Confcommercio: crescita 2025, tutta da costruire
La crescita sperata per il Paese nel 2025 è da tutta da edificare. Questo ritiene Confcommercio secondo cui il Pil di febbraio "sarebbe rimasto fermo a gennaio e cresciuto dello 0,2%". Consumi deboli, bene i servizi.

L’inizio del 2025 conferma le caratteristiche di disfunzionamento dell’economia italiana: ai robusti presupposti per una crescita dei consumi, favoriti anche dall’occupazione elevata, dai redditi reali crescenti e da un’inflazione sotto controllo, non corrisponde un coerente sviluppo della spesa delle famiglie. È vero che da novembre scorso il tendenziale dei consumi, misurato nella metrica dell’Indicatore Consumi Confcommercio, è positivo e si conferma con un +0,3% a gennaio rispetto a gennaio 2024, ma l’evoluzione è stentata e permane al di sotto del suo potenziale. Anche in considerazione del nebuloso scenario internazionale, che certo non sostiene la propensione agli investimenti da parte delle aziende, un nuovo orientamento verso l’espansione della domanda interna sarebbe auspicabile. Una spiegazione del freno alla spesa deriverebbe dall’effetto «percezione» che i consumatori avrebbero dell’effettiva dinamica dei propri redditi. È presumibile che le scorie psicologiche accumulate durante la recente fiammata inflazionistica, rendono le famiglie particolarmente caute nel valutare le proprie possibilità di spesa. Questa stessa interpretazione indica che con il passare del tempo, e in assenza di ulteriori shock avversi, si dovrebbe ripristinare il corretto funzionamento della catena che lega maggiori redditi a maggiori consumi. Che è alla base del nostro moderato ottimismo sulle prospettive dell’economia italiana nel 2025.
Appare comunque difficile riconquistare il terreno perso in termini di prodotto lordo: il trascinamento nullo ereditato dal 2024 non sarebbe migliorato nel primo bimestre dell’anno. Il PIL secondo le nostre stime sarebbe rimasto fermo a gennaio e cresciuto dello 0,2% congiunturale a febbraio, comportando la necessità di un’accelerazione nel secondo quarto a +0,5% e una prosecuzione vivace nel secondo semestre solo per raggiungere una variazione del PIL a +0,7%. I numeri di quest’accelerazione sarebbero, tuttavia, fuori linea rispetto alle variazioni trimestrali registrate nell’ultimo biennio. L’auspicata crescita del 2025 va tutta costruita da zero.
Se le spinte, come detto, devono provenire dai consumi, lo schema «più servizi meno beni» non sembra ancora generare un impulso sufficiente a sostenere l’attività produttiva nel complesso. Anche a gennaio, dai ricreativi a quelli turistici, dai viaggi alle comunicazioni, il mondo dei servizi appare tonico, al contrario di quello dei manufatti, dai durevoli per la casa alle automobili.
La stessa informazione si ricava da altri insiemi di dati. Alle perduranti fragilità della produzione industriale, si oppone il nuovo record delle presenze turistiche nel 2024, quasi a 460 milioni di notti, tendenza che dovrebbe rafforzarsi, almeno moderatamente, nell’anno in corso.
Si vive nell’ambito di equilibri incerti, caratterizzati da un ritorno agli «zero virgola» tanto dei consumi quanto del PIL. Nel frattempo, a febbraio l’inflazione dovrebbe avere raggiunto il 2%, per l’operare congiunto di incrementi sui costi dell’energia, di modificazione alle accise sui tabacchi, di qualche aggiustamento sugli alimentari. Pure non destando eccessive preoccupazioni e, comunque all’interno dei target istituzionali, queste oscillazioni sui prezzi al consumo sono in grado di rallentare il ritorno dei consumi a migliori dinamiche in linea con le favorevoli determinanti di fondo (tab. 1).
