Classificazione Default e pagamento crediti PA: replica MEF

Risposta del MEF all' interrogazione sui nuovi criteri europei classificazione Default e pagamento crediti PA.

Classificazione Default e pagamento crediti PA: replica MEF

Il MEF ha risposto all'interrogazione pervenuta in merio ai nuovi criteri europei classificazione Default e pagamento crediti PA che di seguito riassumiamo:

In relazione all'Interrogazione in riferimento, inerente alle disposizioni recate dal regolamento delegato (UE) 2018/171 in tema di soglie di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato, si rappresenta quanto di seguito esposto.

Nella definizione degli interventi normativi d'urgenza connessi alla gestione della crisi conseguente al Covid, le misure per l'accesso alla liquidità di imprese e famiglie attraverso il credito bancario hanno rappresentato e rappresentano un momento centrale della strategia di supporto al tessuto economico e sociale, oggetto di costante manutenzione e potenziamento tramite i diversi interventi di decretazione d'urgenza che si sono succeduti e, da ultimo, con la legge di bilancio per il 2021.

Come noto, gli orientamenti dell'Autorità bancaria europea (EBA), che si applicano dal 1° gennaio 2021, armonizzano la nuova definizione di default (c.d. DOD) e integrano quanto previsto dal regolamento delegato (UE) n. 2018/171 sulla definizione della soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato.

Giova sottolineare che le fonti in materia di nuova definizione di default e soglia di rilevanza delle esposizioni scadute sono note già da tempo. Gli orientamenti EBA sulla definizione di default sono stati sottoposti a consultazione pubblica già nel 2015 e sono stati oggetto di pubblicazione, nella loro ultima formulazione, nel gennaio 2017. Il regolamento delegato è stato pubblicato nel febbraio 2018. Questo ha permesso all'industria, e in particolare agli enti creditizi significativi, di avere notizia della riforma e adeguare l'esercizio della propria attività con congruo anticipo, incorporando con gradualità la nuova definizione di default nei propri modelli interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali.

Va inoltre ribadito che le nuove regole in materia di default, così come già chiarito dalla Banca d'Italia, non introducono un divieto alla concessione di sconfinamenti, non modificano la definizione di sofferenze e non prevedono alcun automatismo tra la classificazione a default e la segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi (CR).

In particolare, la classificazione a sofferenza di un cliente in Centrale dei Rischi avviene se l'intermediario finanziatore ritiene che il cliente abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il proprio debito, dopo aver condotto una valutazione della sua situazione finanziaria complessiva come espressamente richiesto dalla normativa della Banca d'Italia; inoltre, tale valutazione non deve basarsi esclusivamente su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito.

Le modifiche alla definizione di default relative alle cosiddette «soglie di rilevanza» non hanno, pertanto, alcun impatto sulla classificazione a sofferenza. Gli intermediari infatti dovranno continuare a segnalare un cliente «in sofferenza» sulla base dei criteri sopra descritti (valutando dunque la situazione di grave difficoltà non temporanea e non basandosi su un mero ritardo nei pagamenti) e non devono applicare alcun automatismo tra la classificazione a default e la segnalazione a sofferenza in CR.

Come ulteriormente precisato dalla Banca d'Italia, le Linee Guida sulla definizione di default prudenziale pubblicate dall'EBA a settembre 2016 e riformulate, come detto, a gennaio 2017, oltre a completare il Regolamento sopra indicato, prevedono criteri per il calcolo dei giorni di arretrato, indicatori qualitativi e quantitativi da considerare ai fini dell'identificazione del probabile inadempimento, nonché criteri minimali di uscita di un debitore dallo stato di default. In alcuni casi, come ad esempio nelle esposizioni nei confronti della Pubblica Amministrazione, è definita un'estensione dai previsti 90 ai 180 del numero di giorni di scaduto di un credito commerciale, oltre i quali il debitore deve essere classificato a default.

A livello europeo, non è emerso un interesse per un posticipo della data di applicazione delle nuove regole sul default. Le autorità europee, nel fissare al 1° gennaio 2021 l'introduzione delle nuove regole, approvate già nel 2018, avevano considerato che la loro adozione avrebbe richiesto rilevanti e complesse attività di adeguamento da parte delle banche, anche per i profili organizzativi e informatici. Pertanto, avevano raccomandato alle banche di avviare per tempo le attività propedeutiche all'applicazione delle nuove regole. Uno slittamento dell'applicazione delle nuove regole avrebbe comportato rilevanti costi per gli intermediari e non ha trovato sostegno, anche perché diversi Paesi già applicavano regole più rigorose di quelle italiane.

