L'economia delle regioni italiane: il Focus Banca d'Italia
La crisi ha peggiorato le condizioni economiche delle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti del sud. Il blocco dei licenziamenti e gli strumenti di integrazione salariale hanno aiutato i lavoratori dipendenti.
Pubblicato il documento L'economia delle regioni italiane - Dinamiche recenti e aspetti strutturali.
Dalla fine di febbraio di quest'anno la diffusione dell’epidemia di Covid-19 ha generato uno shock macroeconomico di entità eccezionale e di durata incerta. Dall’epicentro, in Lombardia, il contagio si è diffuso inizialmente al Nord per poi estendersi gradualmente a tutte le aree del Paese. Nei primi sei mesi del 2020 l'attività economica si è fortemente ridotta rispetto al corrispondente periodo del 2019. Secondo l'indicatore trimestrale dell'economia regionale elaborato dalla Banca d'Italia (ITER), la flessione è stata più marcata al Nord, coerentemente con l’insorgenza precoce della pandemia in tale area geografica. Le prospettive restano condizionate dall’incertezza circa l'evoluzione della pandemia, la cui incidenza è in aumento nelle ultime settimane. Da inizio ottobre il quadro epidemico sulla diffusione del Covid-19 in Italia si è fortemente deteriorato. Sta rapidamente aumentando la pressione sul sistema sanitario. La diffusione, su livelli critici in tutte le regioni, ha spinto il Governo ad adottare nuove misure di restrizione degli spostamenti e delle attività produttive.
La crisi ha determinato un peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie, soprattutto di quelle meno abbienti, più concentrate nel Mezzogiorno. Il reddito delle famiglie è stato sostenuto dagli ammortizzatori sociali e dai provvedimenti che ne hanno previsto il rafforzamento. Il numero di occupati si è ovunque ridotto, più marcatamente nel Mezzogiorno, dove la struttura produttiva è più orientata ad attività maggiormente esposte agli effetti della pandemia e la composizione dei contratti di lavoro risulta più sbilanciata verso forme di lavoro temporaneo. I vincoli ai licenziamenti e l’eccezionale ricorso a strumenti di integrazione salariale hanno contenuto l'impatto sul lavoro dipendente a tempo indeterminato, più diffuso al Centro Nord.
Con il sopravvenire della crisi pandemica all’inizio del 2020, i prestiti alle famiglie hanno registrato un forte rallentamento, in particolare nel Mezzogiorno. Gli interventi governativi e del sistema bancario varati dalla metà di marzo hanno contribuito a sostenere la capacità delle famiglie di fare fronte agli impegni finanziari. L'aumento del fabbisogno di liquidità delle imprese conseguente alla drastica riduzione dell’attività è stato ampiamente soddisfatto con la crescita sostenuta del credito, iniziata in marzo nel Centro Nord ed estesa in estate al Mezzogiorno. Le garanzie pubbliche sui nuovi finanziamenti e le misure espansive di politica monetaria hanno favorito il miglioramento delle condizioni di offerta del credito in tutte le aree del Paese. Dalla primavera, il rischio di deterioramento della qualità del credito è stato contenuto dalle misure dirette (moratorie e garanzie) e indirette (sussidi, contributi e cassa integrazione) varate dal Governo in supporto di famiglie e imprese.
Gli interventi a sostegno di imprese e famiglie si accompagnano a quelli per il settore sanitario. Per fronteggiare l'emergenza, il Governo ha disposto un graduale incremento sia del personale sia dei posti letto in terapia intensiva e sub intensiva.