Economia
Mercato italiano ancora in risalita
In Italia, nonostante il rimbalzo, la risalita è incompleta e l’attività ancora compressa: la domanda interna è fredda, l’export in parziale risalita, il mercato del lavoro debole.
In Italia, nonostante il rimbalzo, la risalita è incompleta e l’attività ancora compressa: la domanda interna è fredda, l’export in parziale risalita, il mercato del lavoro debole. L’Eurozona è in recupero, gli spread sovrani in calo anche grazie alla nascita del Recovery Fund. Molti mercati esteri sono ancora frenati dalla pandemia, il commercio mondiale resta difficile, con luci e ombre negli USA e la Cina in debole ripartenza.
L'economia italiana in breve
- Che tipo di rimbalzo? Siamo all’inizio del trimestre, il 3°, che farà registrare una variazione positiva del PIL italiano, dopo il minimo della recessione nel 2°. I dati sull’andamento a luglio sono pochi, ma una risalita è stata a fatica avviata a maggio-giugno. Tuttavia, è stata parziale e i rischi che si affievolisca sono alti, lasciando l’attività su livelli compressi. Il freno post-lockdown è la domanda che resta bassa.
- Attività ancora compressa. La produzione industriale a giugno ha registrato appena un +3,9% (stime CSC), dopo il buon recupero di maggio (e il -43,1% a marzo-aprile): il numero cui guardare è il -16,9% dai livelli pre-Covid, ricordando che i dati recenti potranno essere rivisti fortemente per ragioni tecniche. Il PMI (Purchasing Managers’ Index) continua a indicare a giugno che, nonostante la possibilità di riapertura ormai completa, la risalita resta parziale sia nell’industria (47,5) che nei servizi (46,4).
- Domanda interna fredda. A luglio la fiducia dei consumatori ha perso terreno e resta molto bassa; nonostante un rimbalzo, i consumi sono al -15% annuo a giugno (stime Confcommercio). Parziale la risalita della fiducia delle imprese; i giudizi sulle condizioni per investire restano negativi nel 2° trimestre, pur meno sfavorevoli; le attese sugli investimenti indicano ulteriore calo (Banca d’Italia).
- Export in risalita. L’export di beni è ripartito a maggio (+34,6%), ma ancora molto sotto i livelli pre-Covid (-26,1%). Le vendite italiane hanno recuperato rispetto a quelle di Germania e USA. Tengono nei farmaceutici, meno negli alimentari, sono quasi dimezzate in autoveicoli e abbigliamento. Molto deboli i principali mercati. Un graduale miglioramento è segnalato dagli ordini esteri del PMI (44,5 a giugno).
- Lavoro debole. A maggio gli occupati sono calati ancora (-84mila), ma la ricerca attiva di lavoro ha iniziato a risalire (+307mila), buon segnale in prospettiva. Ci si attende per gli occupati ulteriore discesa ma l’ampio ricorso alla CIG continuerà a salvaguardare posti di lavoro, aggiustando le ore lavorate.
- Credito in crescita. Fino a maggio i dati Banca d’Italia non mostrano un impatto marcato delle misure varate sui prestiti alle imprese, che risultano in aumento moderato (+1,9% annuo). Le informazioni settimanali disponibili sui prestiti garantiti indicherebbero, però, che il flusso si sia ampliato a giugno-luglio, andando maggiormente incontro alla necessità di liquidità creatasi in molte imprese italiane.
- Spread in riduzione. Il tasso sovrano in Italia prosegue il trend discendente (1,16% medio a luglio), restando lontano dal livello in Spagna (0,35%) e soprattutto nei paesi tripla A dell’Eurozona (-0,40%). Aiuta la BCE, che ha confermato il proseguire degli acquisti di titoli a lungo dopo la fine del lockdown. La Borsa in Italia accentua la risalita (+6,6% a luglio), ma resta su valori compressi (-18,6% dal pre-Covid).
- Eurozona in recupero. A maggio primi segnali di ripresa dell’attività, grazie ad allentamento dei vincoli sanitari e riaperture: +12,4% la produzione dell’industria e +27,9% nelle costruzioni, +17,8% il commercio al dettaglio. Si tratta, tuttavia, di parziali rimbalzi: ancora -19,2% annuo nell’industria. A giugno, comunque, gli indici PMI sono migliorati ancora, in Francia sopra la soglia neutrale (51,7).
- Nasce il Recovery Fund. L’Europa ha varato il piano per la ripresa da 750 miliardi: è un accordo storico. All’Italia spetterebbero 208,8 miliardi, di cui 81,4 di sovvenzioni e 127,4 prestiti. Il 70% delle sovvenzioni dovrà essere impegnato nel 2021-2022, il resto entro il 2023. Gli Stati devono presentare piani contenenti riforme e investimenti; la Commissione li valuta, anche in base alle sue raccomandazioni.
- Petrolio: profilo preoccupante. Il prezzo del Brent ha rallentato la risalita a luglio, quasi appiattendosi sui 43 dollari per barile. Il timore è che ciò indichi una pausa nel recupero, finora molto parziale, della domanda di greggio a livello internazionale, a riflesso dell’epidemia ancora in atto in numerosi paesi.
- Commercio difficile. In prospettiva si intravede una risalita degli scambi in Europa e Cina. Invece, il calo è atteso prolungarsi nei paesi in cui l’emergenza Covid resta alta, come USA e Brasile. Si è allentato, però, il freno dell’incertezza geoeconomica nel mondo, in calo a giugno, seppure su alti livelli.