Gli spazi per interventi normativi nazionali sulla nuova disciplina sono, peraltro, molto limitati; essi riguardano essenzialmente la possibilità, al ricorrere di determinate condizioni, di modificare le soglie oltre le quali un'obbligazione in arretrato è considerata rilevante ai fini della disciplina del default. Con riferimento alle soglie in valore assoluto, il Regolamento delegato prevede la possibilità per le autorità competenti di modificarle solo in termini più restrittivi (quindi inferiori ai 100 o 500 euro). Quanto alla soglia relativa, l'Autorità competente può adottare un valore tra lo 0 per cento e il 2,5 per cento, nel caso in cui la soglia dell'1%  non corrispondesse a un livello ragionevole di rischio. Per potersene discostare, l'autorità competente deve dimostrare che la soglia dell'1 per cento determina il riconoscimento di un numero eccessivo di default non effettivamente imputabili a difficoltà finanziarie del debitore o ritardi nel riconoscimento dello stato di default.

Con riferimento alla soglia relativa, la BCE, a seguito di analisi quantitative nell'ambito dei Paesi aderenti al Meccanismo di vigilanza unico europeo (SSM), dalle quali non sono emersi elementi per giustificare uno scostamento dalla soglia dell'1 per cento per le banche significative, ha confermato l'applicazione della soglia dell'1 per cento prevista dal Regolamento delegato; ha inoltre adottato nel giugno 2020 un indirizzo con cui richiede alle autorità nazionali di adottare la soglia dell'1 per cento anche per le banche meno significative. La Banca d'Italia, nell'ambito di una consultazione pubblica condotta nel 2019 ha invitato l'industria a fornire evidenze per motivare la scelta di una soglia diversa dall'1 per cento; poiché dalla consultazione non ne sono emerse, anche la Banca d'Italia, come la BCE, ha confermato l'applicazione di una soglia pari all'1 per cento. Nel caso di intermediari finanziari non appartenenti a gruppi bancari e finanziari, ai quali può non applicarsi la normativa europea, la Banca d'Italia ha invece previsto un periodo transitorio in base al quale, fino al 31 dicembre 2021, la soglia di rilevanza relativa è stata mantenuta al 5 per cento (a fronte dell'1 per cento previsto per le banche), in modo da agevolare la transizione al nuovo regime.

In merito ai riflessi che la nuova definizione di default avrà sulla rappresentazione della clientela nelle informazioni della Centrale dei Rischi (CR) che la Banca d'Italia mette a disposizione degli intermediari per le valutazioni del «merito di credito», l'Istituto ha osservato che la definizione di default riguarda il modo con cui le singole banche e gli intermediari finanziari devono classificare i clienti a fini prudenziali, ossia ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali minimi obbligatori. La nuova definizione di default non modifica invece nella sostanza i criteri sottostanti la CR e le modifiche alla definizione di default relative alle soglie di rilevanza non hanno, inoltre, alcun impatto sulla segnalazione in CR, che continuerà a essere regolata come ora. La segnalazione in CR prescinde quindi dalle definizioni adottate per finalità di vigilanza. La sola modifica introdotta riguarda la circostanza che, dallo scorso 1° gennaio, gli intermediari appartenenti a un gruppo bancario o finanziario devono considerare per la segnalazione in CR tutte le informazioni – positive e negative – a disposizione del gruppo stesso. Tale requisito non era richiesto formalmente in precedenza ma era verosimilmente già attuato dalle banche appartenenti a gruppi.

Per quanto riguarda il cd. «calendar provisioning» si rappresenta che, in base al regolamento (UE) 2019/630 in materia di copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate, è un approccio secondo cui, tanto più a lungo un'esposizione rimane deteriorata, tanto minore sarà la probabilità di recupero del relativo valore. Pertanto, aumenta nel tempo la quota dell'esposizione coperta da accantonamenti, altre rettifiche e deduzioni dal patrimonio di vigilanza, secondo un calendario predefinito. Alle esposizioni deteriorate non garantite si applica un calendario più rigoroso. Si tiene peraltro conto delle misure di concessione delle banche (forbearance) ai fini dell'applicazione del fattore di copertura pertinente.

Il citato regolamento stabilisce che la piena deduzione dal capitale delle banche si applica, per le esposizioni non garantite, dopo 3 anni dalla classificazione come esposizioni deteriorate; per le NPE assistite da garanzie reali su immobili, dopo 9 anni; per le altre esposizioni garantite, dopo 7 anni.