ICC (INDICATORE CONSUMI CONFCOMMERCIO)
A gennaio 2025 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) ha mostrato una variazione dello 0,3% rispetto allo stesso mese del 2024. La stima è sintesi di una lieve diminuzione della spesa per i beni (-0,1%) e di una crescita dell’1,4% per i servizi
L’inizio del 2025 conferma le caratteristiche di disfunzionamento dell’economia italiana: ai robusti presupposti per una crescita dei consumi, favoriti anche dall’occupazione elevata, dai redditi reali crescenti e da un’inflazione sotto controllo, non corrisponde un coerente sviluppo della spesa delle famiglie. È vero che da novembre scorso il tendenziale dei consumi, misurato nella metrica dell’Indicatore Consumi Confcommercio, è positivo e si conferma con un +0,3% a gennaio rispetto a gennaio 2024, ma l’evoluzione è stentata e permane al di sotto del suo potenziale. Anche in considerazione del nebuloso scenario internazionale, che certo non sostiene la propensione agli investimenti da parte delle aziende, un nuovo orientamento verso l’espansione della domanda interna sarebbe auspicabile. Una spiegazione del freno alla spesa deriverebbe dall’effetto «percezione» che i consumatori avrebbero dell’effettiva dinamica dei propri redditi. È presumibile che le scorie psicologiche accumulate durante la recente fiammata inflazionistica, rendono le famiglie particolarmente caute nel valutare le proprie possibilità di spesa. Questa stessa interpretazione indica che con il passare del tempo, e in assenza di ulteriori shock avversi, si dovrebbe ripristinare il corretto funzionamento della catena che lega maggiori redditi a maggiori consumi. Che è alla base del nostro moderato ottimismo sulle prospettive dell’economia italiana nel 2025.
Appare comunque difficile riconquistare il terreno perso in termini di prodotto lordo: il trascinamento nullo ereditato dal 2024 non sarebbe migliorato nel primo bimestre dell’anno. Il PIL secondo le nostre stime sarebbe rimasto fermo a gennaio e cresciuto dello 0,2% congiunturale a febbraio, comportando la necessità di un’accelerazione nel secondo quarto a +0,5% e una prosecuzione vivace nel secondo semestre solo per raggiungere una variazione del PIL a +0,7%. I numeri di quest’accelerazione sarebbero, tuttavia, fuori linea rispetto alle variazioni trimestrali registrate nell’ultimo biennio. L’auspicata crescita del 2025 va tutta costruita da zero.
Se le spinte, come detto, devono provenire dai consumi, lo schema «più servizi meno beni» non sembra ancora generare un impulso sufficiente a sostenere l’attività produttiva nel complesso. Anche a gennaio, dai ricreativi a quelli turistici, dai viaggi alle comunicazioni, il mondo dei servizi appare tonico, al contrario di quello dei manufatti, dai durevoli per la casa alle automobili.
La stessa informazione si ricava da altri insiemi di dati. Alle perduranti fragilità della produzione industriale, si oppone il nuovo record delle presenze turistiche nel 2024, quasi a 460 milioni di notti, tendenza che dovrebbe rafforzarsi, almeno moderatamente, nell’anno in corso.
Si vive nell’ambito di equilibri incerti, caratterizzati da un ritorno agli «zero virgola» tanto dei consumi quanto del PIL. Nel frattempo, a febbraio l’inflazione dovrebbe avere raggiunto il 2%, per l’operare congiunto di incrementi sui costi dell’energia, di modificazione alle accise sui tabacchi, di qualche aggiustamento sugli alimentari. Pure non destando eccessive preoccupazioni e, comunque all’interno dei target istituzionali, queste oscillazioni sui prezzi al consumo sono in grado di rallentare il ritorno dei consumi a migliori dinamiche in linea con le favorevoli determinanti di fondo (tab. 1).
