaggio di generare un effetto leva positivo, in quanto consentono di ottenere un volume complessivo di investimenti pubblico-privati superiore a quello che si avrebbe con il solo finanziamento pubblico.
Con riferimento alle misure inerenti al potenziamento delle politiche di coesione, l’Ance apprezza l’obiettivo del Governo di rafforzare il coordinamento tra il PNRR e fondi strutturali. L’auspicio è che gli interventi promossi attraverso i fondi, nazionali ed europei, per il riequilibrio territoriale siano veramente complementari rispetto a quelli finanziati con il PNRR e consentano di delineare una strategia complessiva di sviluppo infrastrutturale Paese.
Infine, appare positiva e in linea con quanto più volte richiesto dall’Associazione, la norma che consente di evitare il definanziamento di parte delle opere finanziate con il Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 che non sono riusciti a rispettare la scadenza del 31 dicembre 2022 per l’affidamento dei lavori, prevista dall’articolo 44, comma 7 quater del DL 34/2019.
La norma che, in conseguenza delle gravi tensioni sul mercato delle opere pubbliche determinate, negli ultimi due anni, dai rincari delle materie prime e dell’energia, hanno accumulato ritardi rispetto alle previsioni.
Il provvedimento interviene, altresì, in tema di “crisi d’impresa”, specie per il profilo riguardante l’ambito applicativo del nuovo istituto della “composizione negoziata della crisi d’impresa”, come strumento di tipo volontario ed extragiudiziale, idoneo a gestire situazioni di insolvenza temporanea e reversibile, in alternativa ai tradizionali istituti con finalità liquidatorie.
L’evoluzione dei meccanismi di definizione assistita della crisi d’impresa è stata seguita in questi anni con particolare attenzione dal settore delle costruzioni, che è, forse, l’unico tra tutti i settori industriali per il quale la congiuntura economica negativa degli anni scorsi (nell’arco temporale 2008-2019) ha comportato scelte straordinarie di gestione aziendale, per garantire la sopravvivenza stessa dell’attività.
Ecco perché, per l’ANCE, la comprensione dei meccanismi di gestione dell’insolvenza è diventata di estrema attualità per il raggiungimento di un equilibrio ottimale tra tutela del credito e tutela della continuità aziendale.
Inoltre, le nostre imprese stanno affrontando i gravosi problemi di liquidità dovuti non solo all’inflazione e al conseguente aumento dei tassi di interesse, che rende difficile l’accesso ai finanziamenti, ma anche all’ingente ammontare dei crediti d’imposta derivanti dai bonus fiscali, che il sistema bancario non è più in grado di assorbire, nonché i ritardi nei pagamenti della PA anche a copertura dei maggiori costi dei materiali.
I crediti fiscali bloccati ammontano, infatti, a circa 19 miliardi, un importo spropositato, con il rischio che tutto questo si traduca nel fallimento di 32 mila aziende con la perdita di 170 mila lavoratori e lavoratrici, oltre al blocco di 115 mila cantieri.
In questo contesto, diventa essenziale non vanificare l’obiettivo principe che la nuova disciplina dell’insolvenza si prefigge, ovvero la continuazione dell’attività delle imprese in difficoltà.
Ciò premesso, l’Ance condivide le modifiche apportate all’ambito applicativo della “composizione negoziata della crisi d’impresa” tenuto conto che questo sistema stenta ancora a decollare, come testimoniato anche dalla recente indagine di Unioncamere, nella quale è stato rilevato che, al 10 febbraio 2023, sono state attivate solo 595 procedure di composizione negoziata (di cui solo 201 sono giunte a conclusione, e solo 11 con esito positivo).
Infatti, le misure contenute nel D.L. di attuazione del PNRR vanno proprio nella direzione di correggere alcune inefficienze di questo strumento, come quelle relative al trattamento dei debiti tributari, tenuto conto che quella verso il Fisco è, infatti, la parte più rilevante dei debiti delle imprese in stato d’insolvenza.
Positivi sono, quindi, sia l’aumento della rateizzazione fiscale fino a 10 anni, condizionata alla comprovata e grave situazione di difficoltà dell’impresa, sia la possibilità di autocertificare l’avvenuta richiesta delle certificazioni dei debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi, in un’ottica di semplificazione della procedura, nonché la detraibilità dell’IVA per i cedenti/fornitori.
Tuttavia, occorre spingersi più avanti: come ANCE riteniamo necessaria l’introduzione della transazione fiscale e per debiti contributivi nell’ambito della “composizione negoziata della crisi d’impresa”, misura che sembrerebbe oggetto di approfondimento da parte del Governo.
Questo correttivo, invece, appare necessario ai fini del completamento del sistema di prevenzione della crisi, perché in sua assenza si rischia di vanificare l’intera efficacia dello strumento.
L’esclusione dalla transazione fiscale per tali ipotesi non appare ragionevole, tenuto conto che questo meccanismo dovrebbe essere sempre consentito come forma di risposta alle segnalazioni d’allerta dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS, nel caso in cui effettivamente l’imprenditore richieda l’accesso alla “composizione negoziata” per gestire la propria crisi aziendale.
Occorrono, poi, due aggiustamenti di carattere più generale rispetto alla specifica disciplina dell’insolvenza, al fine di facilitare l’instaurarsi di una vera e propria cultura di prevenzione della crisi.
In un’ottica di prevenzione dell’insolvenza, al fine di consentire il monitoraggio della situazione economico-finanziaria e la verifica della sostenibilità nel breve-medio periodo dei debiti, occorre prevedere il libero accesso da parte di tutte le imprese allo specifico programma reperibile sulla piattaforma informatica gestita da Unioncamere a prescindere dall’istanza per la “composizione negoziata”.
Sarebbe, altresì opportuno, considerata la specificità del settore delle costruzioni (attività caratterizzata da cicli pluriennali in base alla durata delle commesse, con sproporzione fisiologica tra costi e ricavi nelle prime fasi di avvio delle iniziative), assicurare la partecipazione ai lavori del neo costituito Osservatorio ministeriale sull’attuazione del Codice della crisi d’impresa anche alle associazioni di categoria dei diversi settori produttivi, maggiormente rappresentative sul territorio, a supporto delle associazioni confederali già presenti come membri di tale Organismo.
In tema di misure per la promozione delle pari opportunità negli appalti PNRR/PNC (art. 47 del DL n. 77/2021), pur condividendo l’obiettivo perseguito in via generale dalla norma, si esprimono preoccupazioni per le concrete modalità di applicazione, da parte delle stazioni appaltanti, della c.d. “clausola del 30%”. Si tratta dell’inserimento nei bandi di gara, quale requisito necessario dell’offerta, dell’obbligo per l’aggiudicatario di assicurare una quota pari almeno al 30%, delle assunzioni eventualmente necessarie per l’esecuzione del contratto, all’occupazione femminile (oltre che un’analoga quota da destinare all’occupazione giovanile). Stante il mancato esercizio, da parte di molte stazioni appaltanti, della facoltà espressamente prevista dalla norma di escludere l’inserimento di tale quota in considerazione dell’oggetto dell’appalto, si rende necessario un intervento normativo volto a specificare che negli appalti di lavori la quota da destinare all’occupazione femminile si applichi soltanto nel caso di assunzioni di personale non rientrante nella categoria degli operai. Appare opportuno ricordare che solo il 9% degli occupati nel settore delle costruzioni è di sesso femminile.
Per il dettaglio delle valutazioni e proposte ANCE si veda il documento allegato consegnato agli atti della Commissione.
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