Parlamento UE: adeguamento del carbonio alla frontiera

Deve applicarsi, a termine, a tutti i prodotti importati in modo da coprire la totalità della nostra impronta di carbonio e da evitare distorsioni nel mercato interno.

Parlamento UE: adeguamento del carbonio alla frontiera

I cambiamenti climatici non sono più una questione che riguarda soltanto gli scienziati e le generazioni future. Ogni giorno siamo colpiti dalle loro drammatiche conseguenze sui nostri stessi territori e le immagini catastrofiche che ci arrivano da tutto il mondo ci lasciano sgomenti. Incendi, ondate di calore, siccità, inondazioni, onde di marea, cicloni, scioglimento dei ghiacci, pandemie, spostamenti di popolazioni... i cambiamenti climatici sono la nostra realtà. E siamo arrivati soltanto a 1,1 gradi di riscaldamento medio!

L'accordo di Parigi ha dato luogo a una mobilitazione generale. Dobbiamo accelerare e innalzare le nostre ambizioni, poiché nella situazione attuale le nostre politiche climatiche sono destinate a portarci a un riscaldamento di 3-4 gradi o, negli scenari più pessimistici, ancora maggiore. Ciò scatenerebbe un caos sconosciuto in tutto il mondo. L'Unione europea ha la sua parte di responsabilità, per le emissioni di gas a effetto serra che produce, per le quantità sempre maggiori di emissioni che importa, perché è al centro del multilateralismo e della cooperazione internazionale, due elementi indispensabili, e perché è una potenza economica e commerciale e, in quanto tale, deve dare l'esempio.

Gli europei hanno preso coscienza dell'urgenza e dei rischi. Agiscono al loro livello. I giovani manifestano per il clima. Una percentuale crescente di attori economici investe in modo massiccio nelle energie rinnovabili, nel rigore e nell'efficienza energetica degli edifici e dei trasporti, nella decarbonizzazione dell'industria e dei servizi. Gli agricoltori dimostrano che il loro settore può contribuire al raffreddamento del pianeta piuttosto che al suo surriscaldamento. Non si tratta soltanto di combattere i rischi ma di un'aspirazione collettiva a trasformare il nostro modello di sviluppo affinché diventi più sostenibile, più equo sul piano sociale, più resiliente e più sovrano. La decarbonizzazione non è solo una necessità urgente, ma è anche diventata un'opportunità, un'importante stimolo per la creazione di posti di lavoro, la pianificazione equilibrata dei nostri territori e l'innovazione tecnologica, sociale, industriale e democratica.

Con l'obiettivo della neutralità climatica al più tardi entro il 2050, con il Green Deal e con la legge sul clima, la lotta contro i cambiamenti climatici è al centro dell'agenda politica dell'Unione. Le risoluzioni del Parlamento europeo, il programma della Commissione e le discussioni in seno al Consiglio impongono di fare di più e meglio. L'obiettivo di ridurre del 40 % le nostre emissioni entro il 2030 è obsoleto; gli scienziati raccomandano di elevarlo al 65 %. Qualunque sia il nuovo obiettivo scelto, saremo tenuti a rivedere in modo molto serio e sistematico l'insieme delle politiche europee in materia, in particolare la direttiva ETS che influisce in larga misura sul prezzo del carbonio e quindi sull'incentivo alla decarbonizzazione. Non potrà esistere una politica climatica ambiziosa senza una riduzione significativa delle quote di emissioni assegnate, senza l'abolizione rapida delle quote gratuite che contribuiscono alla scarsa efficienza del mercato del carbonio e senza la fissazione di un prezzo minimo per tonnellata di CO2.

Sebbene insufficiente, la politica climatica dell'Unione è più ambiziosa di quella di molti suoi partner commerciali. Se la lotta contro i cambiamenti climatici deve rappresentare un'opportunità industriale, economica e sociale, la decarbonizzazione della nostra economia non può portare a una nuova deindustrializzazione, con una rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e degli investimenti. È nostra responsabilità garantire che gli sforzi richiesti alle imprese non le condannino a subire la concorrenza sleale da parte di attori che producono in paesi meno ambiziosi dell'Unione ma i cui prodotti entrano nel mercato interno. Questo è il motivo per cui occorre un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (CBAM).

Il CBAM è uno strumento indispensabile che risponde a diverse esigenze, alimentando un circolo virtuoso il cui obiettivo principale è la protezione del clima e si prefigge diversi obiettivi:

 contribuire al potenziamento dell'azione per il clima all'interno dell'Unione;

 incoraggiare i nostri partner a innalzare il loro livello di ambizione;

 tutelare i nostri produttori da una concorrenza potenzialmente sleale;

 favorire il rientro delle attività economiche sul territorio europeo;

 alimentare le risorse proprie dell'Unione.

Per questo, il CBAM deve rispettare una serie di principi.

 Deve applicarsi, a termine, a tutti i prodotti importati in modo da coprire la totalità della nostra impronta di carbonio e da evitare distorsioni nel mercato interno. Si applicherà in modo transitorio alle principali materie prime la cui produzione è caratterizzata da alte emissioni di CO2 e rientra nel mercato europeo del carbonio.

 Deve entrare in vigore il più rapidamente possibile e al più tardi a partire dal 2023. Il coordinamento con il mercato ETS sarà tanto più efficace quanto più breve sarà il periodo di transizione. Un CBAM efficace deve consentire di porre fine alle quote gratuite. Queste ultime, il principale strumento per contrastare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, hanno generato forti effetti avversi e guadagni insperati ("windfall profits"), come ricordato dalla Corte dei conti europea nella relazione speciale n. 18/2020 dal titolo "Il sistema di scambio di quote di emissione dell'UE: l'assegnazione gratuita di quote doveva essere più mirata".

 Deve essere compatibile con le norme commerciali multilaterali, nella misura in cui diversi articoli del GATT consentono di agire a favore di interessi superiori agli scambi, come l'ambiente e la salute.

 Deve alimentare il bilancio europeo come nuova risorsa propria. Sosteniamo l'obiettivo di utilizzare questa risorsa principalmente per il Green Deal e per una transizione giusta, destinandone però una parte significativa al sostegno della transizione nei paesi più poveri e più colpiti dai cambiamenti climatici.

I cittadini europei si aspettano che l'Unione europea agisca con maggiore determinazione e ambizione a favore del clima e che abbandoni l'"ingenuità" o il cinismo che ha mostrato in materia di politica commerciale, ignorando troppo spesso i costi sociali, ambientali e industriali degli accordi sottoscritti.

Il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera rappresenta una grande opportunità per conciliare clima, industria, occupazione, resilienza, sovranità e rientro delle attività economiche. Per questo, costituisce un importante banco di prova politico e democratico per l'Unione. Il Parlamento europeo deve indicare la via da seguire!

 

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