Confindustria:inflazione giù, tassi alti e credito difficile

Secondo il CSC scende l’inflazione in Italia, ma i tassi sono alti , il credito è troppo caro e meno disponibile. La crescita dell’economia italiana è ferma: i servizi sono in flessione e l’industria ancora debole.

Confindustria:inflazione giù, tassi alti e credito difficile

Scende l’inflazione in Italia, ma i tassi sono alti e forse non ancora fermi, perciò il credito è troppo caro e meno disponibile. La crescita dell’economia italiana è ferma: i servizi sono in flessione e l’industria ancora debole. Gli investimenti vanno giù, i consumi sono quasi fermi, meglio l’export ma le prospettive non sono buone. L’Eurozona è vicina allo zero, la Cina stanzia 137 miliardi di stimoli, mentre negli USA sorprende in positivo la crescita nel 2023.

L’economia italiana e internazionale in breve

  • Crescita ferma. Il PIL italiano è rimasto fermo nel 3° trimestre e gli indicatori dicono che all’inizio del 4° l’attività nei servizi è in lieve calo, come nell’industria. Anche se l’inflazione in Italia è finalmente tornata sotto il 2,0%, i tassi sono ai massimi e bloccano il canale del credito, frenando consumi e investimenti, mentre l’export aiuta poco. Con le guerre in corso sale l’incertezza ma non il costo dell’energia (finora) che è però ben più alto del pre-crisi energetica: a novembre, gas e petrolio a 41€/mwh e 85 $/barile.
  • Inflazione in rientro. L’inflazione italiana si è ridotta bruscamente a ottobre a +1,7% annuo (da +5,3% a settembre), grazie a un “effetto base” molto favorevole sui prezzi energetici, crollati al -19,7% annuo (+26,8% nello stesso mese del 2022 a causa del picco del gas). I prezzi core di beni e servizi continuano a frenare ma solo lentamente (+3,7%), come quelli alimentari (+6,3%), grazie alla parziale moderazione delle commodity. Sono valori non ancora pienamente in linea con la soglia del +2,0%.
  • Tassi fermi? A inizio novembre la FED ha tenuto, per la seconda volta, fermo il tasso USA (a 5,50%), come pure la BCE a fine ottobre (4,50%). Lo scenario base è che i tassi sono giunti ai massimi, come indicano i future, che scontano i primi tagli nel 2024. Tuttavia, Powell ha sottolineato il rischio di nuovi rialzi, se la crescita USA non frena e l’inflazione resta alta (+3,2%); e Lagarde ha ribadito che altri rialzi potrebbero esserci anche nell’Eurozona, in caso di nuovi “shock” che modifichino lo scenario.
  • Credito troppo caro. Peggiora la situazione del credito per le imprese italiane: il costo è salito al 5,35% a settembre, la caduta dei prestiti è arrivata al -6,7% annuo. Nel 3° trimestre, infatti, la domanda ha continuato a ridursi per i tassi troppo alti e i criteri di offerta sono divenuti più rigidi: sempre più imprese restano senza credito. Buone notizie vengono dai prestiti in sofferenza, stabili a 19,3 miliardi.
  • Servizi in flessione. In agosto si è attenuata l’espansione del turismo: +9,5% sul 2022 la spesa degli stranieri in Italia, ma -1,7% dal picco di luglio. A settembre l’RTT index (CSC-TeamSystem) segnala flessione moderata dei servizi per il 3° mese di seguito, e in ottobre il PMI è caduto in misura marcata (47,7, da 49,9) indicando una contrazione, mentre la fiducia delle imprese continua a calare.
  • Industria ancora debole. A settembre la produzione è rimasta ferma. Il 3° trimestre registra una variazione appena positiva (+0,2%) ma dopo quattro trimestri negativi: da inizio anno è scesa di -1,8%. Nell’ultimo mese, in flessione i beni di consumo (-2,2%), mentre cresce la produzione di beni strumentali (+1,5%) e intermedi (+0,8%). RTT misura un fatturato in flessione e in ottobre il PMI si è ulteriormente ridotto (44,9 da 46,8), la fiducia delle imprese ha proseguito la caduta (96,0 da 96,4).
  • Investimenti giù. I dati qualitativi segnalano una dinamica degli investimenti in peggioramento, dopo il calo nel 2° trimestre: l’indagine Banca d’Italia nel 3° suggerisce una significativa frenata della spesa in beni di capitale (saldo a 11,6, da 20,4 nel 2°); tra i fattori di ostacolo più sentiti dalle imprese rimane la domanda debole; e in ottobre si registra un nuovo calo della fiducia delle imprese di beni strumentali.
  • Consumi quasi fermi. La fiducia delle famiglie in ottobre ha registrato un calo marcato (101,6 da 104,5) e i consumi già deboli nel 2° trimestre, specie quelli di beni, sembrano aver frenato ulteriormente: le vendite al dettaglio sono scese nel 3° (-1,3% in volume). L’occupazione è cresciuta anche a settembre  (+42mila unità, interamente a tempo indeterminato), dopo agosto (+0,4% nel 3° trimestre); tuttavia, già nel 2° si registrava una flessione delle ore lavorate, attesa accentuarsi nei mesi successivi.
  • Meglio l’export. Nel 3° trimestre è tornata positiva la dinamica dell’export italiano di beni (+0,8% a prezzi costanti) ed è andata meglio del commercio mondiale. Le prospettive per il 4° trimestre però sono negative, secondo gli ordini manifatturieri esteri in ottobre, a causa di accresciute tensioni geopolitiche e debole domanda estera. Fiacche le attese anche sul commercio mondiale: il PMI globale sugli ordini è in area di restrizione in ottobre (47,5) ed è scarsa l’attività nei porti europei.
  • Eurozona vicina allo zero. Nei mesi estivi l’Area ha registrato un calo (-0,1%), dopo il modesto aumento nel 2° (+0,2%). Continua a crescere la Spagna (+0,3%) e, meno, la Francia (+0,1%), mentre flette la Germania (-0,1%). Negative le attese sul 4° trimestre: a ottobre, il sentiment economico è sceso a 93,3 da 93,4, zavorrato dall’industria, e il PMI peggiora molto (46,5 da 47,2), in zona contrazione da 5 mesi.
  • La Cina reagisce alla frenata. La Cina ha stanziato 137 miliardi di dollari di stimolo all’economia, dando un segnale di forte reazione alle spinte recessive nel settore delle costruzioni; in contrazione la manifattura a causa del calo delle vendite estere. Il raffreddamento della domanda globale rallenta anche la corsa della manifattura indiana e tiene in recessione per il 2° mese quella brasiliana. In Russia l’industria continua a crescere trainata dalla domanda domestica...continua a leggere l'analisi sul sito di Confindustria