Giova contestualizzare i termini della riforma nel panorama giuridico ed economico europeo. Il confronto tra Stati membri sui tempi delle procedure giudiziali ed extragiudiziali per il realizzo dei crediti mostra che, in media, le banche nella UE escutono il credito non pagato entro termini di circa 3 anni (cfr. Autorità bancaria europea, Report on the benchmarking of national loan enforcement frameworks, EBA/Rep/2020/29, novembre 2020), evitando pertanto i conseguenti impatti negativi sui bilanci delle banche.

Al fine di favorire la transizione verso il nuovo regime prudenziale, il regolamento citato trova comunque applicazione solo per le esposizioni originate dopo il 26 aprile 2019, data della sua entrata in vigore, e successivamente classificate come deteriorate. A seguito dell'adozione del regolamento, il 22 agosto 2019 la BCE ha rivisto le proprie aspettative di vigilanza per le singole banche in merito agli accantonamenti prudenziali per i nuovi crediti deteriorati, allineandosi al regolamento.

Ciò premesso, si ritiene di interesse un focus sulle misure adottate e in corso di adozione a livello UE in materia.

Già nel corso del primo semestre del 2020, a fronte dell'esplosione dell'emergenza Covid, sono stati apportati specifici emendamenti al framework prudenziale al fine di mitigare i potenziali effetti pro-ciclici nello scenario pandemico e favorire il supporto dell'economia reale da parte del sistema bancario. Tra le iniziative volte ad arginare gli effetti della crisi sull'incremento dei crediti deteriorati è opportuno ricordare: i) il regolamento (UE) 2020/873 (c.d. CRR Quick Fix), 2) l'aggiornamento dell'NPL Action Plan e 3) la proposta di un quadro normativo per le cartolarizzazioni di esposizioni deteriorate.

La riforma c.d. CRR Quick Fix ha consentito di conseguire obiettivi significativi tra i quali:

     anticipare al 30 giugno 2020 l'entrata in vigore del trattamento più favorevole in termini di assorbimento patrimoniale previsto per il credito alle PMI, alle infrastrutture e per alcune attività di software (particolarmente rilevanti per il nostro Paese);

     evitare, per un periodo di tre anni, che eventuali aumenti dello spread sui titoli del debito pubblico connessi al diffondersi della pandemia si riflettano in maniera indebita sul capitale delle banche;

     prevedere, nell'ambito degli accantonamenti minimi obbligatori sui crediti deteriorati (c.d. calendar provisioning,), un trattamento preferenziale permanente per le esposizioni (assistite da garanzie pubbliche (particolarmente rilevante per l'Italia).

Inoltre è in atto un programma di aggiornamento delle iniziative intraprese nel 2017 con il c.d. NPL Action Plan per lo sviluppo di strumenti utili alla riduzione delle attività deteriorate. Tra di essi, ai sensi della comunicazione citata dagli interroganti, si rinvengono la valorizzazione delle società dedicate alla gestione di attività deteriorate, la riforma dei quadri normativi sull'insolvenza e la definizione di idonee strategie per lo sviluppo di mercati secondari degli attivi deteriorati. In particolare, con riferimento alle c.d. bad banks, si ritiene che la valorizzazione dell'operatività di società dedicate alla gestione degli attivi deteriorati, secondo logiche che vadano nel senso della massimizzazione del valore nel lungo periodo, in un'ottica di maggiore flessibilità operativa rispetto a quanto consentito dal framework normativo attuale, possa essere uno strumento atto a consentire al settore bancario di riorientare rapidamente il credito verso nuovi settori, come il digitale e la sostenibilità, conciliando un rinnovato sostegno all'economia reale con il necessario ritorno a obiettivi sostenibili di redditività prospettica.

Anche la recente introduzione di specifici emendamenti al quadro normativo per le cartolarizzazioni di crediti deteriorati, consentirà di rimuovere gli ostacoli normativi allo sviluppo del mercato secondario di tali crediti, in modo da permettere alle banche di mantenere, se non di rafforzare, la loro capacità di erogare prestiti all'economia reale e in particolare alle PMI. Le cartolarizzazioni possono infatti svolgere un ruolo determinante in quanto, trasformando i prestiti in titoli negoziabili, possono liberare capitali bancari per l'erogazione di ulteriori prestiti e consentire a una gamma più ampia di investitori di finanziare la ripresa economica.