ICC (INDICATORE CONSUMI CONFCOMMERCIO)
A gennaio 2025 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) ha mostrato una variazione dello 0,3% rispetto allo stesso mese del 2024. La stima è sintesi di una lieve diminuzione della spesa per i beni (-0,1%) e di una crescita dell’1,4% per i servizi
L’inizio del 2025 conferma le caratteristiche di disfunzionamento dell’economia italiana: ai robusti presupposti per una crescita dei consumi, favoriti anche dall’occupazione elevata, dai redditi reali crescenti e da un’inflazione sotto controllo, non corrisponde un coerente sviluppo della spesa delle famiglie. È vero che da novembre scorso il tendenziale dei consumi, misurato nella metrica dell’Indicatore Consumi Confcommercio, è positivo e si conferma con un +0,3% a gennaio rispetto a gennaio 2024, ma l’evoluzione è stentata e permane al di sotto del suo potenziale. Anche in considerazione del nebuloso scenario internazionale, che certo non sostiene la propensione agli investimenti da parte delle aziende, un nuovo orientamento verso l’espansione della domanda interna sarebbe auspicabile. Una spiegazione del freno alla spesa deriverebbe dall’effetto «percezione» che i consumatori avrebbero dell’effettiva dinamica dei propri redditi. È presumibile che le scorie psicologiche accumulate durante la recente fiammata inflazionistica, rendono le famiglie particolarmente caute nel valutare le proprie possibilità di spesa. Questa stessa interpretazione indica che con il passare del tempo, e in assenza di ulteriori shock avversi, si dovrebbe ripristinare il corretto funzionamento della catena che lega maggiori redditi a maggiori consumi. Che è alla base del nostro moderato ottimismo sulle prospettive dell’economia italiana nel 2025.
Appare comunque difficile riconquistare il terreno perso in termini di prodotto lordo: il trascinamento nullo ereditato dal 2024 non sarebbe migliorato nel primo bimestre dell’anno. Il PIL secondo le nostre stime sarebbe rimasto fermo a gennaio e cresciuto dello 0,2% congiunturale a febbraio, comportando la necessità di un’accelerazione nel secondo quarto a +0,5% e una prosecuzione vivace nel secondo semestre solo per raggiungere una variazione del PIL a +0,7%. I numeri di quest’accelerazione sarebbero, tuttavia, fuori linea rispetto alle variazioni trimestrali registrate nell’ultimo biennio. L’auspicata crescita del 2025 va tutta costruita da zero.
Se le spinte, come detto, devono provenire dai consumi, lo schema «più servizi meno beni» non sembra ancora generare un impulso sufficiente a sostenere l’attività produttiva nel complesso. Anche a gennaio, dai ricreativi a quelli turistici, dai viaggi alle comunicazioni, il mondo dei servizi appare tonico, al contrario di quello dei manufatti, dai durevoli per la casa alle automobili.
La stessa informazione si ricava da altri insiemi di dati. Alle perduranti fragilità della produzione industriale, si oppone il nuovo record delle presenze turistiche nel 2024, quasi a 460 milioni di notti, tendenza che dovrebbe rafforzarsi, almeno moderatamente, nell’anno in corso.
Si vive nell’ambito di equilibri incerti, caratterizzati da un ritorno agli «zero virgola» tanto dei consumi quanto del PIL. Nel frattempo, a febbraio l’inflazione dovrebbe avere raggiunto il 2%, per l’operare congiunto di incrementi sui costi dell’energia, di modificazione alle accise sui tabacchi, di qualche aggiustamento sugli alimentari. Pure non destando eccessive preoccupazioni e, comunque all’interno dei target istituzionali, queste oscillazioni sui prezzi al consumo sono in grado di rallentare il ritorno dei consumi a migliori dinamiche in linea con le favorevoli determinanti di fondo (tab. 1).
ICC (INDICATORE CONSUMI CONFCOMMERCIO)
A gennaio 2025 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) ha mostrato una variazione dello 0,3% rispetto allo stesso mese del 2024. La stima è sintesi di una lieve diminuzione della spesa per i beni (-0,1%) e di una crescita dell’1,4% per i servizi (tab. 2)...continua a leggere l'analisi sul sito di Confcommercio