- USA: luci e ombre. I dati indicano un rimbalzo a giugno: +7,5% le vendite al dettaglio, quasi ai livelli di inizio anno; l’indice ISM manifatturiero (52,6) torna a segnalare espansione e la produzione industriale risale (+5,4%); l'occupazione è in recupero (quasi +8 milioni a maggio-giugno). Tuttavia, la pandemia è in corso e a tratti sembra fuori controllo, riportando le aspettative verso pessimismo e incertezza.
- Cina in ripartenza. In Cina la manifattura è in fase espansiva per il 2° mese, con i nuovi ordinativi che tornano a crescere per la prima volta da gennaio, nonostante la domanda internazionale resti debole. Negli altri principali emergenti, viceversa, la fiducia delle imprese resta molto bassa e la manifattura mostra solo primi cenni di una stabilizzazione in Brasile e Russia, mentre accentua la caduta in India.
Focus del mese - Le illusioni ottiche dei dati sulla congiuntura italiana
- Variazioni molto positive a maggio. I dati ISTAT relativi a maggio hanno mostrato una dinamica estremamente positiva di molti indicatori congiunturali. Le variazioni sono impressionanti per entità e non hanno precedenti nelle serie storiche: la produzione industriale è aumentata del 42%, la produzione nelle costruzioni del 168%, l’export del 35%.
- Che significa? Non si tratta, naturalmente, di un boom economico, tutt’altro. La domanda interna è ancora molto debole, frenata da incertezza e perdita di potere d’acquisto per milioni di famiglie. Quella estera è depressa, specie a causa della diversa tempistica - rispetto all’Italia - con la quale si sta diffondendo il Covid-19 presso molti paesi nostri partner commerciali, che costringe vari governi a imporre misure di lockdown per frenare i contagi. Il commercio internazionale, diminuito di circa il 25% tra marzo e aprile, non ha mostrato una gran ripresa in seguito.
- Come spiegare queste enormi variazioni? La spiegazione è prima di tutto aritmetica. I livelli di questi indicatori avevano raggiunto valori bassissimi in aprile, mese nel quale in Italia si è toccato un punto di minimo della crisi economica. Tra la fine di marzo e l’inizio di maggio, infatti, più del 40% delle imprese (quelle operanti in settori considerati “non essenziali”) ha dovuto sospendere l’attività. Per questa ragione in marzo si è registrato un calo della produzione industriale del 28,4% e in aprile del 20,5%; le esportazioni sono diminuite del 16,3% in marzo e del 35,4% in aprile, mentre la produzione nelle costruzioni è scesa, rispettivamente, del 33,3% e del 67,9%. A causa di questa dinamica, i livelli di attività nell’industria in senso stretto e delle esportazioni si erano quasi dimezzati rispetto a quelli pre-Covid, mentre nelle costruzioni erano scesi a circa un terzo. A fronte di valori così bassi, anche piccoli incrementi (in termini assoluti) dell’attività si riflettono in forti aumenti percentuali. Per questa ragione in maggio l’aumento dell’attività in seguito alle riaperture nell’industria e nei servizi con la fine del lockdown, benché su livelli molto inferiori rispetto a quelli “normali” del periodo pre-Covid, ha avuto un impatto apparentemente molto forte.
- Motivi tecnici. C’è anche una ragione più tecnica per questi dati estremi: data la situazione congiunturale anomala, frutto di un fortissimo shock di domanda e offerta, Eurostat ha suggerito agli Istituti di Statistica nazionali di trattare l’ultima osservazione delle varie serie storiche come un “outlier”. Ciò ha comportato, da marzo, l’utilizzo di nuovi criteri di destagionalizzazione (l’elaborazione che consente di depurare il dato grezzo da effetti di calendario e stagionali), che hanno avuto l’esito di “scaricare” man mano solo sull’ultima osservazione disponibile tutto l’impatto, positivo o negativo. L’identificazione come outlier è stata decisa, provvisoriamente, al fine di evitare meccaniche revisioni all’indietro delle serie storiche, come sarebbe successo utilizzando i vecchi parametri che “spalmavano” - anche se parzialmente - sui mesi precedenti l’impatto del nuovo dato. Le conseguenze sarebbero state significative per molti indicatori, incluso il PIL. Non è chiaro fino a quando si utilizzerà il criterio provvisorio di destagionalizzazione. Ma di sicuro quando, magari fra qualche mese, la situazione si normalizzerà, sarà necessario rivedere di nuovo i parametri: ciò potrebbe determinare importanti revisioni dei dati, inclusi quelli dei mesi appena trascorsi.
- Come misurare le dinamiche in corso? Sulla base di queste considerazioni, il criterio più ragionevole per interpretare l’attuale fase economica è guardare alle variazioni tendenziali, ovvero quelle rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, che peraltro utilizzano i dati grezzi che non sono trattati statisticamente. Oppure, osservare la distanza rispetto al periodo pre-Covid (gennaio o febbraio 2020). Le variazioni tendenziali dei tre indicatori qui presi come esempio, nonostante il rimbalzo di maggio, mostrano che i livelli sono ancora inferiori in media di circa un quarto rispetto a un anno prima (-24,9% l’export, -20,3% l’industria, -16,8% le costruzioni). E, parimenti, i livelli attuali sono inferiori del 20-25% rispetto a gennaio (senza contare la stima di giugno per la produzione). Questi numeri forniscono la corretta misura della condizione in cui oggi ancora versa l’economia italiana. Benché i dati più recenti siano incoraggianti, vanno interpretati con prudenza. Siamo nel pieno della più profonda crisi economica dal dopoguerra e la strada della risalita è molto lunga.
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