Bankitalia: NPL e UTP, nuovi scenari tra mercato e vigilanza

La Banca analizza l'evoluzione degli NPL e UTP alla luce dei cambiamenti posti in essere per fronteggiare l’ammontare di crediti deteriorati frutto della recessione dell’economia italiana tra il 2008 e il 2014.

Bankitalia: NPL e UTP, nuovi scenari tra mercato e vigilanza

Le Autorità di supervisione e regolamentazione europee e nazionali hanno adottato una pluralità di interventi finalizzati a ricondurre le consistenze di NPL su livelli fisiologici. La Banca d’Italia, in stretto raccordo con il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU), ha intensificato la propria azione di vigilanza nei confronti degli intermediari più grandi e di quelli di minori dimensioni vigilati direttamente. Anche in risposta a tali pressioni, sono cambiate le modalità operative degli intermediari bancari, che hanno rivisto i propri assetti organizzativi e i propri processi, hanno modificato le strategie e hanno ridefinito le relative priorità, facendo ampio ricorso ad operazioni di smobilizzo degli attivi deteriorati. Questa significativa attività di derisking ha generato un progressivo sviluppo del mercato secondario degli NPL, che era quasi completamente assente fino a qualche anno fa. La crescita del mercato ha svolto un ruolo determinante per consentire al sistema bancario di riportare le consistenze dei crediti deteriorati sui livelli dei principali paesi europei, grazie anche agli importanti interventi adottati dal legislatore italiano, ad esempio con l’introduzione delle GACS (Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze). Sono inoltre entrati nel mercato nuovi operatori, con ruoli e competenze diversificate e con modalità operative che integrano i canali di smobilizzo più tradizionali. È quindi emerso un progressivo aumento del grado di interconnessione del sistema, che ne accresce il livello di complessità e integrazione, cui la Vigilanza ha risposto facendo leva sulle responsabilità previste dal vigente ordinamento e adattando le proprie priorità sul fronte del rischio di credito, intensificando progressivamente la propria azione, oltre che nei confronti delle banche, anche verso gli intermediari finanziari attivi nell’ambito del settore della gestione e del recupero dei crediti.

L’evoluzione del rischio di credito e le prospettive

Nel 2015, le consistenze di crediti deteriorati avevano raggiunto circa 360 miliardi di euro (200 miliardi in termini netti), pari al 16,5% dei prestiti totali (9,8% al netto delle rettifiche di valore); il flusso annuo di nuovi prestiti deteriorati in rapporto alla consistenza di quelli in bonis (default rate) aveva raggiunto il 5,3% nel 2014. Alla fine di dicembre 2022, i crediti deteriorati lordi erano scesi a 66 miliardi (33 miliardi al netto delle rettifiche), pari al 2,9% dei prestiti totali (1,5% al netto), con una flessione di oltre l’80% e una diminuzione della relativa incidenza di circa 14 punti percentuali in termini lordi (circa 8 p.p. in termini netti). Il flusso di ingresso si è progressivamente ridotto, fino a giungere all’1% nel 2022. Questa progressiva riduzione ha portato nel mese di dicembre 2022 l’incidenza degli NPL sul totale dei prestiti dei gruppi significativi italiani (SI) pressoché in linea con i dati relativi al complesso degli intermediari soggetti alla supervisione diretta della Banca Centrale Europea, rispetto al differenziale di quasi 7 punti percentuali alla fine del 2015. Il tasso di copertura era pari al 53,5%, superiore alla media dell’area euro (43,5%). Per le banche meno significative (LSI), l’incidenza dei crediti deteriorati (lordi e netti) sui prestiti totali si mantiene leggermente superiore a quella dei gruppi significativi, ma è in costante diminuzione dal 2015; ad esempio, per quelle operanti con modello di business tradizionale (e quindi non specializzati nell’acquisto di crediti deteriorati o nell’asset management), il differenziale tra SI e LSI si è ridotto in termini lordi da 5 a 2 punti percentuali tra il 2017 e il 2022. Il tasso di copertura si mantiene comunque più basso rispetto a quello delle SI e per quelle con operatività tradizionale (46,4%) il differenziale è pari ancora a circa 7 punti percentuali. Il processo di riduzione dello stock dei crediti deteriorati e dei relativi flussi di ingresso registrato in questi ultimi anni è il risultato di un insieme di fattori tra loro strettamente interrelati. In particolare, oltre alle già richiamate garanzie statali sulle cartolarizzazioni di sofferenze, l’introduzione nel 2016 da parte della Banca d’Italia, per tutti gli intermediari bancari dell’obbligo di effettuare una segnalazione statistica molto granulare sulle esposizioni in sofferenza, che ha agito da stimolo al miglioramento dei processi di gestione interna e ha consentito di aumentare la trasparenza e la credibilità delle operazioni di smobilizzo, favorendo il citato sviluppo del mercato. Inoltre, l’intensa attività delle Autorità di regolamentazione e di supervisione prudenziale europee e nazionali, ha stimolato gli intermediari ad accelerare gli sforzi intrapresi per ridurre le consistenze dei crediti deteriorati. Rilevano, in particolare: le linee guida sulla gestione degli NPL emanate dal MVU (2017) e dalla Banca d’Italia (2018), le aspettative sul livello minimo di copertura dei crediti deteriorati (cd calendar provisioning) introdotte nell’approccio di supervisione del MVU nel 2018 (Secondo Pilastro) e nella regolamentazione europea (Primo Pilastro) nel 2019. Hanno inoltre contribuito gli interventi adottati dal legislatore italiano volti a realizzare le riforme delle procedure giudiziarie di recupero (2015 e 2016) e a introdurre incentivi fiscali sulle operazioni di cessione degli NPL avvenute nel 2020 e nel 2021...continua a leggere sul sito di Banca d'Italia